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Indice dei luoghi citati
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il testo che segue è estratto da
L'ARTE ROMANICA DEL COMASCO
di Oleg Zastrow
Editrice Stefanoni - Lecco -1982

 

PREFAZIONE

Nella presentazione alla prima edizione, scritta dieci anni fa, l'allora Soprintendente ai Monumenti della Lombardia, Gilberto Martelli, nel valutare il lavoro sottopostogli, appena composto in bozze, espresse, fra le varie penetranti considerazioni, un giudizio che oggi, in retrospettiva pare presentare un valore profetico: Ma così profondamente ideata, preparata e studiata, l'opera non potrà limitarsi a questa prima parte edita...: detta opera ne produrrà un'altra, sempre dello stesso autore, completa e ricca di rilievi, di proposte e di ipotesi; oppure si verificherà un gran numero di ritorni al tema, quanti ne sono gli aspetti dichiarati e quelli apparentemente non toccati, e che, invece, sono stati tutti, e senza eccezione, già individuati e puntualmente approfonditi nella preparazione.

Rispetto all'epoca della prima edizione del presente volume, mi pare infatti di essermi ancora più profondamente addentrato nell'indagine sul territorio latamente comasco, relativamente all'epoca medioevale. In questi dieci anni, e Io potrà anche confermare una scorsa alle aggiunte bibliografiche, composte in coda a questo volume, la sempre più capillare " frequentazione " dell'ambito geografico qui formalmente delimitato (ma ovviamente non solo per questa zona e questo argomento), ha suggerito tutta una serie di nuove considerazioni e di " scoperte ", in parte proposte in diverse pubblicazioni.

L'opportunità di elaborare una seconda edizione del volume, che nella sua prima versione era ormai da diversi anni affatto esaurito, mi ha permesso di proporre un aggiornamento della situazione, la quale, mi pare, si presenti oggi sensibilmente arricchita, rispetto al repertorio pubblicalo dieci anni addietro: a livello comunque di rassegna informativa globale, sia pur schematica, è al momento attuale l'elencazione territoriale più esauriente che si possa reperire. D'altra parte, quella serie d'indagini e di studi, che venne ipotizzato potesse seguire, si è in parte realizzata, sia sotto forma di specifiche monografie, che in veste di singoli volumi. Comunque, le ulteriori ricerche hanno permesso d'incrementare l'elencazione a suo tempo proposta con un ulteriore venti per cento di schede. Taluni soggetti, fra quelli nuovi, risultano essere solo dei dettagli parziali, o al limite dei soli frammenti scultorei, in altri casi si tratta di monumenti quasi integri, talvolta recentemente restaurati, non raramente del tutto inediti.

Va comunque riconfermato che l'argomento trattato, coerentemente anche in questa edizione, si occupa esclusivamente dell'arte di concezione religiosa, tralasciando del tutto quella a carattere civile, che è poi per quest'epoca, stanti le testimonianze superstiti, quasi esclusivamente a finalità militari; questo importante settore può a sua volta a buona ragione essere considerato come un discorso a parte, e come tale è stato ripetutamente trattato, anche nel corso di specifici convegni di studi. E' stato invece solo in parte toccato assai recentemente, e comunque in modo ancora schematico, l'interessante argomento sulla funzione paramilitare, o comunque tattica, dell'ubicazione di molteplici edifici religiosi extraurbani, come punti di osservazione e segnalazione per movimenti sospetti di eventuali persone o truppe. Dall'individuazione tecnico architettonica, unitamente allo studio storico, non sarebbe impensabile tentare di ricostruire il reticolo di tali punti di osservazione (che trovavano la loro migliore esecuzione nei vertiginosi e snelli campanili romanici), opportunamente localizzati anche nei diversi sbocchi delle valli verso il Lario e, su verso l'alto, in direzione dei principali passaggi di transito montano.

Un consistente apporto, anche al personale approfondimento di taluni aspetti del territorio, mi è stato recentemente conferito dalle ricerche sulla scultorea medioevale fra il IX e il XIII secolo, pubblicato a cura della Società Archeologica Comense. L'indagine, concepita come un manuale per la ricerca e l'identificazione del materiale scultoreo, ha permesso per la prima volta d'introdurre e svolgere in modo sistematico il capitolo sulla plastica litica nel Comasco, finora quasi del tutto trascurato, e sul cui argomento era stato autorevolmente ma erroneamente affermato essere tale manifestazione artistica del tutto irrilevante, per l'epoca medioevale e romanica in particolare, anche dal punto di vista quantitativo. L'imponente mole di materiale recensito, spesso di alto livello esecutivo, pare possa perentoreamente smentire l'aberrante giudizio da altri espresso.

