Piambello
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MONTE PIAMBELLO

Visita effettuata nel settembre 2005

Il percorso che si snoda lungo le installazioni militari del Monte Piambello è forse quello che consente con maggior facilità di rendersi conto di quanto fosse impegnativo il lavoro compiuto per la predisposizione delle linee difensive.

Il merito, come per altre zone dei dintorni, va alle Comunità locali che hanno provveduto a ravvivare i luoghi ed a porli in sicurezza, in questo modo consentendone la visita anche ai meno preparati.

Non a caso il progetto di recupero è stato ispirato da principi di valorizzazione delle strutture in ambito turistico, offrendo quindi all’escursionista nuovi obiettivi da raggiungere dove non fosse solamente l’ambiente ed il panorama la principale attrattiva, ma vi fossero anche i ricordi storici a stimolare il viaggio.

Il paese di riferimento è Ganna, situato nell’omonima valle, a metà della strada statale che conduce da Varese a Ponte Tresa.

La zona è ben nota in ambito locale, non solo per la presenza di un piacevole laghetto, ma anche perché da tempo immemore è la meta preferita dei gastronomi per la classica gita fuori porta, grazie alla presenza di ristoranti rinomati per la loro cucina di piatti tradizionali.

Per questo motivo è possibile procedere all’escursione nel pomeriggio, ma arrivando però a Ganna in mattinata con la sicurezza di trovare un supporto adeguato per un buon pranzo. Del resto lo si smaltisce sicuramente nel prosieguo della giornata.

Nel frattempo, in attesa dell’ora di pranzo, una buona idea è quella di visitare la Badia di S. Gemolo, a poche centinaia di metri dal centro del paese, sulla strada che porta a Bedero Valcuvia. Il complesso monastico nasce circa nell’anno 1100 ed è riconoscibile dall’esterno per il campanile la cui costruzione risale al XII secolo. Del secolo XIII il suggestivo chiostro interno. Nella chiesa si sono conservate alcune pareti con affreschi di scuola locale del XIV e XV secolo.

Dopo aver pranzato, ci mettiamo in viaggio.

Per questa escursione e nella prima parte, la valutazione dei percorsi non è completamente riscontrata nelle mappe CTR Lombardia; ho rilevato notevoli differenze nei tracciati che non riportano in mappa alcune strade o, al contrario, che ne riportano certe ora interrotte.

Il percorso per il Monte Piambello inizia non appena superato l’abitato di Ganna, provenendo da Varese, dove sulla destra parte in salita una strada asfaltata con l’indicazione di Boarezzo.

Invece, per chi volesse salire a piedi partendo da Ganna, già in centro trova l’indicazione del sentiero europeo E1.

Dopo un primo tornante, percorso circa un kilometro dalla partenza si incontra un quadrivio; svoltiamo in salita a sinistra proseguendo per Boarezzo.

Giunti in paese seguiamo la strada indicata da un cartello direzionale di senso unico, sul quale è stata riportata la dicitura “Marzio”. Io, pensando che a Marzio non volevo andarci, ho preso a sinistra seguendo quanto indicato dalla carta CTR e mi sono trovato la strada sbarrata da un cancello; forte è stata l’attrattiva di imboccare una bella strada lastricata in salita che prometteva di portarmi nuovamente sulla “retta via”, ma la segnaletica me lo ha impedito. Ho scoperto in seguito che, se l'avessi percorsa a piedi, mi avrebbe portato all'interno del paese che propone scorci interessanti sulle vie "arredate" con affreschi di artisti contemporanei: un paese dipinto. Ma io ho fatto dietrofront e, a malincuore, sono salito per Marzio.

Usciti dal paese, dopo un breve tratto di circa 500 m., si trova il reale punto di partenza della strada militare per Piambello; è un buon punto dove fermarsi perché ricco di indicazioni e di cartelli informativi sulle postazioni della Linea Cadorna presenti in zona. Proseguendo diritti si andrebbe a Marzio percorrendo una strada che si riconosce come militare da un cippo posto sulla destra; oggi è perfettamente asfaltata.

Sulla destra si inizia a salire in direzione delle postazioni.

