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VISITA GUIDATA

Il testo di questa visita guidata può valere sia per chi di Castel Seprio già conosca storie e problemi, sia per chi invece non ne conosca nulla e si trovi di primo impatto a osservarne rovine e monumenti.
Per i primi qualche notazione sarà pur superflua e ripetitiva, ma non al punto di tediarli senza aver dato ai secondi brevi ragguagli storici o d’altro genere che risultano indispensabili.

 

TRA RUDERI E MONUMENTI

Castel Seprio - La Casa dei Custodi del Parco Archeologico
Castel Seprio - la Casa dei Custodi

Per chi intendesse compiere una capatina programmata a Castel Seprio, è consigliabile anzitutto chiedere informazioni alla Casa dei Custodi del relativo "Parco archeologico" (Soprintendenza Archeologica della Lombardia) per accertarsi bene degli orari e delle modalità di visita ai principali ruderi e monumenti. Lo stesso dicasi, in particolare, per il complesso di Torba (Fondo Ambiente Italiano - F.A.I.).

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Giunti in paese, la zona archeologica si raggiunge prendendo prima la strada subito a destra della Parrocchiale e poi, al primo bivio, quella di sinistra. Il percorso, attorno ai chilometro e mezzo, in lieve salita per tre quarti, si effettua facilmente in venti minuti a piedi, tre - quattro in automezzo.

Sino a metà circa di questo percorso, sono visibili sulla destra ormai solo esigui resti del grande fossato periferico meridionale che nel XII - XIII secolo difficoltava, con altro posto a settentrione, l'avvicinarsi al borgo e alla rocca di Castel Seprio. Purtroppo sono oggi in via di graduale, sempre più esteso interramento.

Nella seconda metà del percorso, questi resti, più evidenti e continui, passano sulla sinistra, accompagnandosi al bordo di una fitta zona boschiva; mentre sull'altro lato si apre a un certo punto il cosiddetto pianoro del Ronchèe, ora ridotto a gradoni dallo sfruttamento agricolo, già stato teatro in età medioevale di ripetute fazioni armate e in particolare nel 1276 di una dura battaglia.

La villa-cascina omonima, non offre grande interesse; salvo sorprese che potrebbero aversi nel caso di eventuali scavi circostanti, essendo la sua una posizione che dominava il castello e che, stando ad alcuni ruderi ed ai resti di un non lontano fossato, sembra possa essere stata in passato almeno in parte oggetto di particolari attenzioni.

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Poco più avanti, al fondo di una breve discesa, ci si viene a trovare esattamente laddove la tradizione indicherebbe essere esistita una porta del borgo.

Subito prima, sul lato destro, una forra prende a scendere verso la valle Olona, che, non visibile a causa del bosco, è ormai quasi sul nostro fianco.

Sul lato sinistro, superato l'inizio del grande fossato che ci ha sin qui seguito nel salire verso la zona archeologica, una carrareccia si incassa entro un solco del terreno possibile residuo di un tratto del fossato proprio del borgo.

Ora si entra nell'area di Castel Seprio borgo, tutto un susseguirsi di tumuli sotto a cui, soffocati dal sottobosco, si celano rovine inesplorate.

Forse, appena sulla sinistra, certi particolari del terreno riscontrati alla fotografia aerea sono da riferire per la loro forma all'abside e a una parete di certa chiesa di S. Lorenzo, che sappiamo essere esistita a Castel Seprio, ma non si sa dove; altri, sulla destra, prossimi ad un'area che la tradizione chiama Pasquèe, si riferiscono certamente ad altro grosso edificio crollato.

Un po' più avanti ancora, sulla sinistra di nuovo, ormai in vista della Casa dei Custodi del Parco archeologico, altra carrareccia scompare entro un'accentuata ruga del terreno.