Resta la constatazione, circa l'esistenza di una importante " miniera " di materiale scultoreo medioevale, di provenienza variamente comasca, per la maggior parte inedito e comunque quasi tutto da studiare con un appropriato approfondimento, esistente nei magazzini dei Civici Musei Milanesi del Castello Sforzesco a Milano. Purtroppo, allo stato attuale, non pare esista a breve termine il programma di recensire e pubblicare tale materiale: da una simile indagine scaturirebbero sicuri punti di migliore valutazione comparativa per le sculture recensite, ancora esistenti nel territorio comasco.

Una situazione di carenza d'indagine per molti versi analoga, per quanto riguarda una conoscenza di tipo specifico, nel senso dell'inquadramento in una locale situazione culturale, si estende anche al repertorio pittorico, preromanico e romanico, che si è conservato nella zona. Circa tale argomento si era accennato già, sommariamente, nelle generalità alla prima edizione del presente volume (che si sono volute trascrivere in questo, per coerenza, del tutto identicamente). Il lasso di tempo trascorso nel frattempo ha permesso di portare alla luce nuove interessanti acquisizioni, fra cui si possono citare, ad esempio, l'importante lacerto dello sconsacrato S. Pietro in Atrio a Como; quello arcaico del S. Pietro d'Albese; il frammento nella chiesa di Quercino dedicata ai SS. Giacomo e Filippo; quello della S. Margherita a Molina di Faggeto Lario; le nuove ulteriori acquisizioni nel S. Michele a Trévano di Uggiate (di cui si è proposto qui come novità il bel particolare decorativo di una monofora vivacemente policroma); le recentemente scaturite dai nuovi restauri del S. Calocero di Civaie; la decorazione absidale, solo in parte esplorata, della S. Margherita a Somadino di Casargo, con figure di apostoli, la Madonna e il Pantocratore; ancora, certamente fondamentale per l'alto livello pittorico, direttamente collegabile con i massimi traguardi figurativi di Galliano e Civate, anche se leggermente decentrato rispetto al territorio qui trattato, il prezioso ciclo pittorico, ancorché lacunoso, nella chiesa di S, Martino ad Aurogo di Piuro in Valchiavenna, illustrante temi agiografici, apocalittici e dell'Evangelo giovanneo.

Non va sottovalutato il fatto che una parte di tali nuove acquisizioni pittoriche risultino praticamente inedite o perlomeno solo formalmente segnalate, mancando quindi a tutt'ora una sintesi almeno riassuntiva del patrimonio pittorico superstite fino ad ora reperito nella zona trattata. Purtroppo tale situazione di carenza non può destare meraviglia, se si annota un dato di fatto, altamente esemplificativo, per quanto riguarda la situazione sull'indagine del figurativo a fresco per la basilica comense del S. Abondio. E' noto infatti come, alla fine del secolo scorso, nella relazione tardiva del Barelli, effettuata in merito agli antecedenti ritrovamenti di scavo e di restauro del S. Abondio, effettuati dal Balestra, fosse segnalata l'imponente presenza di notevoli frammenti pittorici figurati d'epoca altomedioevale, ubicati sulle alte porzioni superstiti di fondazioni, poi inglobate nella ristrutturazione romanica della basilica. La conoscenza di tali lacerti pittorici, che qualche verosimile indizio farebbe proporre ambientabili verso un'epoca orientativamente carolingia, potrebbe fornire nuovi squarci di luce sull'esegesi della pittorica preromanica e romanica nel Comasco. E' pur vero che un'indagine, in tale senso, risulterebbe subordinata ad una nuova campagna di scavi, all'interno del tempio, operazione certo non agevole né economicamente irrilevante; resta peraltro il fatto, esemplificativo di una sensibilità non eccessivamente accesa in tale direzione di studio, che le buone porzioni di pitture altomedioevali rimaste a vista, tutt'ora percepibili nell'andito, sotterraneo ma agibile, sottoposto all'attuale presbiterio romanico, non sono state soggette ad un idoneo intervento documentativo e di studio. A quest'ultimo proposito, va suggerita in concomitanza, per la prima volta, la possibilità di una diversa conclusione icnografica, rispetto a quella correntemente nota e divulgata: tale proposta verterebbe nella direzione della ipotizzabile esistenza di un peribolo absidaie, ad uso di un quale " martyrion ", come potrebbe attestare la presenza delle citate pitture, ubicate non nella parte interna del semitamburo presbiteriale, bensì all'esterno e fra l'altro in condizioni tali di conservazione da poter escludere potettero trovarsi rivolte verso spazi liberi non protetti da una copertura.

