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il testo che segue è estratto da
I MONUMENTI ARTISTICI DEL MEDIOEVO NEL CANTONE TICINO
di G. R. Rahn - Bellinzona - Tipo-Litografia di C. Salvioni - 1894
traduzione di Eligio Pometta

 

PREFAZIONE

Il libro che abbiamo il piacere di presentare al benevolo lettore non è di quelli che con forma seducente e con vivi colori eccitano la popolare immaginazione, e vi accendono sentimenti i quali bene spesso non sono che passaggieri. Severo nel concetto, come severa è l'architettura medioevale; conciso nella frase e talvolta spezzato, come le reliquie antiche che l'Autore ha impreso a studiare, il libro del Prof. RODOLFO RAHN che vien pubblicato in lingua italiana, non susciterà di primo acchito quell'entusiasmo che suole tener dietro alle affascinanti descrizioni di genti, di fatti, di monumenti di remote età. Forse potrà accadere che taluno, dopo averne trascorso qualche pagina, nel passar oltre si accontenti esaminare le incisioni delle quali va illustrato, e lasci che altri s'occupi dei dati storici che vi stanno raccolti e delle fonti alle quali l'Autore ha attinto, quasi sopraffatto dall'erudiziene che vi domina sovrana.

Ma per poco che lo studioso ritorni sopra le pagine lette, e le une confronti colle altre, e collo spirito suo si trasporti all'età d'oro della vita artistica del nostro paese, e colla immaginativa risusciti le figure e le scene del passato, e ricongiunga le linee tronche di quei monumenti che la mano dell'uomo o l'edacità del tempo ha scossi, infranti, diroccati, egli vedrà sorgere entro il suo cuore lo stesso entusiasmo che tosto s'accende là dove sono evidenti i lenocini dell'arte. Il lettore sentirà nascere dentro di sé gli stessi generosi sentimenti che s'avvivarono nella mente del Prof. RAHN quando percorreva con assidua cura e diligente affetto le differenti plaghe del nostro Cantone, ricercandone per lungo giro d'anni i resti dell'arte antica per studiarli, per confrontare i risultati delle sue ricerche con quanto già ne avevano riferito precedenti scrittori, e buttar nel crogiuolo della critica moderna le sue scoperte e quelle degli altri.

A ben comprendere l'importanza del lavoro del dotto Professore del Politecnico di Zurigo giova notare come il lavoro stesso, piuttosto che una storia, non sia che una raccolta di cognizioni statistiche e di notizie destinate a servire più tardi per una vera storia dell'arte antica nel Cantone Ticino: la stessa forma del libro è quella che conviene ad un lavoro analitico e non sintetico, informativo e non speculativo. È il frutto di ripetute osservazioni e di pazienti indagini rivolte in particolar modo a discernere il vero dal falso in mezzo a tutto quello che la leggenda, la tradizione, la storia avevano raccolto circa i monumenti dell'arte antica nel nostro paese.

E dovette essere lavoro di gran lena, se si pon mente alla letteratura che dapprima esisteva su questi monumenti. Scarsa ed incompleta era questa letteratura, e spesso incapace a restaurare la critica, indagando prima di tutto se un'asserzione fosse vera, se una deduzione fosse logica, se ammissibili le circostanze di un fatto, se fededegni i testimoni.

Esisteva bensì il Dizionario ragionato degli uomini illustri del Cantone Ticino, del Padre GIAN ALFONSO OLDELLI, dell'Ordine dei Serviti che avevano aperto scuola in Mendrisio. Ma al dire di Cesare Cantù, l'Oldelli avrebbe fatto lavoro più serio, e dato maggior lume alla storia se avesse indicate le fonti onde attingeva. Importanti notizie si leggono nella Statistica della Svizzera compilata con molta accuratezza da STEFANO FRANSCINI di Bodio, e più ancora nell'altro suo libro La Svizzera italiana. Sono ugualmente degni di nota I Lepontì del capuccino P. ANGELICO da Faido, le Memorie storiche di Locarno del NESSI, le Escursioni del prof. LUIGI LAVÌZZARI da Mendrisio, e finalmente il Bollettino storico della Svizzera Italiana redatto con rara pazienza e pari costanza dal signor EMILIO MOTTA da Airolo, dal 1879 in poi. A questi lavori di ticinesi si potrebbe aggiungere lo Scandaglio istorico dell'antico contado leopontico del sacerdote GIOVANNI RIGHOLO, riprodotto dal signor E. MOTTA da un manoscritto da lui rinvenuto nell'Archivio Sola-Rusca in Milano, se la buona fede di quel parroco di Cavagnago non fosse stata troppo sovente vittima di favolose leggende. Invece giova tener conto degli scritti che il basileese JACOB BURKHARDT nel 1850 pubblicava a Lipsia nel Deutschen Kunstblatt col titolo : Kunstbemerkungen auf einen Ausflug in den Kanton Tessin und nach Mailand, ovvero, osservazioni artistiche in una gita fatta nel Cantone Ticino, di passaggio alla volta di Milano.