Chiamata dalla tradizione locale via romana, per probabile corruzione di un antico toponimo che doveva essere via arimanna e che ci porta nella prima età longobarda, questa carrareccia, in ogni caso, è traccia di una vecchia strada che uscendo dal borgo recava dritto a occidente in direzione di Carnago, dove nel XVI secolo fu trasportata la sede plebana di Castel Seprio.

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Giunti alla Casa dei Custodi della zona archeologica, accanto a cui esiste possibilità di parcheggiare qualche automezzo, è opportuno soffermarsi davanti a una mappa, affissa al muro sotto il portichetto, per rendersi ben conto, prima di iniziare la visita, dell'ubicazione del borgo rispetto alla rocca e rispettivamente di quest'ultima rispetto alla valle Olona, nonché per riflettere un istante sulle origini e le vicende del luogo.

Noto forse già in età tardoromana come piccolo semplice posto militare di segnalazione situato lungo un itinerario che univa in sostanza Como a Novara, il luogo si sviluppò in vero e proprio castrum, o recinto fortificato, sul finire del V - inizi del VI secolo, cioè in età goto-teodoriciana, per essere poi elevato sotto i bizantini a centro di un distretto che, sfruttato anche dai longobardi ed infine dai franco-carolingi, fu alla base del Contado del Seprio della piena età medioevale.

Andato gradualmente scadendo da un punto di vista militare, sino a ridursi ad un grosso puro abitato, il vecchio castrum, restato tale solo di nome, nel XII secolo, dopo la conclusione delle lotte fra i liberi Comuni lombardi e il Barbarossa, passò a Milano, che lo restaurò e rivalorizzò.

Sinché, rimasto coinvolto nei conflitti fra le fazioni che si contendevano il potere in tale città, dopo ripetuti assedi, assalti, battaglie sotto le mura, venne preso a tradimento, nel 1287, e distrutto, assieme al borgo nel frattempo sortogli accanto, tanto da divenire in pratica una gran cava di pietre cui, sino al secolo scorso, usarono attingere per bisogno tutte le popolazioni dei dintorni.

Solo i luoghi sacri che vi si trovavano poterono trovare scampo in quella distruzione, ma per andare tuttavia essi pure in rovina, chi già molto per tempo, chi meno, chi meno ancora.

La gestione e valorizzazione dell'area archeologico-monumentale è oggi della Soprintendenza Archeologica della Lombardia.

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L'itinerario di visita, che se ben fatta non dura meno di due ore, può iniziare o rivolgendosi per primo ai ruderi della rocca, o viceversa al monumento più celebre del luogo, S. Maria foris portas, a secondo del prevalere dell'interesse del visitatore. Più consigliabile è comunque attenersi al primo giro.

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Ecco così subito presentarcisi il complesso di ruderi costituenti quella che era la porta del vecchio castrum e successivamente della rocca medioevale.

Al di là di tracce di un muro e di un varco che nel XII - XIII secolo la cerchia del borgo possedeva in questo punto, si hanno i resti di alcuni pilastri. Sono molto irregolari, e reggevano certamente un ponte ad assito gettato su di un fossato ricavato, sempre nel XII - XIII secolo, coll'abbassare una selletta sita fra le convergenti estremità di due rami delle forre che circondavano il pianoro di Castel Seprio. Infine, oltre questi pilastri, appaiono alcune misere tracce, come di uno sporto semicircolare delle mura della rocca, nel quale si aveva appunto il varco di entrata o di uscita.

I ruderi di questo sporto non fanno curva simmetrica nelle loro metà rispettive. La parte destra ha difatti un andamento più curvilineo di quella sinistra, evidentemente rifatta, e forse in modo affrettato, a seguito di un crollo verificatosi in età molto tarda.

Dentro il giro dello sporto, che possiamo immaginare dovuto a un mezzo torrione tondo, forato dalla porta e aperto verso l'interno, vengano peraltro osservate alcune grosse pietre giacenti a terra, elementi certo riutilizzati di costruzioni più antiche, e che, ritrovandosi pure in tratti vari del circuito di mura, e della torre centrale del castrum come nel torrione di Torba, valgono a definire coeve tutte quante queste opere e a datarle per vari motivi verso la fine del V inizi del VI secolo, cioè all'epoca goto-teodoriciana.

