IL COMPLESSO BASILICALE DI
S. GIOVANNI EVANGELISTA
Costituito dai resti di un corpo, (che sappiamo da documenti rari essere
stato spartito da pilastri in tre navate e un presbiterio) con abside terminale centrale
volta ad oriente, absidiola terminale a destra, e, dall'altra parte, preceduto da una
breve ardica, un battistero ottagonale, le rovine della basilica di S. Giovanni
Evangelista rappresentano oggi il più grosso assieme di ruderi dell'area archeologica di
Castel Seprio.
Con la facciata che verso nord-ovest, rispetto al resto della fabbrica,
fa un angolo ottuso, il corpo, della basilica, largo tra i m. 14,00 - 14,23 e lungo m.
21,55 - 22,02, risulta quasi esattamente orientale: 12° a est del nord.
Le pareti laterali,
spesse in media cm. 65, danno a vedere, in più a quelle angolari, quattro paraste sporgenti sui cm. 27 -
33; mentre la facciata ne ha due sole, oltre gli avancorpi a lato della porta centrale,
che reggevano, forse, un protiro, e racchiudevano due scalini.
Da alcuni indizi di scavo, l'assieme sembrerebbe aver avuto pilastri il
cui ritmo non corrispondeva tuttavia, a quello delle paraste esterne. I primi due verso il
fondo, a foggia di angolo e oggi
conservati un poco fuori terra, delimitano l'area che doveva appunto essere del
presbiterio.
L 'abside aderisce da parte propria sulla sinistra ad una parete dell' adiacente battistero, in asse e in
capo, come già detto, alla navata nord della basilica.
Alta almeno m. 9,40 profonda m. 4,35, con all'esterno due paraste,
questa abside ha, per l'ostacolo del battistero stesso, una serie di finestre ad arco, sovrapposte, solo
sulla destra, tre sotto e due, più parte di una terza, sopra, larghe m. 1, alte m. 2. L'absidiola, essa pure rovinata, in capo
alla navata destra larga m. 3, profonda m. 3,78, mostra invece all'esterno quattro paraste che poggiano su una risega.
Tre squarci nei
resti della parete nord dell'aula, suggeriscono che qui, sui m. 2,80 di altezza dal suolo,
dovevano esistere delle finestre, peraltro simmetriche ad altre sull'altro lato, che
illuminavano le navate. La centrale evidentemente ne aveva di più in alto.
Tutto l'edificio risulta costruito con ciottoli di fiume, sassi, pietre o
altri materiali di reimpiego, disposti in corsi abbastanza regolari abside compresa. In
quest'ultima, spezzoni di mattoni e di tegole compongono le ghiere degli archi delle finestre, che,
parzialmente murate in epoca imprecisabile, per ridurre l'uso dei vetri, recano ancora
qualche resto di intonacatura a raso pietra.
Residui di un pavimento
in cocciopesto appaiono infine presso i resti dei due pilastri prima dell'abside, ove
elementi da zoccolo sono disposti a squadra ovviamente per reggere dei "plutei"
che delimitavano il presbiterio. Uno di questi è oggi ancora conservato presso il Museo
Archeologico e Storico di Gallarate.
In muratura a ciottoli lievemente più piccoli e comunque più curata di
quella della basilica, il battistero
ha un corpo ottagonale con un'absidiola
verso oriente. Ogni lato misura, all'esterno, in media m. 3,e ogni angolo reca delle piccole paraste che, legate alla base
da una risega, si trovano anche sul cilindro dell'abside in numero di due. Le pareti, che
hanno spessore sui cm. 74. All'interno la larghezza del corpo centrale e di m. 7,85 in
diagonale, mentre l'abside misura m. 2,40 in larghezza per m. 2,30 in profondità.
Il fonte, pure
ottagonale, con lati sui cm. 90, a pozzetto, profondo cm. 60, in lastrelle di marmo, con
due gradini di cm. 30 verso oriente, non è propriamente in centro ma un poco spostato
verso nord-est.
Collegata al fonte da una rozza fondazione raso terra, una piastra circolare in muratura di m.
1,90 di diametro, che si trova rispetto all'asse dell'edificio essa pure un poco spostata
verso nord, racchiude un tondo di m. 1 in "opus signinum", delimitato da un
cerchio di mattoni a raggiera, traccia evidente del fondo di un vasca probabilmente a
"vera di pozzo", ove, anche se manca ogni scarico, si può pensare venisse
conservata l'acqua per il rito.
Oltre il collegamento con la basilica, largo m. 2,40. il battistero, a
seconda dei tempi, dovette avere da uno a due altri varchi: uno sul lato sud, largo m.
1,73 poi murato, ed uno a nord-est, largo cm. 90 probabilmente non originale. È intuibile
che mentre il secondo doveva servire per i battezzandi, il primo dava poi loro la
possibilità d'accesso alla basilica dopo il rito.