Ma questi scritti presi nel loro assieme, per quanto pregevoli, o non accennano che ad alcuni monumenti, o incorsero, specialmente quelli di data meno recente, in errate indicazioni che mettono in chiaro l'ignoranza degli autori in fatto di storia dell'arte antica. Venne il prof. RAHN e colla competenza che mercé studi speciali egli seppe guadagnare, intraprese più minute indagini sulle reliquie che l'arte antica lasciò nelle vallate ticinesi, e nel periodo di diversi anni giunse a raccogliere quel prezioso materiale che forma l'oggetto del presente libro.

Il prof. RAHN incominciava le sue ricerche nel 1870 e le continuò fino al 1892, traendo profitto delle vacanze che il Politecnico di Zurigo suole concedere fra il semestre scolastico di estate e quello d'inverno. E le sue peregrinazioni, talvolta ripetute nello stesso anno, si protraevano per più settimane, né asprezza di sentiero, né altre difficoltà mai lo trattennero dal percorrere le nostre montagne e le nostre valli in cerca di vestigie medioevali.

Suo primo intendimento era quello soltanto di gettare sui principali monumenti esistenti nel Ticino un rapido ma sicuro sguardo che gli potesse bastare per condurre a compimento una sua Storia delle belle arti nella Svizzera. Più tardi concepì il fortunato disegno di redigere un inventario completo delle antiche reliquie artistiche ticinesi, poiché quanto più egli estendeva in mezzo a noi le sue ricerche, al piacere di ritornare sulle scoperte altrui, s'aggiungeva sempre più sentito quello di fare nuove scoperte, in un paese dove la natura e l'arte prodigarono tante cose belle e meravigliose.

La prima raccolta di monumenti che il RAHN studiava presso di noi, vide la luce nell'Anzeiger fur Schweiz. Alterthumskunde del 1873 e del 1877; ma quella raccolta rudimentale ottenne un maggiore sviluppo in questa Statistica dell'arte medioevale ticinese che venne lodevolmente tradotta nel nostro idioma dal signor ELIGIO POMETTA. Si noti però che in questa Statistica non figurano altri scritti o monografie che lo stesso Autore pubblicava sulle cose nostre in diversi periodici. Fra questi ne piace accennare: Le pitture medioevali nella Svizzera Italiana (Die Mittelalterlichen Wandgemàlde in der italienischen Schweiz) pubblicato nel periodico Mittheilungen der antiq. Gesellschaft in Zurich, vol. XXI, fascicoli 1 e 2 ; La casa di ferro presso Locarno (Die Casa di ferro bei Locamo) stampata nel secondo fascicolo vol. XXXIII dello stesso periodico; Appunti per la storia della plastica nell'alta Italia (Beitage zur Geschichte der oberitalienischen Plastik) che vide la luce nel volume 3° del Repertorium fur Kunstwisenschaft, edito a Stoccarda nel 1880; I dipinti dell'epoca del rinascimento nella Svizzera italiana nel vol. XII, anno 1889 dello stesso Repertorium; Le mie escursioni nel Ticino e il BERNARDINO LUINI nei Kunst und Wanderstudien aus der Schweìz, editi in Vienna nel 1883.

A queste pubblicazioni aggiungiamo uno scritto col titolo: Intorno alla leggenda di s. Ambrogio, che venne pubblicato nel 1880 nel suaccennato Anzeiger fur schweizer. Alterthumskunde, e tradotto in italiano nel Bollettino storico vol. 2°, pag. 121. Vennero pure dallo stesso Bollettino riportati in lingua italiana I frammenti di scolture presso s. Vittore a Muralto (vol. Vili, 1886); i Dipinti del rinascimento nella Svizzera italiana, nel volume del 1892, e finalmente nel vol. XV del Bollettino, gli affreschi del Ticino di recente scoperti nella Chiesa di S. Maria degli Angioli in Lugano, nella Chiesa del Collegio di Ascona ed in quella di Mairengo, già comparsi nell'Anzeiger suaccennato del 1892.

