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Indice dei luoghi citati
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il testo sotto riportato è estratto da
IL ROMANICO
Catalogo dei monumenti
nella Repubblica e Cantone del Ticino
di Virgilio Gilardoni - Bellinzona - La Vesconta - 1967

Introduzione

Siamo persuasi che il recupero critico del patrimonio d'arte e di storia della Lombardia alpina e prealpina debba recare un contributo nuovo addirittura essenziale agli studi lombardi. Si tratta di materiali che, per ragioni di ordine vario, furono troppo genericamente reputati "minori" senza mai essere valutati statisticamente nel loro complesso né, stilisticamente, in alcuni loro aspetti caratteristici.

Nacque alla valutazione delle vicende storiche e del gusto di questa vastissima regione un pregiudizio assai diffuso nella storiografia tradizionale: chec si trattasse di una plaga culturalmente periferica, dove, tranne qualche fatto dì arte illustre dovuto all'irradiamento dai centri culturali della pianura, non vi trovassero posto che manifestazioni ritardatarie di arte provinciale. Ma ciò e vero solo in parte, per il fatto che l'ampia fascia lombarda dell'arco prealpino, che noi considereremo nella sua più larga estensione dal Sempione al Sesia, e che si impernia nella regione dei laghi, fu da sempre, fin dai tempi preistorici, una delle più tormentate zone limitanee d'Italia: le stratificazioni culturali e artistiche dei vari periodi, dalla preistoria alla fine del Barocco, rivelano a uno sguardo attento la contaminazione di elementi spesso diversissimi, lombardi e d'oltralpe che, per la prima volta, si amalgamano in cadenze italiane e che, con varia fortuna, diventano lievito dì ulteriori sviluppi nell'architettura, nella pittura, nell'arte dello stucco, nelle arti minori lombarde e non solo lombarde, E se si pon mente a quel grande fenomeno lombardo - né ancora si sa fino a qual punto statisticamente e culturalmente prealpino - delle maestranze vaganti in tutte le regioni d'Italia e nelle più lontane d'Europa, si vedrà quale interesse possa rappresentare per gli studi, non soltanto italiani, una visione d'assieme dell'arte, della cultura e della storia delle regioni che quelle maestranze espressero; e l'approdo a una definizione anche geografica e nello stesso tempo storica dei centri maggiori da cui quell'emigrazione prese l'avvio. Arte e cultura provinciali si, ma di quale tipo e con quali profondi fermenti se poterono esprimere artisti che, in altro ambiente, divennero dei Maderno, dei Borromini, dei Trezzini? Tematica complessa e ricca anche per il fatto che queste terre prealpine non furono il "limes" chiuso da un baluardo alpino impenetrabile, ma vennero percorse da una rete di vie di comunicazioni transalpine e segnate da passi obbligati che fin dall'alto Medioevo erano considerati "porte" e "chiuse" d'Italia, presidiate in età longobarda dai militi della corte pavese e da una fitta trama di cappelle, priorati, piccole corti, mansi dei grandi monasteri regi; in età carolingia e ottomana i vescovi vi porranno i loro 'milites' in funzione di scolte di fiducia per arginare la pericolosa capillare invadenza straniera dei monasteri regi d'oltralpe o degli avogadri imperiali dell'età federiciana; spesso, con sottile calcolo politico, venivano concessi privilegi a signori e a pievi italiane per staccarli da Milano e disporre di gente fedele nelle regioni dei passi alpini e delle porte d'Italia. Quindi, oltre il traffico normale delle merci e le relazioni di frontiera che mettono a contatto le popolazioni prealpine con i più diversi ambienti cittadini, e tutta una trama dì rapporti ad alto livello, si vorrebbe dire, che si opera in queste terre; vescovi che vi armano castelli dove trascorrer l'estate o rifugiarsi nei momenti di acute crisi politiche, abati che vi tengono corti di giustizia, monaci che vi organizzano mansi e fattorie; più tardi saranno grandi famiglie signorili, dai Visconti ai Rusca ai Bentivoglio, che vi si trasferiscono per diporto col seguito di pittori e di magistri, lasciando traccia qua e là, nelle chiese, del loro passaggio. Poi sarà l'emigrazione stessa a rinnovare l'ambiente locale in senso talvolta 'modernissimo', portandovi le mode artistiche più recenti e nuove. Non si è mai tentato, finora, di raccogliere questi documenti dispersi e di analizzare gli effetti, che a loro tempo ebbero, di inserimento illustre e civile, in certo senso imposto, nell'ambiente rustico, atavicamente ancorato a livelli di cultura etnografica. Né le reazioni dell'ambiente, nell'opera degli artisti vaganti: come dire le forme dialettali o gergali, troppo genericamente definite 'lombarde', in manifestazioni di arte illustre, in Italia e in Europa.

