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S. PAOLO

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Anche se si vogliono considerare gli sterri effettuati nel '54 e taluni restauri eseguiti nel 76, dei vari ruderi di Castel Seprio quelli relativi alla chiesa di S. Paolo sono indubbiamente da porsi fra i meno indagati archeologicamente.

Esagonale, dai lati in media di m. 7 e con un'abside dai raggio esterno di m. 3,90, volta ad oriente, la rovina offre a vedere murature grossissime, di m. l, 70 verso settentrione e m. 1,50 a sud, che, guardate da occidente, si alzano in buona parte a spirale da sinistra verso destra per un preciso motivo che vedremo più avanti.

Il tessuto murario è costituito da un nucleo a sacco in ciottoloni di media taglia e da un paramento in corsi ora più ora meno regolari, nel quale, accanto ad altri ciottoloni interi ma più piccoli, ne appaiono anche di spaccati, assieme a serizzi o conci vari di pietra schistoide.

Come nota particolare relativa all'aspetto esterno del rudere va anzitutto segnalata la presenza nella parete nord-est di un arco, quasi raso a terra, in gran parte di restauro, come il paramento che lo sovrasta, che dà verso qualcosa di sotterraneo sino ad oggi mai esplorato.

Spartita in quattro specchiature curve, larghe m. 1,40, l'abside offre a vedere cinque lesene, alte m. 3,35, larghe cm. 40, profonde cm. 18, che si alzano da una risega posta all'altezza di circa cm. 90 dal livello esterno del suolo e reggono alle estremità superiori una cornice ad archetti pensili, eseguita con pezzi di coppe e piccoli conci, di cui oggi purtroppo non rimane che minima traccia.

Tre finestrelle sono visibili, o intuibili, sull'abside. Una prima nel centro della specchiatura laterale sud, ridotta a un buco; una seconda nella specchiatura laterale nord, scomparsa con buona parte della circostante muratura; una terza, rasa alla lesena centrale nella specchiatura abbastanza ben conservata e tale da darci un'idea delle altre. Terminata da un rozzo arco di pietre a tutto sesto ora crollato, quest'ultima misura nel punto più stretto della doppia strombatura cm. 30 circa in altezza e cm. 70 in larghezza. Altre finestrelle, di identica foggia e proporzione, si dovevano avere nella parete sud-est e sud-ovest ove enormi squarci da crollo della muratura le hanno fatte scomparire. Nelle pareti opposte, al contrario, non risulta ne esistesse alcuna.

Della porta di ingresso non si ha oggi più segno, ma sappiamo che era situata nella parete volta ad occidente, essa pure oggi scomparsa per crollo totale.

All'interno, l'ambiente esagonale ha una larghezza di m. 8,52 da lato a lato opposto, e di m. 9 da angolo ad angolo, in corrispondenza di ognuno dei quali ultimi, altrettante grosse semicolonne, per gran parte in rossi mattoni di cotto, reggono miseri resti degli attacchi di intuibili voltine a crociera. Dal canto proprio, l'abside ha un raggio di m. 2,05.

Documentariamente attestatoci sin dalla fine del XIII secolo, del S. Paolo noi conosciamo tuttavia oggi molto più di quanto non appare grazie agli Atti delle visite compiute, o fatte compiere, degli Arcivescovi di Milano alle chiese di Castel Seprio fra il tardo XVI ed il XVIII secolo.

Da questi Atti sappiamo cosi, ad esempio, che, dotata di un altare dedicato a S. Margherita posto nell'abside, e spartita da sei colonne in un vano centrale con deambulatorio circostante, la chiesa aveva pure un loggiato superiore, raggiungibile evidentemente per una stretta scaletta ricavata nella muratura delle pareti settentrionali, da cui fra gli spazi di altre sei colonne corrispondenti alle inferiori, si occhieggia più in basso. All'abside inferiore, non corrispondeva però altra abside, bensì solo una nicchia, con altare minore, ricavata nello spessore della parete volta ad est. L'ambiente finiva in alto con un piccolo tiburio, illuminato da sei finestrini rotondi e, da quel che si può capire, coronato da una cupoletta a spicchi.

Delle colonne inferiori sono stati ritrovati alcuni plinti d'appoggio in posizione tale da far ritenere che tra colonna e colonna opposta ci fosse attorno ai m. 5,15; per cui, dato che da angolo ad angolo opposto il vano misura m. 9, il deambulatorio sia inferiore che superiore doveva essere attorno ai m. 2. Gli attacchi delle voltine a crociera reperibili in cima alle semicolonne angolari reggevano la spinta del loggiato superiore, che a propria volta doveva avere analoghe volte.

Della scaletta ricavata nelle pareti dell'edificio che spettavano a settentrione rende infine ragione quella sagomatura a spirale delle rovine cui sopra si è alluso, in quanto il crollo dovette proprio verificarsi lungo la relativa linea di svolgimento, che nella parete stessa costituiva un evidente punto debole.

Attribuibile all'ultimo trentennio del secolo XII, per riassumere in un sol termine le vedute del Porter, dell'Arslan, della Finocchi e della Magni, la struttura del S. Paolo richiama quella del S. Tomè di Almenno San Bartolomeo presso Bergamo e del S. Giovanni di Arsago, in provincia di Varese, ambedue battisteri; salvo che per la pianta esagonale, il cui unico apparentamento si ha in alta Italia col più antico battistero di Varese, sono, stando al Reggiari, fra l'VIII e il IX secolo sulle rovine di un tempio documentatamente pagano.

E ciò, in unione a una tradizione che vorrebbe questo S. Paolo esser stato esso pure un antico tempio pagano e, rispettivamente, al dato fornitoci dagli Atti sopra citati di certa acqua che sorgeva sotto la chiesa e di certo "fornice" che, sempre sotto la chiesa, era destinato a raccoglierla, ha fatto anche pensare ad un qualcosa, tipo una fonte sacra o un ninfeo tardoromano - simile a quello, pure esagonale, di Pombia - i cui vecchi resti vennero alfine esaugurati con la costruzione appunto, in suo luogo, di una chiesa cristiana.

Già cadente nel XVII secolo, S. Paolo fu poi demolito da vicosepriesi in tre riprese, fra il 1810 e il 1854, allo scopo di procurarsi pietre per la rifabbrica della parrocchiale dei SS. Nazario e Celso.

 

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016