Queste molteplici pubblicazioni, che costituiscono un nuovo argomento dell'amore con cui l'egregio prof. RAHN volle studiare i nostri monumenti dell'arte antica, non vennero riprodotte nell'opera che presentiamo tradotta, Per assecondare i giusti desideri dell'illustre Autore La statistica dei monumenti medioevali nel Cantone Ticino esce tal quale fu pubblicata nella sua lingua originale; il testo tedesco venne rispettato, inserendovi soltanto quelle aggiunte e modificazioni che lo stesso Autore ebbe la bontà di indicarci.

Anche le numerose illustrazioni che accompagnano la Statistica dell'arte antica ticinese sono opera dell'infaticabile prof. RAHN, salvo poche che furono disegnate da altri per di lui incarico: infatti le incisioni vennero compiute su schizzi assai fedeli presi sul luogo o dall'Autore medesimo o dall'architetto H. Firtz di Zurigo.

Queste incisioni comparvero per la prima volta nell'Anzeiger fur Schweizer. Alterthumskunde, o Bollettino pei monumenti dell'arte antica nella Svizzera che viene pubblicato per cura della Società federale di storia Svizzera, sempre accompagnato da illustrazioni, mercé un sussidio federale dapprima e dall'anno scorso in poi mercé un sussidio della Commissione federale pel Museo nazionale. Epperò le stesse incisioni sono di proprietà della suaccennata Società storica, e dobbiamo essere grati al buon volere del prof. RAHN se colle sole spese della riproduzione in rame noi abbiamo potuto ottenere la licenza di ristamparle in questa traduzione: la riproduzione in rame venne fatta mercé un sistema particolare dell'incisore Cotti di Zurigo, il quale, perché d'origine ticinese, volle in questa circostanza regalarci di qualche agevolezza.

Ma perché venga meglio intesa l'importanza di questa Statistica dei monumenti dell'arte mediovale nel Cantone Ticino, giova osservare come la stessa, come pure le differenti memorie e monografie compilate dal prof. RAHN sui monumenti medioevali della Svizzera, e tutte le notizie da lui raccolte intorno ai medesimi nella stessa forma usata pei monumenti ticinesi, non siano che studi preparatori per un'opera maggiore, che in forma lessicografica tratterà di tutti i monumenti artistici della Svizzera, dal principio del Medio Evo sino al cadere del secolo passato.

Sarà questo un lavoro di grande vantaggio per la storia dell'arte, essendo la capacità del prof. RAHN universalmente riconosciuta. Col ricco materiale da lui raccolto, egli saprà innalzare nella patria Svizzera un'opera che sarà un nuovo monumento de' monumenti antichi, poiché se questi non potranno resistere sempre all'insaziabile edacità del tempo, rimarrà un documento che in modo magistrale e irrefragabile li serberà alla memoria dei posteri.

Non vogliamo poi tacere che se gli studi che si vanno compiendo nel campo dell'arte antica tendono a richiamare sugli avanzi che l'arte medesima lasciò in mezzo a noi, l'attenzione degli uomini di buon senso e di buon cuore, perché sappiano opportunamente rivendicarli dalla incuria degli indifferenti e difenderli dalle ingiurie delle stagioni, essi hanno eziandio lo scopo di rivelarli a coloro che li ignoravano e mettere gli uomini di buona volontà sulla via sicura per completare le ricerche fatte e intraprenderne delle altre. Egli è in tal modo che anche presso di noi verrà dato di radunare un materiale nuovo che potrà tornar utile alla classica Storia dell'arte nella Svizzera intorno alla quale il prof. RAHN sta raccogliendo i suoi sforzi come vi ha già raccolti i suoi desideri.

