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MURA E TORRI

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Le difese che Castel Seprio - rocca possedeva nella seconda metà del XIII secolo derivavano tutte da un recupero-rammodernamento, avvenuta circa un secolo prima, della cerchia murata superiore del locale castrum tardoantico. Quella inferiore o, meglio, quella del saliente che scendeva verso la valle Olona sino a imperniarsi sul torrione di Torba, già abbandonata a se stessa sin dall'età longobarda ed ormai completamente inservibile, non era stata in quell'occasione minimamente degnata d'attenzione.
Nel 1287, dopo il famoso decreto emanato da Ottone Visconti, queste difese peraltro vennero metodicamente distrutte: il che non significa spianate sino a terra, bensì solo danneggiate, ma in modo tale da non servire più a nulla. Come allora usava in questi casi, mentre la cerchia di mura venne cioè aperta in più tratti mediante una serie di brecce, ogni torre fu gravemente diroccata o resa pericolante. E, come già era avvenuto durante il suaccennato recupero-rammodernamento, anche durante quest'opera una particolare attenzione fu verosimilmente rivolta al tratto occidentale di cortina, quello verso il borgo, il solo da cui la rocca potesse essere assalita, epperció essenziale da munire appunto o smantellare.

Fuorché in quest'ultimo tratto, dovettero comunque allora restare in piedi ancora grandi rovine. Ma poi il luogo divenne una comoda cava di pietre per chiunque dei dintorni ne avesse avuto bisogno; ciò che spianò veramente al suolo tutto quanto non lo fosse già stato, a cominciare dal solito tratto volto ad occidente, il più a portata di mano per chi arrivava da fuori, per finire, una volta qui esauritasi ogni possibilità di raccolta, su tutto il resto della cerchia, che venne cosi quasi completamente a propria volta fatto sparire.

Le rovine di mura e torri oggi esistenti non rappresentano pertanto che le fondazioni o la parte più bassa della cinta tardo antica, essendone l'alzato, che era stato per lo più oggetto della ristrutturazione medioevale, andato del tutto distrutto per successivi crolli o spogliazioni.

Dei novecento metri circa di sviluppo di questa cerchia solo poco più di un terzo è comunque oggi stata tratta in luce, limitatamente a un tratto che dal varco d'accesso al gran recinto fortificato si sviluppa verso sud-est. Il resto, dal più al meno rintracciabile lungo tutto il perimetro del pianoro, giace ancora semisepolto dal terriccio e dalla boscaglia che lo celano al primo sguardo, facendolo ignorare.

Quanto alla cortina del saliente che scendeva a valle, dal presumibile sviluppo di altri seicento metri, in più ai resti dissepolti di due bei tratti siti a nord-ovest del torrione di Torba, in più a quest'ultimo ed in più ad altro lungo tratto perfettamente conservato e reperibile nelle fondazioni dell'adiacente ex-monastero medioevale, avanzano oggi solo alcuni ruderi affioranti qua e là per il declivio.

Precedute dalla soglia di un varco d'uscita dalle mura del borgo e dai resti di tre pilastri di un ponte, certo ad impalcato, molto irregolari e dissimili fra loro, probabilmente fatti e rifatti nel XIII secolo, le rovine della porta di accesso all'interno del castrum ci si presentano a guisa di sporto rispetto a un supponibile retrostante allineamento di mura, come se si fosse trattato di una mezza grossa torre rotonda, dal diametro sui quindici metri, aperta verso l'interno.

La parte destra dell'opera è senza dubbio la più antica, in grossi ciottoli legati da malta bianca, cristallina, durissima; mentre le parti centrale e sinistra, apparendo in pietrame più piccolo, meno curato, legato da materiale cementizio più scadente, e mostrandosi, oltretutto, asimmetriche rispetto all'altra, denunciano un rifacimento affrettato, verosimilmente seguito a un crollo di cui si ha ancora traccia subito davanti. Nel rudere non si ha segno di un piano del varco; ciò che fa pensare che questo si trovasse ad un'altezza maggiore e che il ponte antistante fosse quindi in lieve salita.