Questo grandioso lavoro di ricerca, di scoperta e di catalogazione critica di materiali dispersi, talvolta, in località lontane e non sempre agevolmente accessibili - specialmente per la preistoria e l'alto Medioevo - su un terreno storiografico solo parzialmente esplorato e catalogato per le epoche successive, è stato distribuito a un gruppo di studiosi svizzeri e italiani aperti alla sottile problematica delle interferenze stilistiche e culturali prealpine: l'esplorazione e la revisione critica non può infatti limitarsi alla sola zona prealpina lombarda, ma deve estendersi all'esame dei materiali delle regioni retiche e dell'antica Burgundia dove, talvolta, sembra si siano amalgamati elementi lombardi e d'oltralpe prima che nella stessa Lombardia. D'altronde anche per le epoche successive l'esame comparato risulta indispensabile per poter giungere a un giudizio circostanziato di singole manifestazioni d'arte e di gusto. Nessun ordine di pubblicazione può quindi essere prestabilito per gli otto volumi "in preparazione ", ne sì può prevedere se - come per il Romanico - qualche volume dovrà essere suddiviso in vari tomi, sia per pubblicare appendici catalografiche particolari qualora occorressero, sia, data la ricchezza dei materiali, per distinguere in tomi separati, come forse sarà il caso per il Seicento e per il Settecento, architettura, pittura e scultura.

Ogni volume sarà preceduto da una particolareggiata introduzione storica, affidata a specialisti delle singole epoche, che raccolga in modo unitario, e che quindi renda finalmente comprensibili, le sparse membra delle varie piccole storie locali. Le vicende dell'Ossola, di Val Vigezzo, della valle del Ticino con i suoi affluenti, dell'alta valle dell'Adda e della Mera, considerate nel loro sviluppo parallelo e nella continua osmosi dei loro rapporti economici, religiosi, culturali, sociali, politici, artistici, ora promossi, ora stroncati dalla dialettica delle grandi forze politiche ed economiche lombarde e d'oltralpe, assumono, ricomposte nella loro unità culturale, una grandiosità nuova.

Il catalogo del Romanico nelle terre ticinesi

Il volume dedicato al Romanico si divide in due parti. La prima, di carattere generale come gli altri volumi della collezione, traccerà il panorama dei monumenti dell'arco prealpino lombardo; la seconda che viene pubblicata oggi, forma un tomo a sé quale appendice catalografica e documentaria dedicata ai materiali delle regioni ai piedi delle alpi lepontine costituenti l'attuale Cantone svizzero del Ticino.

