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LA PARETE DI SINISTRA

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Nella parete di sinistra abbiamo modo di constatare facilmente come le strutture applicate nell’ammodernamento rinascimentale abbiano letteralmente tranciato i quadri pittorici dell’originario impianto medievale, rendendone impossibile la lettura; per un verso le lesene verticali e per l’altro le discese appuntite dei sostegni di volta hanno fatto scempio delle memorie del passato più lontano. Sono superstiti i frammenti d’immagine che testimoniano di uno sfarzo demolito, occluso, cancellato, definitivamente perso, ma sui quali ancora vive il segno dell’artista, dove io non rilevo altro di leggibile se non un “de tirano”, e del suo tempo, simboli che ci riportano indietro nei secoli: siamo nel 1472.
Però da questo insieme pressoché illeggibile, e forse proprio per questo motivo, emerge con una sorta di prepotenza figurativa il ritratto di un santo. Il suo sguardo, che l’artista ha reso leggermente strabico, ci osserva con un velo di rimprovero, ma la sua mano ci benedice, tollerante dei nostri comportamenti terreni. Al polso ha legata una campanella, nell’altra mano regge un argenteo bastone pastorale; questi due elementi farebbero riconoscere in lui Sant’Antonio abate, cui la chiesa è peraltro specificamente dedicata, anche se è più conosciuta come “chiesa del Santo Crocifisso”. Certo è che questa immagine racchiude in sé alcuni aspetti che mi suscitano curiosi interrogativi. La configurazione, fosse effettivamente quella del Santo, sarebbe più unica che rara. Per prima cosa è da rilevare che in tutto il territorio bormino non vi sono immagini di Antonio (e moltissime se ne trovano anche in affreschi murali, dei quali tratterò ben presto) dove sia rappresentato con la calvizie ed il capello nero; è sufficiente aggirarsi per questa chiesa per averne una conferma, seppur numericamente limitata. Normalmente è raffigurato con una pur rada capigliatura e con una folta barba, entrambe di colore candido. In secondo luogo il bastone; questo dovrebbe avere una caratteristica specifica, come è normalmente riportata nelle pitture di ogni epoca, che è costituita dalla parte superiore a forma di T. Non solo, ma nei rari casi in cui il bastone termina, come in questo caso, con un prolungamento di un quarto di cerchio, antica simbologia del drago crestato, lo è per sostenere la campanella appesa. Pur non essendo possibile vedere in questa immagine altri se non il nostro Sant’Antonio, tuttavia è da considerare che ci troviamo di fronte ad un raro esempio iconografico, soprattutto se correlato con la tipologia narrativa proposta nell’ambito territoriale.

Continuando il percorso sulla parete, questa termina oltre la porticina laterale d’ingresso con la parte inferiore di un affresco che raffigura la crocifissione del Cristo, la cui immagine però è praticamente inesistente. Pur in un disegno piuttosto ingenuo, dove le proporzioni dei singoli componenti del corpo umano non sono rispettose della realtà, per contrasto il panneggio degli abiti mostra un risultato assolutamente pregevole, in particolare per Giovanni che sembra realmente vestito di raso vermiglio. La rappresentazione scenica è classica; alla sinistra la Madonna implora e piange ed alla destra Giovanni è affranto dal dolore. Ma osserviamo nel dettaglio il volto della Madre; notiamo come le lacrime siano poste in evidenza con un colore scuro. Viene da pensare che l’artista abbia voluto mostrare quello che avviene tuttora nella realtà, e cioè come le lacrime sciolgano i pigmenti con i quali le donne sono solite delineare il contorno degli occhi; una pratica millenaria testimoniata con ampia evidenza soprattutto dalle pitture e dai reperti lasciati dagli antichi egizi, e quindi sicuramente in voga anche nel nord africa palestinese ai tempi evangelici. E poi, osserviamo i piedi di Gesù; sono innaturalmente incrociati verso l’interno, ma non appoggiano su alcuna mensola, alla cui presenza invece farebbe pensare la postura e la piega del ginocchio, né tantomeno vi sono i segni del chiodo e della relativa perforazione. Forse che gli angeli, che si intravedono nella parte superiore del dipinto, stanno già sollevando il corpo per poi deporlo ai piedi della croce? Chi può dirlo. Una curiosità che ci rimarrà per sempre, la cui soluzione è scomparsa nel vuoto nulla creato dal rinnovato grigiore di un intonaco, suo malgrado, irriverente.

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Ferruccio C. Ferrazza
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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016