RODERO
(visita effettuata nel settembre 2006)
Premessa
La ricerca delle postazioni della Linea Cadorna è stata relativamente
facile, forse anche a motivo del fatto che la Regione Lombardia ne ha fatto oggetto di uno
specifico progetto teso alla rivalutazione dei sentieri e delle postazioni come méta
turistica. I comuni posti a confine con il territorio elvetico hanno aderito e così, come
abbiamo visto e mostrato nelle nostre esplorazioni, hanno illustrato ed indicato percorsi
e luoghi, facilitandone l'accesso e rendendolo quanto più sicuro possibile.
Per questo motivo sono rimasto particolarmente incuriosito dal fatto che
vi fosse una zona "vuota", rilevabile dall'assenza di notizie documentali, quasi
che la Linea Cadorna non fosse stata tracciata su quei luoghi.
E' una parte piuttosto ampia del confine, e si estende da Clivio a Cavallasca.
Questa situazione mi è apparsa quantomeno strana, sopratutto se si considera che si
tratta di un'area a forma di penisola che si protende in territorio italiano con la sua
punta estrema un chilometro più a sud del valico di Gaggiolo, in un punto di congiunzione
triplice tra il territorio della provincia di Varese in comune di Cantello, quello della
provincia di Como in comune di Rodero e la Svizzera.
Anche uno stratega militare più che dilettante, quale mi ritengo, sarebbe in grado di
comprendere quale pericolo si annidi in una simile situazione geografica ed orografica.
Altrove ho detto di aver bandito dal mio vocabolario la parola "impossibile"
avendola sostituita con "improbabile", ma in questo caso sono stato molto vicino
a risvegliare il termine e ad attribuire "impossibile" al fatto che la Linea
Cadorna non avesse postazioni in questa zona.
Per me era diventata una forma maniacale di ricerca, una monomania,
vissuta nella certezza di poter trovare quello che ho tenacemente ipotizzato non solo che
vi fosse, ma anche dove fosse.
Ho cominciato quindi nell'inverno scorso a studiare la zona ed ho
identificato Ròdero come probabile candidato per un'esplorazione dai risultati positivi.
Ho percorso con la mia jeeppina le strade del paese e sin dalle
prime domande con i rari passanti incontrati per caso (giornata freddissima e tetra) hanno
cominciato ad emergere le prime notizie, forse pervase da qualche reticenza indotta dal
mio essere "alieno" alla comunità.
"Forse...", "Ho sentito dire...", "Il nonno ne parlava..."
Ormai però era fatta. Qualcosa c'è. Ma non ero ancora in grado di
sapere dove.
Orgoglio represso
Fantasia esuberante ed incontrollabile.
Ho rimandato l'esplorazione all'autunno; atmosfere tranquille, tepori,
colori caldi.
Il riposo e la socialità dell'estate portano le persone ad essere ancora aperte al
colloquio, prima dei rigori invernali che chiudono usci e menti.
Ed eccoci arrivati.
Le postazioni di Ròdero
Il paese di Ròdero, in provincia di Como, non è facile da individuare
sulle carte stradali. Ha vicini più conosciuti che ne offuscano, e talvolta cancellano,
il toponimo; primo fra tutti Cantello, famoso per gli asparagi e per le relative
preparazioni culinarie.
Anche i roderesi sono pochi: un migliaio circa di abitanti registrati in anagrafe.
Piccolo anche lo spazio a disposizione: due chilometri quadrati.
Un paese piccolo, insomma.
Ma vedremo che questo è relativo alle dimensioni, ma non ai fatti
storici che ne hanno segnato il passato.
Dai combattimenti contro gli austriaci dei garibaldini agli ordini del generale Medici (di
cui si parla) alla posizione strategica occupata dalla Linea Cadorna (di cui nessuno
parla).
Per arrivare a Ròdero possiamo scegliere; provenendo da Varese
dirigendoci verso Malnate e poi per Cantello, provenendo da Como salendo verso Bizzarone e
poi per Valmorea.
In realta' se è giorno di festa, nei mesi estivi e di primo autunno,
possiamo anche sfruttare la riattata ferrovia "della
Valmorea" per viaggiare in modo diverso e sicuramente divertente. Originariamente
questa strada ferrata percorreva tutta la valle fluviale che si estende dalla località
Santa Margherita di Bizzarone fino a raggiungere Castellanza con partenza dal territorio
svizzero a Mendrisio.
Volontari ed appassionati hanno ripristinato parte del percorso, ora percorribile da
Mendrisio sino a Cantello a bordo di un treno d'epoca trainato
da una locomotiva del 1910 appartenente al Club del San Gottardo di Mendrisio.
La stazione principale
del percorso si trova proprio nella valle che divide il territorio di Valmorea da quello
di Ròdero.
Un vero e proprio viaggio nella storia per scoprire la storia.
In qualsiasi modo siamo arrivati a Ròdero, non è facile trovare il
luogo dove si trovano le postazioni.
Cerchiamo il Municipio e percorriamo la via lasciandolo sulla sinistra.