Mentre i monumenti maggiori del romanico dell'arco alpino e prealpino lombardo sono discretamente noti o stanno per essere pubblicati in sedi scientifiche qualificate - quelli delle valli italiane annesse al Cantone svizzero dei Grigioni furono disegnati e studiati nella grandiosa opera del POESCHEL dedicata ai Monumenti d'arte grigionesi; quelli delle province italiane sono oggetto ancora oggi di studi specialistici di allievi del Verzone e dell'Arslan - i monumenti romanici del Cantone del Ticino sono pressocché ignorati ancora oggi dagli studiosi. Il catalogo del RAHN, tradotto in italiano e pubblicato a Bellinzona nel 1894 - un modello, per quel tempo, di inventario regionale dei monumenti - fu scarsamente diffuso in Italia e divenne tosto introvabile nello stesso Ticino dove, mancando un centro di studi di carattere universitario, gli interessi per la storia e per l'archeologia decaddero, tranne poche eccezioni, al livello di testi per le scuole elementari. Contro la falsificazione della storia, strumentalizzata a fini 'agiografici' locali, insorsero già molti anni fa EMILIO MOTTA e CARLO SALVIONI; più recentemente ISAMLIU M. BIUCCHI.

Dei numerosi interventi di restauro (quasi sempre solo manuali), effettuati in cinquant'anni su monumenti medievali, non si possiede oggi, eccettuato torse il solo caso di Riva San Vitale, una sola relazione critica esauriente di carattere storico, archeologico o artistico: anzi, la maggior parte dei restauri fu quasi sempre affidata a dilettanti che non ebbero mai notizia dei lavori del MONNERET DE VILLARD, del PORTER, del CADAFALCH, del VERZQNE, dell'OLIVERO, dell'ARSLAN, del PANAZZA, e che ignoravano perfino le basi tematiche più elementari dell'archeologia medievale.

Questo vasto materiale documentario e archeologico doveva essere recuperato agli studi lombardi con metodiche descrizioni, con rilievi e fotografie, E non fu lavoro facile, non essendoci praticamente a disposizione dello studioso, quale base di partenza, che le vecchie descrizioni del RAHN, dell'ESCHER e dello STUECKELBERG e, per qualche elemento marginale, del BERTA. Tranne in pochi casi, le stesse piante eseguite in occasione dei restauri dovettero essere completate o fatte di nuovo con enorme dispendio di forze e di tempo.

Ma la pubblicazione del catalogo dei monumenti romanici nel Cantone Ticino risponde anche a un'esigenza pratica, locale, di tutela del patrimonio storico e artistico medievale. L'elenco delle località di interesse storico e archeologico - duecentotredici voci - vuole essere un accorato appello al cittadino di media cultura di tanti piccoli comuni rustici, affinchè intervenga, con legittima fierezza delle antiche memorie vicinali e comunali, a esigere che ogni lavoro di scavo in terreni che si presumono archeologici e che ogni restauro di monumenti che possano conservare elementi murari o anche solo fondazioni medievali sia rigorosamente preparato, controllato e rilevato da un archeologo non dilettante. Come il BOGNETTI nella formula di una carta bleniese sapeva scoprire "un 'unicum' non soltanto per la storia locale, ma per l'intera storia del diritto italiano" e come il SALVIONI dall'esame di un toponimo leventinese sapeva trarre deduzioni fondamentali per il dialetto lombardo, cosi dal tipo delle costruzioni di una chiesuola sperduta fra i monti, dalla forma e dall'orientamento di una tomba, dall'esame dei segni di cazzuola in un intonaco, il medievalista può giungere a scoperte di notevole interesse archeologico. L'archeologia medievale nei Cantoni svizzeri di lingua tedesca, grazie ai recenti studi del SIMONETT e del SENNHAUSEB, ha raccolto splendidi materiali proprio anche dall'esame di monumenti talvolta minimi delle regioni alpestri.

Questo catalogo, schizzato e in parte preparato fin dal 1943 quando le Edizioni Holbein di Basilea tentarono di pubblicare un'opera grandiosa dedicata alle Arti e alle tradizioni popolari del Ticino con un'appendice sulle origini popolari del romanico lombardo fu ripreso nel 1960 e, da capo, nel 1965, per l'editrice La Vesconta; si chiede venia se, nella sua torma, rivela qua e là la tormentosa rielaborazione e rifusione di vecchie schede risultando, piuttosto che un'opera di getto, un'opera di innesti.

 

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016