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Proseguendo ora verso destra, si inizia la visita al circuito di mura di Castel Seprio sinora messo in luce, accompagnati da piccoli cartelli che indicano volta a volta il punto in cui ci si trova.

Fattasi ben attenzione a non scambiare per ruderi alcuni cumuli di pietre di riporto incontrabili lungo il cammino, avanzeremo dapprima per un sentiero aperto lungo il presumibile decorso della cerchia fortificata che da queste parti doveva pur correre, ma di cui non si vede traccia, forse perché stata completamente spianata nel 1287, oppure perché asportata sino all'ultimo sasso dagli spogliatori di materiale che si accanirono subito dopo su Castel Seprio, oppure ancora, più probabilmente, perché sepolta a mezza costa del valloncello sul cui bordo si procede.

A un certo punto ecco tuttavia apparire sulla sinistra i resti escavati di una abitazione, durata, forse, attraverso una serie di rifacimenti e ristrutturazioni, dall'età longobarda sino alla distruzione del castello.

Sembra constasse di alcuni locali posti sui due lati di un cortile, che per qualche periodo non è escluso possa anche essere risultato coperto e trasformato in una ampia sala. Tutto attorno vi sono altri miseri resti in attesa di essere esplorati e valorizzati.

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Più avanti, sul ciglio del declivio, si incontrano resti di una costruzione identificabile con una gran torre, il cui attacco col precedente supposto tratto di mura non è però più visibile.

Probabilmente questo attacco si aveva verso l'angolo esterno, che attualmente appare infatti crollato a valle con oltre metà della costruzione, causa smottamenti del terreno che già in antico ne compromisero la stabilità e che lungo l'intera cinta del castrum continuarono a rinnovarsi nel corso dei secoli e si verificano anche oggi.
Nella prima età longobarda tale crollo doveva comunque già essersi verificato da anni, tant'è che i resti della torre furono riadattati e sfruttati per allestirvi una dimora di cui restano ancora tracce in due pareti e nel basamento in ciottoloni di un palo centrale destinato a reggere la copertura.

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Proseguendo oltre, si comincia a seguire dall'esterno l'impianto della vecchia cinta muraria con torri che, da qui, si sviluppa per circa trecento buoni metri di cammino verso est, dapprima abbastanza decisamente, poi con una grossa ansa a sud.

Specie nel tratto iniziale, - cui sull'interno si accostano vari resti già messi in luce di un quartiere di abitazione - come in altro più avanti, la struttura, per quanto ridotta alle semplici fondazioni o poco più, appare integra, originale; in altri tratti mostra invece evidenti segni di riparazioni; e in altri ancora è quasi mancante o manca del tutto per cedimenti verso valle.

Non una torre, ad esempio, si è salvata dagli effetti degli smottamenti del pendio sul cui limite superiore sorgevano, risultando difatti tutte, dal più, al meno, rovinate in tempi diversi, disseminabili fra il tardo antico e il 1287, quando crolli e smottamenti del terreno si succedettero ormai senza più alcun rimedio.

A parte questo, vale la pena di notare il composito materiale di cui constano questi ruderi, segno della grande incetta che si dovette fare in antico per erigere le difese che stiamo ora visitando; e, in mezzo a tali materiali, i vari pezzi di recupero, del tipo già segnalato a proposito delle rovine della porta.

Venga d’altronde tenuto presente che il percorso che si sta effettuando risulti solo da un graduale voluto terrazzamento del declivio, molto ripido, che solo fino a qualche anno fa iniziava invece in più punti addirittura al piede della cinta. La qual cosa rende ragione di due fatti precisi: primo del perché ad ogni smottamento corrispondesse spesso un danno alle mura e alla torre a queste eventualmente soprastante; secondo, di come, in rapporto alla ripidità del pendio scontornato, la cerchia murata di Castel Seprio non avesse alcuna necessità di essere molto alta: quando infatti all'interno fosse stata anche solo di quattro - cinque metri di altezza, all'esterno con lo spessore che aveva, essa sarebbe giunta con tutta facilità sui cinque o sei.

