De Marchi
Home Su Rahn Gilardoni Vicari De Marchi Magni Zastrov Finocchi

 

 

cover_demarchi.jpg (25692 byte)

Indice dei luoghi citati
Cartografia dei luoghi (Google Earth)

 

il testo che segue è estratto da
EDIFICI DI CULTO E TERRITORIO NEI SECOLI VII E VIII
CANTON TICINO, AREA ABDUANA BRIANZA E COMASCO
NOTE PER UN'INDAGINE
di Paola Marina De Marchi
facente parte del volume
Le chiese rurali tra VII e VIII secolo in Italia settentrionale
a cura di G. Pietro Brogiolo
SAP Società Archeologica S.r.l. - Mantova -2001
reso disponibile online su
BIBAR - Biblioteca Archeologica Online - Università di Siena

 

Introduzione

Il territorio interessato a questa prima parziale indagine corrisponde ad un’area che, in Lombardia, si distingue in età tardoantica ed altomedievale con discontinuità e mutamenti nel primo periodo della dominazione longobarda per omogeneità culturale e di vicende storiche, sintetizzabili nell’importanza strategica e nell’apertura ai transiti, in una forte e radicata tradizione cristiana e culturale autoctona. Le fonti archeologiche disponibili relativamente agli edifici di culto e agli insediamenti presentano ancora carattere di discontinuità, nel caso degli insediamenti sono del tutto carenti. Le informazioni in nostro possesso risalgono spesso a scavi casuali datati ai primi anni del secolo, a realtà individuate e non ancora scavate, o a notazioni riportate dagli storici e non affiancate da ricerche sul campo. I dati più aggiornati e sistematizzati riguardano in particolare il Canton Ticino, dove si è operato sul territorio seguendo una metodica quasi capillare, anche se dettata da emergenza, i territori del bacino dell’Adda oggetto di una ricerca territoriale quasi a tappeto, ancora da completare, soprattutto relativamente alle fortificazioni tardoantiche e altomedievali e agli edifici di culto spesso a queste correlati, le rive occidentali del lago di Como e parte del suo entroterra, coinvolgendo le sponde del lago di Lugano segnate da ricerche limitate a singoli siti. Queste ricerche, mirate alla conoscenza di un microterritorio preso a modello di indagine, hanno dato risultati sufficienti per avere punti di riferimento per future indagini. Sfuggono ancora le relazioni tra edifici di culto e abitati, anche perché è difficile ricostruire il quadro di un insediamento sparso e mobile, per la conoscenza del quale mancano ricerche interdisciplinari e indagini sistematiche condotte con metodologie avanzate. Anche se il filo conduttore è senza dubbio la rete viaria, che nell’area considerata da Sud a Nord è quasi disegnata dalla distribuzione degli edifici di culto. Il tracciato segue l’Adda e lo affianca, raggiunge Lecco, si distribuisce tra Lecco e Como, secondo un andamento diagonale che tende a Nord, addensandosi nell’alta Brianza, sale successivamente verso il lago di Lugano e le sue sponde. In Canton Ticino gli edifici di culto da Bellinzona percorrono poi le valli per i valichi, nel comasco le rive del lago, raggiungendo Chiavenna. I punti di massimo addensamento si hanno a cavallo tra Brianza e area Lecchese, lungo l’Adda, tra lago di Lugano e di Como, nel Mendrisiotto: sono i territori dove il popolamento era già fitto in età romana. Nella maggior parte dei casi risulta difficile sapere se e quali luoghi di culto a noi noti si trovassero vicino o presso centri abitati preesistenti o di nuova fondazione (vici), al loro interno, al centro di una corte presso le case signorili, o in posizione isolata, ma centrale rispetto al territorio, in modo da potere essere raggiunti da una popolazione rurale che viveva in villaggi sparsi o distribuita nei terreni (loci, fundi, capanne, case massariciae), dove lavorava la terra.

Nel caso, ad esempio, dei SS.Cosma e Damiano di Como, esterna alla cinta muraria e posta presso la strada che percorrendo la sponda occidentale del lago porta a Chiavenna, si può parlare di chiesa suburbana, con funzione cimiteriale (una tomba, scavata nello spazio interno, conteneva un corredo composto da un vasetto in ceramica longobarda e da un coltellino in ferro), di dubbia interpretazione circa il ruolo pubblico o privato che svolse. Di certo fu un edificio religioso di passo.

Il periodo considerato non permette di inserire gli edifici nelle circoscrizioni diocesane (Milano, Como), ancora in buona parte sconosciute territorialmente, e di coglierne appieno la relazione con l’organizzazione rurale del cristianesimo. Per il VII secolo non si hanno notizie di pievi, molti edifici di culto rurali hanno origini in età paleocristiana, si sviluppano nel VII secolo, poi in epoca imprecisata assumono il ruolo pievano.