Sparse entro l'arco interno della rovina, molto interessanti risultano essere alcune pietre di evidente reimpiego, che si riscontrano anche in altri tratti della cerchia, nella torre centrale presso il S. Giovanni e in quella di Torba, e che hanno consentito per vari motivi di datare tutte queste strutture alla fine del V - inizi del VI secolo.

Queste rovine della porta oggi sembrano completamente isolate, essendone la cortina di mura che doveva arrivarvi sui due fianchi rimasta sin qui introvabile, forse perché appunto, come si diceva, prima largamente distrutta e poi spogliata più d'altre. Verso nord ci sono bensì i resti di un poderoso muro con contrafforti a pettine, che e improbabile appartenesse alla cinta. Verso sud occorre invece allontanarsi di una cinquantina di buoni metri (e ben oltre i resti dissepolti di una abitazione medioevale posta sicuramente entro le mura), per trovare finalmente le fondazioni di un torrione, che doveva esserne raccordato e fungere da angolo per la cerchia, franato a metà nella sottostante valle in seguito a cedimento naturale del terreno verificatosi già nella prima età longobarda; tant'é che si hanno segni di come fra i suoi resti venisse allora sistemata una rustica abitazione. Il lungo lato ancora esistente misura sui m. 11; lo spessore delle murature si aggira sui m. 1,80.

Proseguendo oltre, si hanno dapprima tracce di una piccola uscita praticata nella cinta murata, e poi un bel tratto rettilineo della stessa, dallo spessore attorno a m. 1,40, che giunge alfine contro altra torre quadrata. Più modesta della precedente, questa, con lati di circa m. 8,30 per m. 1,85 di spessore, appare pure crollata a valle già in età tardo antica, tanto che, anche qui, si sono trovati resti di un riutilizzo allora fatto della rovina.

Proseguendo ancora il muro gira leggermente e mostra punti evidentemente rifatti per antichi crolli causati sempre da smottamenti del terreno. Anche in questo tratto si vedono di tanto in tanto quelle pietre ben squadrate, dì varia foggia, servite da materiale di reimpiego per la costruzione del castrum. Con ogni probabilità, sempre per smottamenti dei bordi del pianoro lungo cui correva la cerchia, (i quali in realtà rappresentarono nei tempi il peggior nemico di Castel Seprio), ad un certo punto il prosieguo del muro scompare totalmente, per ricomparire poco più avanti e compiere un angolo retto verso meridione.

Poiché le torri reperibili nel tratto di cerchia sinora messo in luce sembrano succedersi ogni m. 30 - 35 circa, si può supporre che questo angolo corrisponda proprio alla parte interna di una di esse, crollata per il resto verso valle, come in fondo parrebbe potersi intuire anche da due simmetrici strappi nella muratura che precede e che segue.

In seguito, c'è un nuovo tratto ove le mura scompaiono; poi un gran cumulo di pietre, frutto di un poco avveduto riporto di materiali sulla linea di prosecuzione della cinta effettuato anni fa in occasione di uno scavo; poi ancora altro tratto a vuoto; infine una bella ripresa della cortina, di cui si hanno i resti fuori terra alti all'esterno in media m. 2.

E alla solita distanza di m. 30 - 35 dall'ultimo supposto luogo di una torre, eccone altra, al solito quadrata, messa a cavallo della cinta, dai lati sui m. 6, con mura sui m. 1,20. Anch'essa risulta totalmente crollata nella propria metà verso valle; e nella sua muratura offre la visione di tipici pezzi di reimpiego, come una cassetta funeraria liticea, rettangolare che presenta l'iscrizione Q. VIRI ONESIMI, posta come pietra d'angolo nello spigolo interno verso nord, mentre il relativo coperchio si trova nello spigolo opposto.

Nel tratto successivo di mura, l'opera mostra buoni pezzi di una risega ed anche un bel paramento, segnato da un sottile corso di frammenti di cotto: si tratta dei limiti, così segnati, di restauro integrativo e del consolidamento effettuato dopo gli sterri, in modo appunto da lasciare distinguere e vecchio e nuovo.