Tracce, specie nell'abside, di piastrelle nere e bianche, di varia
forma, fanno pensare ad un pavimento in "opus sedile", sopra il quale fra il
fonte e la parete sud-est, ove si ha una
panchetta in mattoni destinata a chi assisteva al rito, dovevano esserci dei
"plutei" o dei "cancella" retti da una pietra d'impianto tutt'ora visibile.
E verosimile pensare che il battistero avesse ampie finestre ad una
altezza di almeno m. 5,40. Certo è che sulla parete addossata all'abside sino a questa
altezza di aperture non si ha traccia.
Immediatamente a sud della basilica si trovano infine i resti di due
interessanti strutture: la parte inferiore di una torre quadrata ed una grande cisterna con fondo e pareti
rivestite in "opus signinum", impermeabili.
La torre, che ha il lato nord quasi parallelo all'asse della basilica,
che dista da questa meno di m. 2 e nei cui ruderi figurano numerose pietre di reimpiego del tipo
trovabile qua e là lungo i resti della cinta fortificata e nel torrione di Torba, è più
piccola delle altre due torri isolate, i cui resti giacciono sul limitare nord del
pianoro, avendo lati di m. 6,85 di media, contro i m. 7,70 - 7,85 e spessore di mura sui
m. 1,54 contro, rispettivamente, m. 1,84 e m. 1,95.
Dotata di una bella
risega, visibile verso est e sud, questa torre esibisce verso nord un ingresso che, forse sito
originariamente ad una certa altezza dal suolo per difesa, dovette esserne portata a
livello in seguito a movimenti di terreno avvenuti per lavori vari e in tempi diversi,
come la costruzione dell'abside centrale del S. Giovanni; il rimaneggiamento, subito
dietro la basilica, di una vecchia zona cimiteriale cui dava accesso una scalea
semicircolare costruita probabilmente in contemporanea; infine la trasformazione stessa
della torre in campanile in età carolingia e l'erezione dell'absidiola destra tra XI e
XII secolo.
La grande cisterna,
posta letteralmente sotto il muro meridionale della basilica, dal cui filo esterno, il suo
lato interno, sporge infatti meno di cm. 40, misura dal canto proprio in lunghezza m.
13,20 a nord e m. 12,80 a sud, e in larghezza m. 6,56 ad ovest e m. 6 ad est, lato
quest'ultimo dove due contrafforti
laterali ed uno in centro reggevano la parete che sopporta la spinta profonda delle
fondazioni della vicina torre.
Vistose tracce restano ancora della volta a botte, fatta in mattoni posti
di taglio in duplice strato, e del riempimento cementizio "a sacco" esterno alla
sua imposta verso nord. Dell'imposta verso sud tutto invece è scomparso, essendosi qui
verificato il cedimento della struttura. Il parapetto oggi esistente è soltanto di
restauro. La profondità della camera, misurato dal supposto colmo della copertura a
botte, doveva essere sui m. 6, poco più poco meno.
Sul fondo, una porta, murata in epoca imprecisabile, dalla
caratteristica forma a fungo ritrovabile tanto in S. Maria foris portas come
nella torre di Torba, comunicava con un adiacente
pozzo, probabilmente rifatto in piena età medioevale, per cui mezzo attingere acqua e
poter accedere a scopo di pulizia alla cisterna entro cui dovevano finire le piogge
raccolte dall'ampia superficie dei tetti della basilica.
Nella possibile datazione di questo complesso, la torre, che ha
indicazioni peri il tardissimo V secolo - inizi del VI, dovrebbe essere l'elemento più
antico, alla cui ombra nacquero, in successivi momenti prima la cisterna, poi la basilica.
Come risulta dalle fondazioni di un muro rettilineo trovato in
profondità avanti l'abside centrale, questa basilica, secondo il Mirabella, doveva avere
in origine la foggia di una semplice aula rettangolare che tipica dell'area adriatica,
solo qui, per ora, risulta importata in Lombardia. Anche il battistero con i suoi
"muri sottili", richiama del resto i battisteri di Cividale e di Grado.
Quanto all'abside aggiunta in capo all'aula e alla pilastratura che
spartì quest'ultima, dovettero venire dopo, sugli inizi del VII secolo.
Per l'abside, in particolare, le finestre sovrapposte richiamerebbero
molto da vicino il grande esempio dell'antica, e ora distrutta, abside di S. Simpliciano a
Milano, basilica stata in realtà oggetto, agli inizi del VII secolo, di imponenti
restauri ad opera dei re Longobardi. Potrebbe forse ancora più orientare sulla data
dell'abside, una migliore conoscenza di certa sepoltura messa in luce qualche anno fa
"davanti" ad essa, e da cui proviene una borchia dalla decorazione molto simile
a quelle del pettine di Teodolinda; ma non sembra sia possibile.
Queste datazioni delle varie parti del S. Giovanni attendono comunque
ancora una conferma di scavo, non essendosi qui mai state eseguite sistematiche indagini
in profondità che potrebbero invece anche portare a ben altre conclusioni.