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Arrivando sul pianoro, dopo aver abbandonato il tratto di mura sin qui veduto, ecco apparirci di fronte, a non molta distanza, le rovine di quella che dovette essere una grossa torre-dimora, databile genericamente al tardo antico ma stata certamente oggetto di restauri in epoca carolingia quando, rafforzata da due grossi contrafforti verso sud, divenne il punto forse più fortificato del vecchio castrum.

Chiaro è che, col trovarsi per tre quarti protetta dalla cerchia murata che da meridione le descriveva attorno la già ricordata ansa e con la possibilità di chiudere l'ultimo quarto verso nord a mezzo di un semplice sbarramento di palizzate, essa se ne trovava nella posizione più opportuna. Mentre si procede ora verso il centro dell'area archeologico-monumentale, trascorriamo per una radura che ci piace immaginare negli ultimi anni di vita del castello come il relativo campo d'armi. Delimitata sulla destra dal bordo del pianoro, coi resti delle mura che vi continuano a decorrere più o meno in evidenza, e sulla sinistra da una zona tutta ruderi, ancora in gran parte da scavare, questa radura si estende verso nord sino a una stradina e a una rete metallica ampiamente delimitante la zona monumentale della basilica di S. Giovanni.

Lasciamo sulla destra una vecchia costruzione rustica. Si tratta della Cascina Monastero o Cascina del Diavolo. I due nomi derivano dall'essere stata forse in origine un convento degli Umiliati divenuto sul finire del XV francescano, e in seguito anche l'isolato rifugio di un monaco eremita; ma anche per una vecchia leggenda che favoleggerebbe di un patto stipulato fra il Demonio appunto e Guido da Castiglione, ultimo signore di Castel Seprio a proposito di certo passaggio segreto, poi divenuto per quest'ultimo, nella tragica notte del 1287 in cui Castel Seprio fu distrutto, una oscurissima trappola senza uscita. Si veda in proposito: "I racconti di Torba"

Destinata ad ospitare un antiquariun locale, questa costruzione contiene, ad ogni modo, i resti di una cappella dugentesca con piccola abside rettangolare decorata da pitture della fine del '600.

Scontornato l'edificio dal lato orientale, si arriva all'inizio di un tradizionale sentierucolo attraverso cui sarebbe possibile raggiungere, giù in valle Olona, il complesso di Torba, parte integrante, in origine, delle fortificazioni di Castel Seprio, ma di poi, staccatesene, diventato sede nell'VIII secolo di un convento femminile benedettino durato sino al sec. XV.

La discesa, cinque minuti, è oggi in certi punti malagevole, ma ha il pregio di far comprendere come una quasi ininterrotta bastionatura di puddinga, decorrente a mezza costa lungo i fianchi della valle, facilitasse da oriente le difese del castello, che infatti, nel corso della sua storia, non ebbe mai a subire da questo lato il minimo attacco.
Ma rimandiamo a dopo questa deviazione su Torba, cui del resto, tornati a Castel Seprio paese, si può anche accedere per una comoda strada carrozzabile. Proseguiamo, quindi, la nostra visita ai monumenti del pianoro.

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Davanti, subito al di là della rete di recinzione già accennata, si hanno i ruderi della chiesa di S. Paolo, che vedremo poi più da vicino. Poco oltre, sulla sinistra, appaiono invece i resti messi in luce di un ambiente che doveva appartenere a ben più vasta costruzione, intravvedibile sul retro e sul fianco, adattata e riadattata più volte nel tempo, sino ad essere ancora in uso negli ultimi giorni di vita del castello. Da numerosi resti di piombo fuso reperitisi a un certo livello durante gli scavi di sterro si è anche pensato che in questo ambiente possa aver trovato sede per qualche tempo un'officina. Interessante è anche qui il largo uso nella muratura di materiali di reimpiego e in particolare quello usato per la soglia che recherebbe le scannellature di una complicata porta di chiusura.