I dati attualmente emergenti indicano quali sono gli elementi cardine per la comprensione di funzioni e gerarchie: a) le strade, la maggior parte degli edifici di culto registrati, infatti si posiziona lungo percorsi viari, in punti di passo, anche in dipendenza con abitati individuabili dalle fonti scritte, spesso in collegamento con le aree di approvvigionamento di materie prime (valli alpine); b) la stretta relazione tra chiese (cappelle, oratori, edicole, mausolei, ecc.) e castelli, un intreccio che a sua volta rimanda alla facilità di accesso ai luoghi e ai percorsi viari relativi e - non secondario e conseguente - al processo di cristianizzazione che coinvolse questo territorio fin dal IV/V secolo, con punta massima nel V secolo e nel VI per l’area Lariana, con l’appoggio della classe dirigente locale che intratteneva rapporti con le città. Un rapporto città/campagna che in realtà esistette anche nell’VIII secolo, come attestano i documenti di archivio, in molti casi in probabile continuità con il secolo precedente; c) l’alta percentuale di sepolture interne ad edifici di culto (oratori, cappelle), particolarmente significativa quando si tratti di tombe in posizione privilegiata (aree absidali, navata, ricavate nei muri perimetrali) e provviste di un corredo funerario non limitato a complementi di abbigliamento, ma caratterizzato da armi, dagli accessori relativi e da altri manufatti di pregio d’ambito culturale longobardo, indice di defunti di rango alto e distinto da un elevato potere economico. Le sepolture in luogo di culto indicano la possibilità di scelta delle modalità del funerale e rispondono alle esigenze di autorappresentazione di un’aristocrazia, talvolta di altissimo rango, come ricorda l’epigrafe di Aldo e Grauso, cittadini bresciani, personalità di corte menzionate da Paolo Diacono che ne narra le vicende, epigrafe murata nella chiesa dei SS.Pietro e Andrea a Beolco presso Olgiate Molgora e datata alla fine del VII secolo. Avremmo già, in tal caso, alcuni indizi per cogliere le gerarchie e il significato di molti oratori senza conoscerne il tempo di sviluppo (da cappella e oratorio a pieve), legato a variabili non misurabili se non con un’attenta analisi dell’evoluzione della storia di un territorio, considerato nel suo insieme, ed espressione nella maggior parte dei casi di una volontà devozionale privata, connessa a fondatori appartenenti alle classi alte o medio alte della popolazione, funzionari regi, nobili, uomini liberi. Mentre soprattutto per i secoli VII e VIII abbondano le notizie circa la fondazione di chiese da parte dei sovrani longobardi, che funzionarono come modello da imitare per le classi dirigenti. Solo in area comasca le basiliche di S.Eufemia a Piona (a.616, et sepolturas ibi ordinavit) e l’omonima dell’Isola Comacina, quasi contemporanea, furono volute dal Vescovo di Como per esaudire i bisogni religiosi delle popolazioni. Mentre sembra ancora difficile comprendere il rapporto tra lo spazio del vivere e quello della morte per le classi meno abbienti che abitavano in fondi agricoli, non aggregati in villaggi e lontani dai centri abitati maggiori. L’interrogativo che ci si pone ruota attorno alla conoscenza delle dinamiche sottese alla formazione di fulcri demici ai quali la popolazione faceva capo e, ancora, a quale organizzazione, o a quali regole “spontanee” di aggregazione obbediva la rete degli abitati sicuramente gerarchizzata in villaggi o ville, castelli, dove si svolgevano le attività produttive, di mercato e di distribuzione dei prodotti, la difesa e il culto, oppure se, come è attestato nelle città, i ceti meno abbienti (si pensi all’insediamento d’età longobarda, datato al VI/VII secolo, emerso nell’area del monastero di fondazione desideriana di Brescia S.Giulia) venissero sepolti, secondo necessità e risparmio, nei poderi presso casa o negli stessi spazi tra le case, a partire dal VII secolo negli oratori pubblici con cura d’anime e funzione cimiteriale (ad esempio, S.Maurizio ad Erba, S.Stefano e S.Vittore a Muralto, S.Vittore a Terno d’Isola, SS.Pietro e Paolo a Stabio, S.Tomè a Carvico, S.Eufemia a Incino). Tutto ciò andrebbe messo in relazione con le giurisdizioni amministrative territoriali, le prime note dalle fonti scritte dell’VIII secolo (giudicaria di Sirmione e del Seprio, le restanti da documenti successivi e soltanto intuite), e le modalità di gestione e di controllo del territorio, almeno a partire dai primi decenni del VII secolo, in aree come la nostra di particolare interesse pubblico (vie di portata “internazionale”, vicinanza ai confini).