Giova sperare che questi intendimenti, comuni a tutti i cultori della storia dell'arte, saranno raggiunti anche nel nostro Cantone glorioso semenzaio d'artisti. Allorquando si pensò promuovere la pubblicazione nel nostro idioma della Statistica dei monumenti medioevali nel Cantone Ticino si intese infatti di ridestarvi l'amore all'arte antica e richiamare sui suoi monumenti l'occhio vigile dei nostri concittadini e delle autorità, affinchè provvedano alla loro conservazione. Tutti troveranno nel libro del RAHN un diligente inventario dei residui dell'arte nostra antica, inventario che potrà essere, mercé l'opera comune, accresciuto. È nostra convinzione che gli studiosi dopo averne fatta la lettura, si sentiranno tentati a verificare i fatti e le cose in esso descritti; messi poi sulla via di queste ricerche forse si incontreranno in altri fatti e in altri monumenti non ancora illustrati, ma che sapranno affermare con memorie, con disegni o con fotografie.

Inoltre poiché sarà conosciuto quanto importi conservare questi monumenti, accadrà che quelli che ne sono in possesso o ne hanno la custodia, siano essi o privati o corpi morali, quali i Comuni, i Patriziati, le Parrocchie, non tarderanno a dar mano alla loro conservazione. È ad una robusta iniziativa privata che spetta provvedere a questa bisogna, e quando questa iniziativa si manifesti con intelligenti lavori di conservazione, non v'ha dubbio che non verrà meno l'aiuto del pubblico erario: allo Stato non si può onestamente domandare di più. Nessuno dimentichi che anche le più grandi istituzioni debbono la loro origine al buon volere di pochi, e che camminano in piena decadenza quei paesi dove i cittadini rimangono inerti, tutto aspettando dalla provvidenza dello Stato.

È poi cosa nota ai cultori delle belle arti come esista nella Svizzera una Società per la conservazione dei monumenti dell'arte storica. Nei suoi statuti adottati nell'adunanza tenutasi in Losanna nel 1881 si legge infatti, essere scopo di questa Associazione richiamare la pubblica attenzione sui monumenti che interessano l'arte storica nella Svizzera e contribuire direttamente e indirettamente alla loro conservazione. A questa Società si può partecipare mediante una contribuzione di fr. 50 una volta tanto, o versando ogni anno fr. 10. Essa vive in istretta relazione colla Società storica svizzera, e le sue assemblee si tengono contemporaneamente a quelle della Kunstverein o Società svizzera di belle arti, in seno alla quale essa è nata. Con saggi consigli e più ancora con ajuto di denaro essa giunse, in breve volgere d'anni, a salvare dall'ultima ruina non pochi monumenti, o facendone acquisto o agevolandone i restauri, sempre fedele al suo programma, nel quale si leggono le seguenti belle parole: " I popoli vivono in virtù della loro storia e delle loro tradizioni: nulla di ciò che riguarda il loro passato può essere loro indifferente. Inoltre nell'arte de' secoli trascorsi si contiene sempre un germe di civiltà che non bisogna lasciar morire. Rispetto alla letteratura noi non sappiamo perdonare al Medio Evo di non aver saputo trasmetterci intiere le opere dei classici; i posteri ci serbano amari rimproveri per aver noi lasciato perire idee che i nostri antenati hanno espresso sulla pietra, sul legno, sul metallo, idee che una volta cancellate non si riprodurranno più nella stessa forma, o riproducendosi non raggiungeranno forma così bella. Noi arriviamo troppo tardi, poiché troppo andò già perduto anche solo negli ultimi cinquant'anni; tentiamo almeno di salvare quel poco che ci è rimasto. "

Abbiamo voluto accennare a questa Società per far comprendere come, aggiungendo i nostri sforzi a quelli dei nostri confederati, potremo anche noi valerci de' loro buoni uffici per consiglio o per denaro, rompendola una buona volta con quell'indifferenza che lasciò mutilare o cadere nell'obblio tanti preziosi ricordi dell'arte antica.

È questa una delle speranze che ci animarono a pubblicare nel nostro idioma il libro del RAHN: andremo noi illusi? Non lo crediamo, poiché il sentimento dell'arte, se può in mezzo a noi traviare, non morirà giammai.

Il libro del RAHN ci trasporta in epoche che ci interessano non poco. Risalendo il corso degli anni noi arriviamo a quel tempo in cui le terre che compongono il Cantone Ticino seguivano le sorti di Como e di Milano.