Dopo un primo tornante, al secondo si trova una strada che segnala il Villaggio del TCI. Vale la pena di sostare con la macchina (su quella strada è vietato l’accesso) e di procedere a piedi verso il villaggio. E’ un luogo ameno, immerso nel folto del bosco. La costruzione iniziale risale circa al 1920 e si è sviluppata nel tempo con l’aggiunta di vari corpi abitativi, i cui costi di costruzione e gestione erano coperti da lasciti di benefattori, soprattutto perché lo scopo era quello di ospitare gli orfani della guerra. Una lapide apposta sul montante di destra del portale d’ingresso riconduce a questo intento; l’iscrizione è stata cancellata, ma se ne può ricostruire il contenuto, seppur limitatamente ad una parte. Dove possibile, vi si legge:
LA PATRIA MADRE QUI’ ACCOGLIE
LE FANCIULLEZZE CHE SOFFRONO
PERCHE’ NATURA LE TEMPRI
AI FINI DELLA VITA IMMORTALI.
In seguito la gestione fu affidata al Touring Club Italiano, che ne ha fatto un Villaggio Alpino. Attualmente la struttura è chiusa ad ogni attività da circa vent’anni, ma è mantenuta in buone condizioni da un' opera di manutenzione periodica e da una custodia continua.

Ritornati alla macchina, riprendiamo la salita che ora necessita di attenzione da fuoristrada. Sino alla vetta, la strada si inerpica attraversando un folto bosco che aiuta a rinfrescare coloro che volessero affrontare l’ascesa con una mountain-bike nel periodo estivo.

Dopo aver percorso diversi corti tornanti, un lungo tratto diritto (con il monte a sinistra) ci conduce a quota 1.000 m. dove incontriamo un tornante a sinistra ed una zona di sosta con cartelli indicatori. Da questo punto parte una strada inerbata, di costa e piana, che conduce ad una postazione in caverna. Non entrate con la macchina perché non si può girare indietro; è un breve tratto di circa 300 m. da fare a piedi.

L’ingresso delle postazione della cannoniera sarebbe chiuso da un cancello, non fosse che qualcuno ha già provveduto a renderlo inservibile. Sulla sinistra dell’accesso principale si può notare un accesso pedonale. Sulla destra, in alto appeso ad un albero si nota un cartello con la scritta “Achtung Banditen”, che al tempo della Seconda Guerra Mondiale veniva posto dai soldati nazisti a segnare la presenza di partigiani da loro eliminati. Se sia un cartello originale oppure una burla originale, non ho potuto appurarlo. All’ingresso della caverna si possono notare i binari che servivano i carrelli di trasporto delle munizioni; i binari si estendono per tutta la lunghezza della caverna. All’interno, diversi ambienti sono predisposti per il posizionamento dei cannoni e la caverna è talvolta lasciata con la roccia viva.

Ritorniamo alla macchina e riprendiamo la salita.

Dopo un lungo tratto diritto, due tornanti corti ci portano ad incontrare, sulla sinistra, diverse postazioni di artiglieria semovente, con ricovero per uomini e munizioni, e percorsi di congiunzione protetti da lastre di cemento armato.

Siamo quasi in vetta. Prima di arrivarci, sulla destra troviamo le indicazioni di un sentiero che conduce a Cuasso al Monte nella zona dell'Ospedale.

Proseguiamo a sinistra e prima di arrivare alla méta troviamo, sempre a sinistra, una struttura diroccata, forse una casermetta, che intorno alle finestre porta i segni evidenti di impatto di proiettili di armi da fuoco. Non ho potuto appurare quale sia stato l’evento che ha causato tutto ciò.

Oggi però, acquattato e ben celato da una cisterna per l’acqua, ho incontrato un nemico silenzioso, ma per nulla pericoloso se lo si lascia al suo posto.

Finalmente in cima, ci accoglie una postazione “in barbetta” (foto 1 - foto 2), cioè a cielo aperto, di vaste dimensioni che serviva all’installazione di tre cannoni semoventi. Ora ospita invece uno strumento decisamente più pacifico: un impianto di radiotrasmissione alimentato a pannelli fotovoltaici. Nelle mura di perimetrazione sono ricavate diverse nicchie per la raccolta delle munizioni. Sulla destra si trova un cippo con l’incisione XXVII OTTOBRE. Che sia un “memento” per la ritirata di Caporetto?

Da questo punto si godrebbe un panorama ineguagliabile, non fosse che in quel giorno settembrino la foschia era più simile ad una nebbia, e così non ho potuto documentarne la bellezza.

 

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Ferruccio C. Ferrazza
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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016