Che la situazione generale di misconoscenza nel Comasco del patrimonio pittorico medioevale, e romanico in particolare, sia tutt'ora mediocre risulta confermato, ancora ad esempio, dal fatto secondo cui l'importante ciclo pittorico, proveniente dalla basilica di S. Giorgio in Borgovico di Como, notoriamente staccato e riportato su tela già da molti anni, non risulta sia mai stato integralmente indagato e pubblicato; eppure, vi sono dei dettagli pittorici di immediato e acuto interesse (come la piccola scena cristologica della crocifissione, che affianca inconsultamente, a pari grandezza di figure, la scena della sepoltura di un santo vescovo) che meriterebbero uno studio particolareggiato. In questa nuova edizione è stato fra l'altro possibile proporre un noto dettaglio, con la suggestiva figura genericamente definita come quella di un orante, sempre proveniente dal S. Giorgio in Borgovico, ma per la prima volta, a mia conoscenza, riprodotto a stampa a colori.

In questo ancora parzialmente lacunoso stato conoscitivo, sulla pittorica preromanica e romanica nel Comasco, ben s'inserisce, in una quale abnorme parzializzazione delle conoscenze, la grande diffusione di studi critici sui due massimi cicli di affreschi, quelli cioè di Gall i ano e di Civate. Circa la qualità di tali creazioni è stata giustamente affermata la loro assoluta preminenza, nell'ambito della pittorica medioevale dell'Ital i a settentrionale; ciò che invece non mi pare sia stato opportunamente annotato e il fatto che tali monumenti dell'arte figurativa non si trovino localizzati quasi come isole, in un piatto oceano pressoché deserto di altre testimonianze, bensì in un territorio tutt'ora ricchissimo di coevi elementi comparativi, dotati di tutto un progressivo gradiente di livelli qualitativi e di assonanze stilistiche.

Dalle sopra riportate schematiche annotazioni deriverebbe la considerazione secondo cui la presenza e l'evolversi del discorso figurativo pittorico, nell'ambito latamente comasco, non possa che essere concepito criticamente altrimenti che come una favorevole " congiuntura " culturale locale, comunque non dai caratteri precipui di un fenomeno di prevalente importazione o di un traviato riporto di esperienze sostanzialmente estranee. Tali considerazioni, già a suo tempo velocemente accennate nelle " generalità " stampate dieci anni fa (tesi tuttavia sempre più chiaramente verosimile) sottolineano l'urgenza di riequilibrare i dati conoscitivi, circa tale fondamentale fenomeno, in effetti non ancora opportunamente indagato, con una ricerca e una relativa catalogazione sistemata criticamente, utilizzabile quale manuale per una nuova ulteriore e più puntuale serie d'indagini critico-storiche. In tale senso, è stato proposto, come elemento di stimolante sottolineatura, anche una nuova immagine a carattere pittorico, sulla sovra coperta del presente volume, quale ideale tracciato verso nuovi specifici e necessari traguardi di studio.

Un problema forse meglio indagato, anche se difficilmente comparabile a causa della minore copia di materiali conservatasi, e quello, sempre relativamente alla zona geografica qui formalmente circoscritta nell'epoca romanica, delle arti suntuarie. Pochissimo è annotabile sugli avori medioevali, perlomeno di ubicazione locale, come il baculo pastorale eburneo, oggi nella parrocchia di Camerlata ma proveniente dalla romanica basilica extraurbana di S. Carpoforo e forse già orientato in una stilistica di transizione verso il Gotico. In buona parte ancora da indagare, per lo meno in un contesto globale di correlazioni, appare il prezioso repertorio di codici miniati, reperibili, fra Como e Milano, negli archivi civici e curiali, cosi come nella Biblioteca Ambrosiana, in quella Trivulziana, e nella Biblioteca del seminario diocesano di Como.