Raggiunto l'incrocio con le indicazioni per il Colle
di San Maffeo, non prendiamo quella direzione ma proseghiamo diritti.
Se siamo sul giusto percorso incontriamo una piazza con un lavatoio di recente
costruzione.
Proprio qui ho avuto la fortuna di incontrare il più informato e nutrito gruppo di
roderesi, a perfetta conoscenza dei punti dove si trovano cunicoli e gallerie, tuttora
oggetto delle loro frequenti visite (anche se non ne conoscono la storia): i ragazzi della
scuola media.
Con alcuni di essi e con i loro genitori, che ci hanno dedicato con massima dedizione e
cortesia parte del loro tempo libero festivo, abbiamo potuto iniziare l'esplorazione.
Un raro colpo di fortuna.
Ripartiamo dalla piazza del lavatoio.
Qui un ampio parcheggio ci consente di lasciare la macchina; non abbiamo molto da
percorrere a piedi.
Procediamo diritti salendo verso destra; percorsi un centinaio di metri, prendiamo a
sinistra dove un muraglione di cemento protegge la strada.
Un altro centinaio di metri e ci troviamo all'imbocco del sentiero che entra nel
bosco.
Per chi usa il GPS portatile, ci troviamo, con le tolleranze del caso, alle coordinate UTM
E493251 N5074705 della zona 32T (WGS84).
Percorsi pochi metri nel bosco raggiungiamo un bivio dove già si
rilevano alcuni elementi tipici delle strade militari dell'epoca: un paracarro ed i resti
della lastricatura.
Ancora più interessante, sulla sinistra, un cippo con scolpiti i
caratteri D M. Normalmente questi cippi indicano una strada militare. In questo caso, pur
essendo estremamente probabile che la lettera M sia per "militare", non saprei
attribuire correttamente la lettera D.
Peraltro un volo di pura fantasia (e se non lo fosse?) mi porta a pensare che sia
un'iscrizione romana, dove nei cippi si usava DM per significare D(iis) M(anibus)
per dedicare agli Dei Mani oppure D(ecumanus) M(aximus) a delimitare il Decumano
Maggiore; ipotesi molto intrigante ed affascinante che, proprio per questo, non mi sento
di escludere completamente, vivendo nel sogno fantastico dell'esploratore...
Proseguiamo diritti, cioè sulla via destra del bivio.
Pochi metri ancora e ci troviamo in una piazzola per postazione
d'artiglieria, tuttora perfettamente riconoscibile nella struttura a fossa rotonda
protetta da muri semicircolari di contenimento.
Se ci portiamo al centro, potremo notare sia a destra che a sinistra gli accessi a cunicoli di
collegamento e di ricovero per uomini e munizioni.
L'esplorazione di questi percorsi coperti richiede molta cautela ed
idonei strumenti di protezione; queste strutture si trovano in completo stato di abbandono
e potrebbero cedere facilmente alla corrosione del tempo, sia quello del calendario sia
quello metereologico.
E' quindi indispensabile dotarsi di una lampada e di un caschetto, procedendo sempre con
particolare attenzione sia a dove si posano i piedi sia a quanto ci sta sopra la testa.
Difficile farlo contemporaneamente se si procede speditamente ed a tentoni.
Non dimenticate che nei periodi estivi potreste anche incontrare un nido d'insetti, per
esempio calabroni o vespe, appesi al soffitto; colpire la loro abitazione significherebbe
trovarsi in un bel guaio.
Inoltre l'altezza dei cunicoli è tale da non consentire di camminare eretti, tantomeno di
correre; gli stessi ragazzi
devono chinarsi.
Percorrere uno di questi cunicoli senza illuminazione e senza protezione alla testa è
assolutamente pericoloso per la propria incolumità.
Personalmente ho preferito tornare sul luogo in un giorno successivo alla prima visita,
portando con me le protezioni e gli strumenti del caso, oltre che un accompagnatore che
rimanesse all'esterno.
Fatto questo, entriamo nel cunicolo di destra.
Interessanti i sistemi di sostegno
della volta, con "portici"
laterali ormai invasi dal crollo del terriccio.
Al centro del reticolo si trova una sala con soffitto a volta,
probabilmente il vero e proprio ricovero per la truppa e per le munizioni.
Il percorso si snoda
all'interno della collina, frequentemente biforcandosi per poi uscire in punti diversi,
talora completamente nascosti dalla vegetazione, la più pungente che abbia incontrato.
Aggirandosi nei dintorni della piazzola si possono scoprire altre
uscite, frequentemente nascoste
dalla vegetazione e dai rovi, ma talvolta i cunicoli sono crollati e questo impedisce
di percorrerli per l'intera lunghezza.
E' possibile riconoscere anche percorsi scoperti,
completamente invasi dalla vegetazione e dal terreno trasportato dalle acque pluviali; non
è escluso che nascondano delle vere e proprie trincee con camminamenti protetti scavati e
lateralmente protetti.
Durante la mia esplorazione incontro gli ultimi fiori, che accolgono
nugoli di api, fortunatamente per me totalmente concentrate nel loro operoso lavoro.