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Pochi passi ancora e, varcato un cancello, ci si trova di fronte a quanto rimane oggi della locale vecchia basilica plebana di S. Giovanni Evangelista. Scampata con tutti gli edifici sacri di Castel Seprio ai famosi tragici giorni del 1287, caduta in semiabbandono, privata del titolo plebano che fu portato a Carnago, infine abbattuta per ricavarne sassi, attorno al 1850, questa basilica constava di una grande aula che stando alle descrizioni di vecchi documenti, doveva essere divisa in tre navate e dotate di un'abside terminale centrale preceduta da un presbiterio delimitato da plutei, uno dei quali è oggi conservato nel non lontano Museo di Gallarate.

Che il battistero di cui restano i ruderi in capo alla navata settentrionale abbia preceduto l'abside è dimostrato dell'appoggiarsi questa ad un lato dello stesso e dall'avervi qui essa abside una mancanza di finestre che appaiono invece nell'altra metà del suo arco.

Per quanto assegnata come abside ai primi dei VII secolo e come battistero a non dopo il V secolo, la datazione definitiva di questo assieme è comunque ancora da assodare, non potendosi escludere da certi indizi che in suo luogo sia esistito qualcosa di precedente e che almeno parte di quanto esiste ora sia d'epoca ben più tarda di quanto sin qui pensato.

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Le rovine del battistero che consta fosse dedicato al Battista, e che era ottagonale, aperto verso la basilica da occidente e con un'absidiola verso oriente, offrono a vedere, in particolare, accanto ai resti di un fonte a pozzetto sempre ottagonale, le fondazioni di una vasca a vera di pozzo, destinata a raccogliere l'acqua per il rito.

Per una migliore visione dell'assieme, è consigliabile, più che affacciarvisi direttamente dall'estremità sinistra della basilica, uscir fuori dal perimetro di quest'ultima per raggiungere il battistero da settentrione.

Avviandosi verso questo luogo si ha anche la possibilità di osservare sulla sinistra una larga area, ricchissima di rovine più o meno da escavare, che costituisce il punto cruciale della zona archeologica essendosi qui forse avuto il primo modestissimo impianto militare tardo-romano, precedente il sorgere del castrum vero e proprio, e comunque in età medioevale una complessa zona abitativa.

Vale la pena in ogni caso di dare uno sguardo ai resti del più orientale di due edifici qui esistenti, uno di fronte all'altro, chiamato, a ragione o a torto, Casa dei Canonici; nonché di fare una capatina alle sue spalle, verso nord-est, per vedere da vicino sul bordo del pianoro, l'impianto di una torre che, con altra più a ovest, apparteneva forse alla fase precedente lo sviluppo del castrum tardo antico.

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Ritornati al battistero e passati oltre andando a sud, ci si trova sul retro dell'abside maggiore del S. Giovanni, dove, per lunghi secoli si ebbe un cimitero, denunciatoci da sepolture di varia epoca, reperite difatti su più strati e al di sopra di una fossa-focolare trovata in profondità, attribuibile ai primi tempi di vita del castrum.
Di livello originariamente inferiore all'attuale questo punto del pianoro dovette del resto venir innalzato gradualmente da trasporti di terra, per elevare il piano dell'abside in via di costruzione, per allestire il cimitero stesso e via dicendo.

Richiamano comunque l'attenzione i resti di due grandi sepolture d'epoca carolingia, costituite da lastre tombali, a leggero spiovente, il cui colmo è scolpito a croce in foggia di spada; e rispettivamente i ruderi di una scalea semicircolare di pressappoco analoga data che dal canto proprio, si accosta al basamento di una grossa torre quadrata, in origine eretta a scopo difensivo, ma più tardi, in età carolingia, probabilmente, trasformata in torre campanaria della vicina basilica.