Diversamente esplorata, e mi pare in modo piuttosto esauriente, risulta la situazione di quel prezioso e raro fenomeno d'arte orafa, di cui si è conservato un gruppo di croci astili romaniche, eseguite in metallo dorato, che costituisce pressochè un " unicum " tipologico, perlomeno nel territorio lombardo. In una fascia pedemontana, superante più estensivamente l'attuale provincia comasca, ma che era tutta sottoposta alla diocesi di Como, si sono conservate le testimonianze di un prezioso e fondamentale aspetto dell'oreficeria liturgica. Si sono infatti recensite due croci astili nell'attuale Comasco (a Rovenna e a Scaria d'Intelvi), due nel Canton Ticino (una a Cademario e l'altra da Corzoneso ed a suo tempo venduta al Museo francese di Chalon-sur-Saóne), ben tre nell'attuale provincia di Sondrio (rispettivamente, da Berna in Val Gerola, da Villa di Chiavenna, e da Piuro pure in Valchiavenna).

Se per tale fenomeno si deve escludere, come propone la logica, un fattore di mera casualità, si può affermare che questa circostanza di singolare ricchezza pone l'antico territorio diocesano comasco in una posizione affatto rilevante, e precisamente come una zona ove, con tutta verosimiglianza, doveva esistere una bottega (o forse anche più di una), di non trascurabile importanza nell'epoca romanica. Ulteriori testimonianze di elaborati metallici coevi, di elevato significato, non pare se ne siano conservate, come mi conforta anche la visita sistematica che ho effettuato recentemente nelle centottantatrè parrocchie, sottoposte alla diocesi di Como e ubicate nella provincia comasca; poco al di fuori di questa delimitazione amministrativa, ma sempre nella stessa zona diocesana, vi è, ad esempio, il bel campanello bronzeo figurato a Caspano di Civo, probabilmente databile al tardo XII secolo. Certamente di provenienza esterna al territorio, ma forse non localizzabile cosi lontano come la critica più corrente e invano ripetitiva vuole vedere, né databile così tardivamente al XII secolo come si è in genere fino ad ora proposto, è quello strepitoso elaborato d'arte orafa, denominato dalla tradizione come la Pace di Chiavenna.

Come si è accennato in precedenza, anche l'apporto di ulteriori testimonianze architettoniche, per il territorio in origine volutamente circoscritto, si è sensibilmente accresciuto, in questa nuova edizione del volume, cosi come in parallelo si è ritenuto di proporre degli aggiornamenti, relativamente a non poche delle schede già precedentemente edite, nonché all'apparato illustrativo. Sommariamente si possono citare, a titolo esemplificativo, alcune testimonianze come: la bella chiesetta arcaicheggiante di S. Adriano, nella frazione di Olgelasca di Brenna, appena restaurata nelle sue strutture, ancora quasi integra e degna di un prossimo ulteriore approfondimento critico; il recente parziale recupero absidale romanico del S. Bartolomeo, a Molena di Albavilla; la rara chiesetta tardo romanica (o forse meglio già definibile come protogotica) di S. Martino a Bestetto di Nava, ove è stato possibile fra l'altro reperire il probabile anno di erezione, il 1213, inciso sull'architrave litico del portale laterale; inoltre, interessanti avanzi di strutture, sia relativamente alla chiesa di S. Abondio a Mezzegra, che per il S. Biagio di Musso.

Forse ancora più vistosi accrescimenti conoscitivi sono correlabili al capitolo delle torri campanarie, fra cui si possono citare: quella dell'ex S. Tommaso a Civiglio, conservatasi nella sua sola porzione inferiore, così come per quella di Bulgorello (i relativi edifici sacri, in entrambi i casi sono da considerarsi quasi del tutto perduti); il fusto del campanile posto accanto alla parrocchiale di Lipomo, con inserite vestigia d'epoca romana, e una analoga situazione di solo parziale conservazione per quello della parrocchiale di Nava. Analoghi ritrovamenti, per la Valsassina, o meglio sarebbe dire per la Muggiasca, si concretizzano nella torre della parrocchiale di Vendrogno e d'Indovero con Narro, di particolare tipologia " valliva ", per buona parte differente da altri più eleganti soggetti, tipicamente " lariani ". Altri interessanti campanili, solo in parte conservatisi e difficilmente leggibili, sono quelli della parrocchiale di Muronico d'Intelvi, di Mezzegra e di Germasino, oltre che quello della S. Giulia di Claino.

Mi pare quindi che, al di là dell'opportunità di proporre questo nuovo volume, anche per appagare delle richieste da anni ormai inevase dato l'esaurimento della prima edizione, si sia potuto compilare un significativo aggiornamento, sia pure schematico ed essenziale, che spero possa contribuire ad acuire ulteriormente l'interesse per questo importante capitolo del Medioevo italiano.

 

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016