Occorre tener conto che l’area considerata è geograficamente in posizione nodale, poiché funge da ganglio di interconnessione, grazie alla presenza delle maggiori vie di comunicazione (di terra e d’acqua), tra penisola italiana e regioni del Rodano e del Reno, lungo un asse di collegamento Nord/Sud, attraverso i valichi che, oltre Chiavenna (Julier, Septimer, Maloia) e Bellinzona (Lucomagno, dell’Uomo, S.Gottardo, S.Giacomo), conducevano oltr’alpe. Mentre lungo l’asse Est/Ovest, attraverso i fiumi Adda e Ticino affluenti del Po, era garantito un veloce transito per Ravenna e l’Adriatico. Questa posizione strategica assunse grande rilievo nel tardoimpero (IV e V secolo), con l’inizio delle invasioni barbariche, e lo mantenne in seguito (VI/VII secolo) per ragioni militari, ma anche economiche. L’area svolse il ruolo di terra di frontiera e venne attrezzata per la difesa con l’apprestamento di fortificazioni e di apparati di controllo e avvistamento strategici minori; localmente il fronte dei castra in parte seguiva il corso dell’Adda (Madonna della Rocchetta, Monte Brianza, Brivio, Monte Barro), piegando a Ovest verso Castelseprio, e a Nord per l’Isola Comacina, Chiavenna e Bellinzona. Alcuni di questi castelli, quelli di fondazione pubblica, ebbero continuità di vita nell’altomedioevo, assumendo talvolta il ruolo di città “capoluogo” di un territorio anche esteso (Castelseprio, Pombia e Sirmione), modificando ulteriormente l’assetto territoriale dei municipia romani. Altre fortificazioni minori, di fondazione privata e più tarda, ebbero funzioni di appoggio al sistema difensivo, o di difesa delle popolazioni, e sono da riconoscersi in Castel San Pietro e nella motta di Gorduno (Canton Ticino), in S.Vittore di Laino d’Intelvi (a.556), in S.Stefano a Lecco (a.535), di questi ultimi il primo sicuramente fondato da un religioso, il secondo dubitativamente. A Laino d’Intelvi è certo che il castello sorse attorno alla chiesa, che ne costituì il primo fulcro, lo stesso forse avvenne per Lecco (non scavato); a Gorduno è probabile che sia avvenuto l’opposto, l’edificio di culto dedicato a S.Carpoforo si addossò ad una torre facente parte di una cinta muraria. La fortificazione, posta di fronte a Bellinzona in posizione di controllo della Val di Biasca, venne probabilmente fondata da un privato laico e guerriero. In base alla distribuzione dei ritrovamenti archeologici di età tardoromana e dei castelli di tradizione tardoantica (infra) è evidente la prossimità tra luoghi di culto, abitati, castelli. Si pensi solo all’addensamento di presenze già ricordato lungo l’Adda e nell’alta Brianza: gli abitati rurali potevano fornire scorte alimentari in caso di necessità, i castelli difesa ed accoglienza. In alcuni castelli sono poi attestate attività di lavorazione di materie prime (ad esempio Laino e Monte Barro, attivo fino al VI secolo). Mancano ancora scavi archeologici sistematici per molti siti castrensi. I dati sono pertanto carenti. La rete insediativa risponde ad un sistema complementare e omogeneo, che si intravede, ma non si può ancora precisare, della quale sono tangibili almeno per l’VIII secolo i rapporti con i centri urbani. Anche i caratteri comuni ai manufatti rinvenuti nelle sepolture longobarde, pur denunciando modelli di riferimento differenti (tradizione bizantina o prevalentemente germanica, spesso in un medesimo contesto) richiamano una cultura omogenea che trova riferimenti in diverse località, spesso distanti tra loro e rimandano, con molta probabilità, ad opifici localizzabili nelle città o nei centri abitati maggiori26, in un quadro di distribuzione e commercializzazione, di ampiezza nazionale e internazionale.

Non è da sottovalutare il legame tra eserciti e cristianizzazione, avvalorato da epigrafi funerarie relative a capi militari e condottieri datate tra il IV e il V secolo, in edifici religiosi di castello (Monte Brianza) o posti in punti nodali per il passaggio di eserciti (Garlate). Come per le reliquie, il richiamo epigrafico a militari di valore storico può avere inciso nella scelta del luogo di seppellimento, in una logica di propaganda familiare, da parte di nobili longobardi due secoli dopo.

 

 

<HomePage>   <Il progetto>   <Colophon>   <Registrazione>   <Collaborazioni>   <La biblioteca>   <Il Sommario>

Questo sito è una iniziativa personale di
Ferruccio C. Ferrazza
Tutti i diritti sono riservati.
ViaggiNellaStoria® è un marchio registrato.
ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016