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In corrispondenza dell'angolo sud-occidentale di questa torre, entro le cui murature numerosi pezzi di reimpiego valgono come già altrove a richiamarci come data di erezione la fine del V secolo - inizi del VI, i ritrovati resti di un pozzo perdente ci hanno dato una sequenza cronologica di sfruttamento che vanno dall'età gota a quella carolingia.

All'interno, invece, subito oltre lo stipite destro della porta d'entrata, una iscrizione graffita su pietra che sembrerebbe leggersi Eufemiae pare giusto richiamare la vicenda religiosa dei tre capitoli che nel VI - VII secolo ebbe a interessare il nord-Italia e i cui echi giunsero a Castel Seprio.

Completandosi il giro dei ruderi del S. Giovanni, sorpassata la torre, ecco infine gli imponenti resti di una grossa cisterna, la cui parete settentrionale, con l'imposta di una poderosa volta crollata, giace pressoché a filo sotto quella meridionale della basilica.

Questa cisterna è stato dimostrato da precisi scavi essere stata costruita dopo la vicina torre; e, rispettivamente, da considerazioni tecniche, prima dell'aula del S. Giovanni.

Interessante, nella relativa parete occidentale è la presenza di una porta murata dalla caratteristica foggia a fungo che richiama quella delle finestre ritrovabili nel torrione di Torba e in S. Maria foris portas, quindi uno stesso orizzonte di tempo costruttivo.

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Avviciniamoci adesso ai ruderi della chiesa di S. Paolo, ridotta praticamente com'è ora soltanto nel secolo scorso, al puro scopo di cavarne pietre.

Da vecchi documenti si sa che la chiesa, esagonale con un'abside a est, fatta forse costruire dai Conti di Castel Seprio tra XI - XII secolo e in ogni caso stata sotto il loro patronato anche dopo il 1287, era costituita da un vano centrale circondato da un deambulatorio, che reggeva a propria volta altro deambulatorio superiore, raggiungibile a mezzo di una scaletta ricavata nello spessore delle pareti nord.

Caratterizzata da murature di spessore veramente eccezionale, questo S. Paolo, ha fatto peraltro sospettare assieme ad altri dati documentari di essere sorto su di una precedente costruzione, i cui resti si troverebbero ancora in profondità, raggiungibili forse attraverso un misterioso andito del quale ancora oggi è visibile l'archivolto a fior di terra, lungo il lato nord-est. A meno che non si tratti di un artificio di restauro, risalibile ai lavori poco documentati eseguiti nei primi anni Cinquanta.

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Tornando verso la Casa dei Custodi per poi salire a S. Maria foris portas, si hanno ora sulla destra, prima di lasciare l'area del castello, vari resti, fra cui quelli di un pozzo e di un grossissimo muro a pettine, il quale ultimo pur spingendosi in profondità sul fianco, sembra però non facesse parte della cerchia fortificata vera e propria che doveva correre in questa direzione; infine, sulla sinistra, il complesso già visto della porta d'accesso alla rocca.

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L'ulteriore cammino oltre la Casa dei Custodi, verso nord avviene in piena area del borgo, tutta tumuli di macerie e ruderi sparsi un po' dovunque in mezzo al bosco circostante.

Dopo qualche passo, la strada si sdoppia: a destra scende in un valloncello naturale, il quale doveva servire anche da inizio del grande fossato che, nel XII secolo, difficoltava da nord l'avvicinarsi al castello; a sinistra sale invece verso S. Maria, avendo a meridione per circa un centinaio di metri, i resti di altro fossato artificiale, che separa S. Maria stessa dal borgo.