Se alle condizioni politiche aggiungiamo l'affinità del parlare, la somiglianzà del carattere e dei costumi e le relazioni commerciali coll'Alta Italia, nessuno si meraviglierà se l'arte antica ticinese sia prettamente italiana. Che se noi qua e là ritroviamo traccie d'arte tedesca, queste sono dovute alla immigrazione di artisti germanici, che sempre usarono peregrinare in Italia ed anche alla calata degli Svizzeri e alla loro dominazione, dapprima passaggiera poi definitiva nella parte più settentrionale del Cantone. Dobbiamo poi alle più intime relazioni che i nostri distretti meridionali mantennero colla città di Como, dapprima in virtù delle vicende politiche e degli ordinamenti civili e più tardi in virtù dei vincoli ecclesiastici che durarono fino a questi ultimi tempi, se alcuni Comuni del nostro Cantone vennero illustrati da eccellenti maestri d'arte che andarono commisti coi maestri comacini ai quali l'Italia medioevale deve parecchi de' suoi maggiori monumenti.

11 libro del prof. RAHN ci riconduce al tempo delle corporazioni d'arti e mestieri, che non solo in Italia, ma in tutta l'Europa mediovale contribuìrono non poco alla emancipazione dell'uomo, in epoche in cui i più vivevano in un umiliante servaggio sotto il giogo di padroni che ricusavano farli partecipi dei benefìci della libertà, quando la società era composta d'un piccolo numero d'oppressori e d'un grande d'oppressi. Accadde allora che il coltivare le arti, modo efficace ad educare l'intelligenza, divenne scuola di libertà e strumento di riscatto, e in seguito si videro principi, minacciati dalla preponderanza dei nobili poco disposti ad obbedire, favorire le corporazioni d'arti e mestieri con immunità e privilegi, onde procacciarsi un appoggio.

Alle corporazioni d'arte appartennero parecchie generazioni d'artisti che videro la luce o sulle sponde del Ceresio o sulle circostanti montagne, i quali con altri del territorio di Como presero appunto il nome di quei maestri comacini, che formano il soggetto di una recentissima opera del prof. Giuseppe Merzario, lombardo, pubblicata col titolo: " I maestri comacini. - Storia artistica di mille duecento anni (600-1800). " Egli vi discorre di questi artisti i quali formarono unioni di uomini intelligenti e operosi, collegati da scuola comune, da comuni statuti e interessi, e ne studia la storia dai primordi dell'età medioevale e quasi quasi dalla caduta dell'impero romano, che sarebbe il tempo del loro primo manifestarsi, e narra " il succedersi e diffondersi di uomini e di famiglie, ora più ora meno numerose, d'artefici e artisti i quali sbucano in gran parte dai tre laghi e dalle valli e dai colli circostanti, e per il corso di mille e più anni migrano regolarmente.... si uniscono con altri delle finitime contrade... e in squadre si recano colà dove si stanno per intraprendere grandi lavori edilizi, e ovunque lasciano un'impronta onorata, sempre quella della forte resistenza, non di rado l'altra di un'elevata intelligenza, talvolta perfino quella del genio. È un fatto che si può dire meraviglioso, la esistenza e la persistenza di un piccolo popolo che vive dell'arte e per l'arte attraverso molti secoli, in mezzo a migliaja di cambiamenti di persone e di cose e a continue vicissitudini politiche e sociali. " Diffusasi infatti nel medio evo la loro arte arcaica, che singolarmente in architettura assunse per poco il nome di comacina, noi dobbiamo a questi uomini singolari l'arte lombarda. Essendosi poi allargato il campo d'azione di questi nostri antenati, e mutatesi col mutare dei tempi il carattere delle corporazioni d'arte, gli artisti ticinesi fondarono altre corporazioni proprie, nelle differenti città, ove più grande era il loro numero, e talvolta le composero soltanto di capomastri, pittori, scultori, stuccatori appartenenti ad una determinata plaga del nostro Cantone: una ne è sopravvissuta, quantunque riformata ne' suoi statuti, ed è quella di s. Anna dei luganesi in Torino, la quale soccorre nelle loro necessità gli artisti del Distretto di Lugano e ne sussidia generosamente i giovanetti che s'avviano alle arti nelle fiorenti scuole tecniche di s. Carlo o nella Reale Accademia Albertina.

E gli avanzi dell'arte medioevale che esistono nel Cantone noi li dobbiamo pressoché tutti a questi nostri antenati, che emigrando buona parte dell'anno, rincasavano l'altra parte nel loro paesello natio, dove solevano tenere qual vincolo indissolubile, la famiglia. Quivi di ritorno, essi si compiacevano lasciar traccie della loro valentia nelle chiese, nei cimiteri, nella casa del comune, nelle loro abitazioni, quando non intraprendevano maggiori lavori in quello stile nel quale erano davvero maestri.