E' da notare che questa zona del roderese ha avuto anche altre storie da
raccontare.
Proprio su questa collina, nel 1848, vi fu una battaglia tra garibaldini ed austriaci,
immortalata in un dipinto
che ora si trova nella sala consigliare del municipio di Cantello. Ma forse di questo
parleremo un'altra volta.
Magnifica esplorazione.
Il colle di San Maffeo
Se avete ancora un'oretta libera, prima che parta il treno oppure cali
il sole, vale la pena di visitare il colle dove si trovano due interessanti elementi della
storia di Ròdero: la torre romanica e la chiesa di San Maffeo.
Arrivarci, in questo caso, è facile; il paese è costellato di cartelli
indicatori ed uno di questi già lo abbiamo trovato all'inizio della nostra visita.
Seguiamo le indicazioni.
Il colle ospita le due strutture (chiesa e torre) ai punti opposti di un
piccolo pianoro, dal quale si può godere di un piacevole panorama della zona a sud verso
Milano.
La torre.
Non è facile trovare studi sulla torre, ma un'efficace
sintesi la estraggo da una pubblicazione curata con il patrocinio del comune di Ròdero;
si tratta del volume "RODERO - Il nostro paese" di Mariangela Sempio (2003) che
ho trovato in vendita nel Municipio.
Come ribadisce Anna Mazzola nel recente studio sulla torre roderese,
la posizione di quest'ultima era "di estrema rilevanza strategica, poiché il colle
di San Maffeo si pone come una specie di sentinella naturale della vallata che collega il
lago di Lugano con la Valle dell'Olona, dominando la via di penetrazione verso la
pianura". Da qui la continuità del suo uso dall'età tardo-antica fino al basso
medioevo. Di fondazione tardo-romana era il fortilizio comprendente la torre - che reca
almeno due incisioni dall'inequivocabile simbologia cristiana: la colomba e il pesce -
riutilizzato in età gota e bizantina, e poi in età longobarda, quando inglobò
l'oratorio di S. Maffeo.
Chi volesse approfondire può naturalmente ricorrere alla lettura del
testo cui si fa riferimento nella citazione stessa, e cioè "La torre di Ròdero ed
il colle di San Maffeo" di Anna Mazzola (Dialogolibri Olgiate Comasco - 1999)
Interessante il fatto che il basamento della torre abbia
una modalità di costruzione che lo diversifica dal sopralzo, probabilmente mostrando un
processo di costruzione progressivo o successivo dall'età bizantina all'età comunale.
Non manca anche qualche inserto
chiaramente contemporaneo.
Al centro
del pianoro una colonna ed un piccolo cippo.
Quest'ultimo porta un teschio scolpito, forse a ricordo di come vi fosse una radicata
tradizione di devozione ai "morti di San Maffeo", portatori di guarigioni
miracolose. Alla base
è inciso l'anno 1864, certamente a ricordo del centocinquantesimo anniversario della
ricostruzione della chiesetta che si trova nella parte del pianoro opposta alla torre.
La chiesa di San Maffeo.
La chiesa
come vista attualmente è frutto di notevoli ristrutturazioni, che nel tempo si sono
succedute; la prima registrazione documentale dell'esistenza risale al 1438. Abbattuta
l'originale e ricostruita a nuovo agli inizi del '700, venne intitolata a San Grato che si
ritiene protettore dagli eventi atmosferici, che in quei tempi sembra fossero di
particolare violenza. Una pietra
d'angolo porta inciso l'anno 1813, a ricordo dell'inizio dei primi restauri.
Si legge nel testo di Mariangela Sempio:
Nel 1713 durante i lavori di costruzione della chiesetta, secondo il Mattirolo si
utilizzò la torre vicina come "una comoda miniera di pietre lavorate", che
personalmente egli contò in numero di "duecentoquindici affioranti nei muri, chissà
quante altre furono inglobate nei muri o nelle fondazioni, e altre rilavorate devono aver
servito come stipiti di porte e dì finestre".
Riciclo molto frequente in tempi passati e che ha distrutto diverse testimonianze della
nostra storia. Nemmeno il Colosseo ne fu esente.
Curioso notare che la chiesa riporta in facciata non l'intitolazione a
San Maffeo, ma a Regina Angelorum, cioè Regina degli Angeli, con questo facendo
riferimento ad una statua lignea oggetto di particolare devozione, non solamente locale,
che si trova all'interno
della chiesa nell'abside dietro l'altare.
Nel già citato testo edito dal comune vi leggo:
La venerata statua della Madonna degli Angeli, rimasta nella chiesetta sino al 1939,
è opera di un ignoto artista locale e risale probabilmente alla fine del XVIII secolo. Il
manufatto ligneo, ricoperto di gesso e colla, ha dipintura a tempera e decorazioni auree
sul manto. Esso è stato sottoposto a restauro nel gennaio 2003 da M. Rita Cerioli. La
provenienza del simulacro rimane ignota, anche se potrebbe trattarsi di una statua già in
uso nella parrocchiale di S. Simone e traslata nella chiesetta sul colle nella prima metà
dell'Ottocento.