In realtà il limite dell'abitato di Castel Seprio dovette qui disegnare, almeno per qualche tempo, un angolo, in corrispondenza del quale la tradizione, oltre i varchi verso sud, verso la rocca, e verso ovest, già addietro indicati, ne porrebbe un quarto in direzione nord, cui il foris portas di S. Maria certamente si riferisce.

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Costituita da un'aula trilobata, preceduta da un atrio, S. Maria si presenta dal retro.

Orrendo è l'aspetto - il più noto purtroppo! - che offre da occidente, per via di un deprecabile gran arco di restauro in calcestruzzo costruito anni fa. Migliore, anzi suggestiva, è fortunatamente, la veduta dagli altri lati.

Accosto ad essa, da settentrione, si hanno tracce di un locale stato forse in origine ad uso xenodochi per viandanti, la cui area fu poi comunque occupata parzialmente da una gran tomba ritrovata in profondità già manomessa, sepoltura la più signorile di un complesso che ebbe a circondare tutta la parte occidentale della chiesa, atrio compreso.

Da sondaggi di scavi effettuati nell'area subito a nord di S. Maria pare peraltro che qui in epoca carolingia andasse momentaneamente sorgendo un piccolo nucleo residenziale e che forse allo stesso periodo possa farsi anche risalire certo fossato delimitante il tutto, edificio sacro compreso.

Girando attorno alla chiesa si osservino le finestre a fungo, le absidi, una sola della quali è originale. la centrale, mentre le altre due sono state ricostruite su fondazioni. Poco a sud-est i resti di una piccola sacrestia costruita nel Seicento.

Nell'interno la chiesa, se non tutta, doveva per buona parte essere anticamente decorata con pitture, di cui rimangono oggi, purtroppo, quelle sole dell'abside centrale.

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(N.d.R: per il dettaglio delle pitture, si veda lo specifico capitolo)

Svolgendosi su due fasce a rotolo, da sinistra verso destra e viceversa, queste pitture più o meno leggibili, descrivono, ispirandosi ai cosiddetti Vangeli apocrifi, l'infanzia del Cristo, con tratto deciso, forme nobili e raffinate, colore ricco e sapiente, eccezionale ricchezza di sfondi paesaggistici e architettonici.

Attribuite qualche anno fa, al VII secolo, e successivamente da vari critici d'arte vuoi al VI come all'VIII, al IX e anche al X, queste pitture sembrano oggi trovare i maggiori consensi per una datazione al tardissimo VIII - inizi del IX secolo e per una mano che ebbe a stenderle fortemente impregnata della miglior cultura di tipo costantinopolitano classico.

Quanto alla fabbrica di S. Maria, anch'essa datata inizialmente al VII, il problema è tuttora aperto. Certo è che molti sono gli elementi che farebbero pensare agli inizi del VI secolo, e cioè allo stesso orizzonte di tempo cui vanno ascritte e la torre di Torba e la grande cisterna presso S. Giovanni.

Esami scientifici eseguiti su alcuni materiali di cui consta l'edificio non hanno sinora fornito elementi validi a contrastare tale datazione.

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Ed ora rapidi, scendiamo a Torba e al suo complesso.

Non volendosi percorrere il tradizionale sentiero che si diparte da dietro la Cascina Monastero, si può raggiungerla con un automezzo, sempre in cinque - sei minuti, tornando a Castel Seprio paese, poi prendendo la strada per la valle Olona, e, giuntivi, prima di entrare in Torba paese, girare a sinistra e seguire un paio di cartelli segnaletici.

Proprio ai piedi delle rovine di Castel Seprio, Torba fu, come già detto, sede di un monastero benedettino femminile nato nell'VIII e durato sino alla metà circa del XV secolo. Divenuto da allora abitazione di contadini, il torrione, una chiesa e altre costruzioni che ne erano parte andarono gradualmente in sempre più grave rovina; fino a che, nel 1976, il tutto venne in proprietà del Fondo per l'Ambiente Italiano (F.A.I.), che ne ha curato salvataggio e restauro.