Altra torre quadrata si incontra alla solita distanza: è abbastanza simile alle precedenti e come esse risulta a metà crollata in valle. Dalle sue rovine venne tratta, all'atto dello sterro, una grossa ara votiva recante la scritta M. INTIUS (s) / OUF. MACER / MARTI MILITA RI / DIBUS DEABUS / V.S.L.M., pezzo anche questo di evidente reimpiego.

Il tratto che segue è il punto in cui la cortina mostra le tracce più evidenti di aggiustamenti o ricostruzioni avvenute nel tempo, e non sempre lege artis. Lo spessore del muro, anzitutto, che sin qui si è sempre tenuto sui m. 1,50 - 1,60, cala sui m. 1,10; poi, frutto di evidenti antichi restauri affrettati, diventa di m. 1,20, risultando peraltro costituito da due diversi strati verticali, l'uno accostato all'altro, il più esterno, verosimilmente costruito per controspintare il peso del più interno; poi ancora si rifà più regolare, sino a finire e confondersi coi resti di una ennesima bellissima torre d'angolo, quadrata, di m. 6,70 in media per lato, dallo spessore delle murature di m. 1,20, come sempre crollata a valle, ma qui forse per danni voluti. Vicino al suo angolo sud-ovest, a poca distanza da terra, è osservabile il solito pezzo di reimpiego consistente in un blocco di pietra iscritto dalla lettura più o meno facile a seconda delle condizioni di luce: SE. PULLURIUS. LABEO. DE (sua pecunia).

La cortina continua da qui verso nord mostrando sulla linea di crollo la poderosità del proprio spessore; poi prosegue lungo il bordo del pianoro in un succedersi di resti ora più ora meno visibili e importanti. Notevoli per la struttura che lascia intravvedere nicchie e feritoie, sono i blocchi di crollo finiti poco sotto l'inizio del declivio, in zona dovutasi fortemente insabbiare ad evitarsi smottamenti del terreno che qui appunto compromisero la cortina fortificata.

Retrostante a quest'ultimo grande tratto ad ansa della cinta murata si trovano infine i ruderi quadrangolari di una torre-dimora di m. 17 per m. 12 di lato circa, con murature perimetriche sui m. 1,50 sostenute verso sud da due poderosi contrafforti. Databile genericamente al tardo-antico, contraffortata più tardi, scavata nel secolo scorso (quando da essa furono tratti, pare, marmi iscritti, fregi e forse anche un torso di statua), questa torre, ridotta ormai a zero, è stata oggetto negli scorsi anni di un certo restauro, ma attende ancora oggi di essere studiata a fondo.

Sul limitare nord del pianoro, verso est e verso ovest, due altre torri, quadrate, di cui si hanno appena le fondamenta o poco più, dai lati fra i m. 7,70 - 7,85 e dalle belle murature spesse sin m. 1,90. sembrano anch'esse sorgere discoste da quello che doveva essere qui lo sviluppo della cinta di difesa; ma non sono certamente coeve della torre-dimora, appartenendo forse ad una fase anteriore al vero sorgere del castrum, quando cioè in luogo è possibile sorgesse qualcosa di molto più semplice, tipo postazione militare tardoromana di segnalazione

Un ultimo cenno, peraltro, meritano gli svariati resti di mura che dal pianoro del castrum e dalla cinta di questo scendevano a valle per costituire il saliente di Torba. Sono tutti in attesa di essere dal più al meno valorizzati. Più in particolare: un buon tratto ad oriente della Cascina S. Giovanni; altro con una torre d'angolo, messo in luce a nord-ovest del torrione stesso di Torba; altro, poderoso e scavato fino all'immorsatura con quest'ultimo; ed infine altro ancora, bellissimo, conservato nelle fondazioni medesime dell'antico convento qui un tempo esistente: una breve digressione per vederlo da vicino può valere la pena.

 

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016