Scene di vita
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SCENE DELLA VITA DEL SANTO

 

E Sant’Antonio? In fin dei conti la chiesa è a lui dedicata. Allora è giunto il momento di guardarci attorno. Quale migliore collocazione se non le pareti dell’abside per illustrare la vita del santo. Ci troviamo con scene che suscitano decisamente un sentimento di profonda simpatia per il pover’uomo. Da una parte lo vediamo preda della disperazione mentre viene bastonato da una schiera di immondi e mostruosi diavolacci; ma l’Eterno lo assiste e lo sostiene nella sua battaglia di fede per la sopravvivenza. Dall’altra una leziosa fanciulla lo tenta ai piaceri della carne, ma la preghiera consente al santo di riconoscere il demonio della fornicazione in quelle vesti, o per meglio dire in quegli artigli che spuntano al posto dei piedini leggiadri che ci si aspetterebbe di vedere. È da dire che quello delle tentazioni di Sant’Antonio è un tema largamente trattato da pittori di tutte le epoche; nei miei ricordi in particolare vi è il quadro di un artista del ‘400 che sin da quando ero fanciullo mi impressionava con quelle sue scene che trovavo sulle enciclopedie: Hieronymus Bosch. Tremende le sue realistiche visioni di corpi ignudi crudelmente torturati dai diavoli.

Ma di gran lunga più interessante è il terzo ed ultimo riquadro. Il protagonista della storia sembrerebbe essere Sant’Antonio, come abbiamo avuto modo di constatare negli altri due. In realtà si tratta della completa e fedele illustrazione di tutto quanto riportato nel capitolo XV dell’opera duecentesca di Jacopo da Varagine, la ben nota Legenda Aurea, punto di riferimento assoluto per ogni artista del sacro dal Medioevo in poi; il caso vuole però che il capitolo sia interamente e specificatamente dedicato alla vita di San Paolo eremita. Per descrivere il percorso di lettura dell’affresco che stiamo osservando userò quindi lo scritto di Jacopo (nella traduzione di Lucetta Vitale Brovarone edita da Einaudi nel 1995), adeguatamente sfoltito e ridotto laddove ho posto i puntini.

XV - SAN PAOLO EREMITA
Paolo fu il primo eremita, come dice Gerolamo che ne scrisse la vita.
Nel tempo in cui infuriava la persecuzione sotto Decio imperatore, Paolo si ritirò in un eremo in pieno deserto, e vi trascorse sessant'anni in una grotta, senza che nessuno avesse notizia di lui

Antonio credeva in quel tempo di essere il primo fra i monaci ad avere scelto la vita eremitica, quando gli fu rivelato in sogno che la qualità della vita eremitica di un altro era superiore alla sua. Lo cercò nella boscaglia: là incontrò un ippocentauro, mezzo uomo e mezzo cavallo, che gli indicò di seguire la via verso destra. Gli venne poi incontro un altro animale che portava dei frutti di palma; davanti aveva forma d'uomo e dietro di capra. Antonio lo pregò in nome di Dio di dirgli chi fosse, e quella creatura rispose che era un satiro, un dio delle selve, secondo le false credenze dei pagani.

(Paolo) aveva sbarrato la porta. Antonio lo pregò di aprire, dicendogli che non se ne sarebbe mai andato, e che piuttosto sarebbe morto li. Vinto dalle sue preghiere Paolo gli aprì, e subito si abbracciarono. Avvicinandosi poi l'ora del pranzo, un corvo portò una doppia razione di pane. Antonio rimase molto stupito, e Paolo gli spiegò che ogni giorno Dio gli faceva avere in quel modo il suo pasto, e ora che c'era un ospite, aveva raddoppiato la porzione. Nacque una santa lite su chi dei due fosse più degno di spezzare il pane: secondo Paolo l'ospite, secondo Antonio il più vecchio. Infine entrambi allungarono la mano e tenendo il pane lo divisero in due parti uguali.
Sulla via del ritorno, mentre Antonio già stava avvicinandosi al luogo dove abitava, vide degli angeli che portavano via con sé l'anima di Paolo; allora ritornò velocemente sui suoi passi e trovò il corpo di Paolo in ginocchio, in atteggiamento di preghiera, tanto che sembrava ancora vivo. Ma resosi conto che era davvero morto, Antonio disse: “Anima santa, hai dimostrato con la tua morte quello che fu la tua vita!”.
Ma Antonio non aveva nulla per scavare una fossa e seppellire Paolo; quand'ecco che vennero due leoni che scavarono la fossa e, dopo che fu sepolto, tornarono nella boscaglia. Antonio prese la tunica di Paolo, che era tessuta di foglie di palma, e da quel momento la indossò nelle solennità.
Paolo mori verso il 287.

Non avessi avuto a disposizione il testo di Jacopo da Varagine, non avrei potuto apprezzare appieno questo particolare percorso di lettura, che seguendo un rigoroso movimento antiorario trasforma l’evolversi di un racconto testuale in una sequenza di immagini, quasi ci si trovasse di fronte ad una sceneggiatura cinematografica, un vero e proprio storyboard direbbero gli anglosassoni. Già, ma della vita di San Paolo eremita e non di Sant’Antonio, come verrebbe da pensare di primo acchito.

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016