E al valore artistico accoppiavano semplicità di vita: rinomati ed encomiati al di fuori essi rimpatriavano umili, e nella pace del loro villaggio li avreste veduti alternare lo studio colle domestiche occupazioni e i lavori campestri. Ciò che dominava in essi era l'amore della loro arte, alla quale s'erano dedicati per intero. Epperò invano voi cerchereste nella storia il nome del loro casato; d'alcuni pochi maestri, titolo che nelle corporazioni non tutti raggiungevano, troverete soltanto il nome di battesimo congiunto a quello del comune d'origine: soldati dell'arte, non era il trionfo della loro perdona che cercassero, ma quello dello stendardo della maestranza cui erano ascritti.

E innamorati dell'arte loro, con pari amore ne tramandavano le norme ai loro figliuoli, e a quelli dei congiunti e compaesani: in quei tempi lontani esisteva per opera loro e per privata iniziativa quella scuola popolare, che come vera preparazione alla vita, lo Stato moderno con tutte le sue ferree leggi non ha ancora saputo realizzare.

Infatti nei tranquilli mesi dell'inverno, dopo aver passato qualche ora nella casa del parroco o del cappellano per imparare a leggere, a comporre e far alla buona qualche conto, i giovanetti si raggruppavano intorno a quei provetti artisti per apprendere l'arte del disegno. Ed eccoli intenti a tracciar linee, abbozzare motivi d'ornato, piccole figure e membri architettonici, e giunta la primavera, spesse volte viaggiando parecchie giornate a piedi, seguire i loro maestri, i quali compiranno l'istruzione ad essi impartita col far loro tradurre in atto, mediante lo scalpello, il pennello, la stecca o la cazzuola, quegli elementi del disegno che nel natio casolare avevano loro insegnati. Di quale ammaestramento sarebbero oggidì quei costumi se fossero conosciuti, poiché mentre crediamo d'aver progredito tanto, molto ancora avremmo da imparare dalla semplicità di vita di quegli eroi del lavoro, che con tanta abnegazione facevano prosperare l'arte, e coll'arte l'onore ed il benessere delle nostre vallate. Lo studio delle reliquie di quei tempi ci richiamino a migliori consigli affinchè la coltura dell'arte possa oggidì diventare nuova sorgente di virtù, di gloria e di prosperità.

Rimane a dire della traduzione.

Non esitiamo ad affermare che essa domandò molto tempo e molta fatica. L'autore scrisse la sua Statistica con uno stile conciso assai e col linguaggio tecnico che è proprio soltanto di chi ha approfondito lo studio dell'arte antica. Sebbene esperto nell'idioma tedesco il traduttore ebbe quindi in sulle prime a superare non lievi difficoltà; ma poiché giunse a famigliarizzarsi colla terminologia dell'arte medioevale, egli potè progredire più sicuro. E poiché la stampa camminò di pari passo colla traduzione, il lettore non tarderà ad accorgersi come col succedersi delle pagine, anche la traduzione corra più spedita.

Il traduttore va poi specialmente encomiato per ciò che in tutto il libro rifulge il merito della fedeltà: il concetto dell'Autore venne riprodotto nella sua integrità e ne siamo assicurati dall'Autore medesimo, il quale conoscendo la nostra lingua, ebbe la bontà di rivedere il testo italiano specialmente rispetto alla nomenclatura ed alle citazioni. Queste a certuni sembreranno soverchie; ma trattandosi d'un lavoro statistico destinato a servire di fondamento ad altro lavoro scientifico sulla storia dell'arte nella Svizzera, queste citazioni hanno un valore non indifferente rispetto ai raffronti che sono richiesti da una critica severa ed esatta.

Quando chi scrive queste povere parole, dirigendo il Dipartimento delle Pubblica Educazione otteneva nel 1891 dal dotto Autore la facoltà di promuovere questa traduzione, che per la natura sua doveva richiedere tempo e pazienza, intese far opera utile e decorosa pel Cantone Ticino. Ora che la stessa viene licenziata al pubblico non gli è venuta meno la persuasione che l'opera compiuta non abbia a raggiungere lo scopo pel quale venne intrapresa, quod faxit Deus.

Bellinzona, 1° Novembre 1893
DOTT. GIORGIO CASELLA
Consigliere di Stato.

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016