Lasciato l'automezzo in un parcheggio riservato, si compiono gli ultimi metri di avvicinamento a piedi.

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Interessiamoci anzitutto alla chiesa oggi detta di S. Maria di Torba, in realtà, forse in antico, dedicata a S. Raffaele.

Con un interessante abside ascrivibile al tardo secolo XII - XIII iniziale, questa chiesa ha un corpo ad aula rettangolare datata all'XI, da cui per mezzo di due simmetriche scalette, poste sui lati, si può accedere ai resti di una cripta posta sotto l'abside stessa. Sia l'aula che l'abside recano tracce di pitture.

Ciò che oggi vediamo dovette tuttavia risultare per sostituzione di altre fabbriche più vecchie. Nel proprio angolo sud-ovest, ad esempio, la chiesa attuale ingloba i resti di un piccolo campanile che da certi elementi può essere fatto risalire all'VIII secolo; mentre sotto l'attuale piano di calpestio, nel centro, si cela gran parte dell'impianto di una piccola cappella, quadrata, monoabsidata, che non ha peraltro nulla da spartire con la cripta ritrovata e che dovrebbe a propria volta essere molto antica.

L'indagine archeologica ha creduto indicare la cripta come parte di una antica chiesa poi sostituita dalla piccola cappella col campanile, infine dall'attuale fabbrica. Ma questa sequenza non convince pienamente.

Se il campanile, come sembra, è davvero delI'VIII secolo, e con esso la piccola cappella, la precedente chiesa con cripta dovrebbe infatti essere opera più antica. Può essere vero?

La chiave del problema sta senza dubbio nella datazione della cripta.

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E passiamo al torrione. Non senza, magari, fare una sosta al ristoro allestito nell'adiacente edificio, non ben databile ma antico.

Da precisi resti messi in luce, si noterà anzitutto come, scendendo a valle da nord-ovest, la vecchia cortina murata del castrum facesse capo al torrione che mostra ancora oggi una possanza inusitata. Il tratto da sud-ovest si trova invece conservato per buon tratto nelle fondazioni del vicino edificio.

Rafforzato verso l'esterno da poderosi contrafforti, questo torrione, verso l'interno del saliente, doveva peraltro avere, in origine, un sol varco d'entrata, che si trovava per difesa ad un'altezza di non meno tre - quattro metri dal suolo, successivamente annullati da ripetute frane del retrostante declivio: tant'è che attualmente a questo varco e alla camera inferiore che gli corrisponde si arriva scendendo qualche gradino.

Tale camera inferiore, munita di grandi feritoie verso valle, non è solitamente visitabile. Non è escluso che in profondità vi si possano trovare i resti di una cisterna o di un pozzo di cui doveva pur essere munita la sovrastante torre.

La camera al primo piano, vero accesso al torrione e notevole per i nicchioni e certi piccoli pezzi architettonici di reimpiego che appaiono nelle sue pareti, offre di interessante alcuni resti di pitture, attribuibili all'VIII secolo; degno di nota, nell'intradosso di una finestra, è il ritratto di una monaca dal nome non ben chiaro tracciato e in seguito trasformato da altra mano (casta Aliperga); nonché, poco distante un'interessante targa funebre, da cui si è anche voluto chiamare questo ambiente "camera delle sepolture", favoleggiandovi le tumulazioni dei Conti del Seprio

La camera al secondo piano, oggi raggiungibile dall'esterno, quando in origine lo era soltanto attraverso una scaletta di legno interna, presenta al contrario resti di pitture decisamente più imponenti, sempre dell'VIII secolo finale che interessano tutte e quattro le pareti dell'ambiente. Si hanno vari gruppi di figure; un Cristo Salvatore con la Vergine e gli Apostoli; Santi; offerenti; monache; un magnifico finto zoccolo, dipinto a marmi ricoperti da velari, da ritenersi in particolare, senza dubbio alcuno, il più bell'esempio in questo genere dell'età prima del Mille.

 

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016