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IL MISTERO DELL'ULTIMA SANTA

Testi e fotografie di
Ferruccio C. Ferrazza
da una visita effettuata nel luglio 2007

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Il mistero dell’ultima Santa

Devo confessare che artatamente, come direbbero gli accusatori di legge, ovvero “con avveduta abilità”, come dice il dizionario De Mauro della lingua italiana, ho costruito un percorso di analisi che conducesse attraverso le diverse immagini fino a concludersi con questa di cui ora parlerò. Lo riconosco; una scelta più vicina alla letteratura poliziesca che a quella scientifica. I lettori mi scuseranno, ma quello è un genere che amo particolarmente. Tant’è che immagino misteri ovunque, anche quando non ce ne sarebbe alcun motivo. Lo si prenda come un divertissement. Però in questo caso…
Procedo come sempre.

(*)La figura impugna con la mano sinistra un bastone che termina con una croce, e con entrambe le mani trattiene con un laccio una bestia immaginaria, un drago. La didascalia, peraltro leggibile con difficoltà, ci informa che si tratta di Santa Margherita di Antiochia, conosciuta anche come Santa Marina. Il drago sconfitto e la croce astata sono gli attributi della Santa. E fin qui non ci sarebbe nulla di strano.

Durante una ricerca condotta sui testi che mi sono serviti quali riferimento storico ed iconografico sono attratto da alcuni indizi che mi portano a concentrare l’attenzione altrove; per me una situazione incontrata di frequente e che qualcuno chiama serendipità: cerchi una cosa e per caso ne trovi un’altra molto più attraente. In pratica, e nel caso specifico, ho trovato attributi più coerenti con una santa, che per ora mi limiterò ad identificare come Santa X.

Guardo dapprima la situazione raffigurata nel quadro, nel suo insieme. Cioè cerco di immaginare quali siano le azioni compiute, che compie o che compirà la Santa.
Indubbiamente la sconfitta della bestia è il punto cruciale della scena.
Nel Catalogus Sanctorum, testo di cui ho già riportato brani, alla voce relativa a Santa Margherita trovo la scena descritta e leggo, traducendo con libertà dal latino:

Ed ecco che le apparve un ferocissimo drago … che presto la inghiottì. Ma … la vergine … si munì del legno della croce e sventrò nel mezzo il drago e la vergine ne uscì illesa.

Non a caso la Santa è la protettrice delle partorienti, visto che lei stessa uscì dal ventre del drago, seppur in modo violento e con la morte dell’ospite, che poi si rivelò essere il Diavolo in persona.
Pongo a confronto, ricavandolo dello stesso testo, quanto si dice circa un drago attribuendo l’episodio a Santa X. Leggo:

In quel tempo vi era … un drago, per metà animale e per metà pesce, … aveva denti aguzzi come pugnali. … (Santa X) gli mostrò la croce del Signore … lo rese docile come un agnello e lo legò con la propria cintura, così’ che il popolo lo uccise lapidandolo.

In aggiunta, un altro testo “d’epoca” mi informa che il drago era “cornuto da ogni parte della testa”.

A me appare di tutta evidenza che la raffigurazione della bestia si adatta a pieno alla descrizione dell’episodio come emerge dal testo relativo a Santa X: l’occhio da pesce, i denti aguzzi, la testa coronata di corna ed anche l’essere vivo e vegeto, quantomeno momentaneamente. Il drago di Santa Margherita era morto sventrato, quando lei ne uscì.

Pongo a confronto anche le due diverse voci di un testo inglese del ‘800, dove si sviluppa un inventario delle rappresentazioni dei santi e dei loro attributi; parlando di Santa Margherita si dice che il drago è rappresentato “trafitto ai suoi piedi” mentre per Santa X si dice che è “al guinzaglio della sua cintura”. Che nell’immagine sia raffigurata una cintura e non una catena lo intuisco facilmente dal fatto che prosegue sull’abito della Santa avvolgendola sotto il seno.
Identica situazione è descritta in un coevo e similare testo francese.

A questo punto ritengo sia giunto il momento di rivelare chi sia Santa X, e lo faccio riportando in originale un testo che ho già utilizzato in questo lavoro. E dico anche: guarda caso!

E così perseverando la detta sposa e cara ospita di Iesu Cristo, Marta, predicando e facendo ogni giorno miracoli, li popoli vennono a lei dicendogli come appresso a uno fiume, il quale si chiamava Rodano, in uno bosco tra Arelate e Vignone, era uno grandissimo dracone, il quale era più grosso che uno bue, e più lungo che uno cavallo, e aveva li denti acuti e taglienti come una spada, ed era cornuto da ogni parte della testa, il quale stava nascosto nel fiume, e tutti quelli che passavano erano morti e mangiati da lui, e faceva sommergere di molte navi. Il qual dracone era venuto per lo mare da Galacia in Asia, generato da uno serpente aquoso e ferocissimo, e da uno altro animale, il quale si chiamava Omaco, il quale, nasce in Galacia; il qual serpente gettava il suo sterco come se fusse una sagitta per lungo spazio, e ciò che toccava abbruciava a modo di fuoco. Al quale serpente la innocente Marta, fedelissima sposa di Iesu Cristo, essendo pregata dalli popoli, andò armata del segno della croce, e portando dell’acqua santa accompagnata dalle sue dilette discepole e figliuole e da grande moltitudine di gente. E pervenendo nel bosco, li popoli, impauriti per lo detto serpente, avevano paura di andare più avanti; ma la innamorata e innocente Marta, fedelissima sposa del vero agnello, con le sue dilette figliuole, sicuramente procedendo nel bosco, trovorono il serpente che mangiava uno uomo; al quale appressandosi la fedelissima Marta, gli mostrò la croce e poi gli fece lo asperges con l’acqua santa, e così per virtude divina diventò tutto mansueto, e perdette la sua ferocitade. Per la qual cosa la pura ed innocente Marta, pigliando la sua coreggia con la quale ella era cinta, la misse al collo al detto serpente, ed alli popoli che erano venuti con lei lo fece poi ammazzare con lance e con sassi e con altre arme, tenendo lei sempre la coreggia in mano.

Si tratta proprio del testo del ‘400 che riporta la leggenda di Santa Marta scritta dall’Anonimo autore.

Una confusione del pittore? Un errore del committente? Una libertà artistica?
Oppure un gioco voluto, un messaggio arcano e multiforme? Forse proprio per stimolare chi guarda l’immagine ad operare nuovi collegamenti e connessioni, oltre il classicismo dell’iconografia conosciuta.

Per me, un affascinante mistero.

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016