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L'ARCO ABSIDALE
Siamo arrivati allarco absidale. Verso laula, ad angolo con la parete che abbiamo appena terminato di osservare, un riquadro mostra nella tecnica del disegno, nella pittura e nel contesto della scena un significativo ed evidente salto nel tempo. Il medioevo lo abbiamo lasciato, qui inizia il Rinascimento. E liconografia stessa che lo dimostra, con una più ampia libertà di rappresentazione rispetto ai rigidi e ripetitivi schemi dettati dai maestri del romanico. Non più cornici con motivi geometrici, ma contorni darchitettura che in tempi più recenti saranno identificati dal termine trompe loeil, come egregiamente esemplificato in questo affresco. Vi è raffigurato un episodio cardine, in assoluto il più conosciuto, della vita di Santa Caterina dAlessandria quando fu sottoposta ad una tortura tecnologica; una macchina, costruita appositamente per lo scopo, avrebbe dovuto dilaniarne il corpo per mezzo di ruote dentate poste in movimento opposto tra loro. Ma lintervento di un angelo rese vano limpegno dei carnefici; non solo, ma proprio fra costoro e tra i presenti linviato del Signore fece una vera e propria carneficina: la leggenda parla di quattromila morti. Caterina si salvò, ma fu una grazia temporanea e durò poco tempo; in breve venne decapitata. Nellaffresco, tra gli astanti che mostrano il terrore nello sguardo e nel volto, è interessante notare la figura sulla destra; calza un turbante, la mano sinistra sullelsa di una spada, con la destra volge lindice verso la Santa. Consideriamo come prima cosa che questo uso della mano e dellindice per portare lattenzione di chi osserva verso lelemento principale della scena, o comunque verso un particolare importante, ci conferma una collocazione temporale cinquecentesca. E poi valutiamo come probabile il fatto che il personaggio ritratto sia Massimino, cesare delloriente romano, che liconografia pone frequentemente in posizione di osservatore; fu appunto con costui che Caterina sviluppò tutta una disputa teologica sui valori del cristianesimo, scatenando con le sue parole lira dei sapienti pagani e la conseguente condanna a morte. È interessante notare come nel dipinto, anche per posizione, spicchi limpassibilità un po estatica che traspare dal volto di Caterina, forte nella sua convinzione cristiana e nella certezza dellintervento salvifico del suo Sposo, cui aveva votato lintera esistenza. Siamo così giunti nella zona più seducente sotto
laspetto pittorico; ogni superficie, piana o curva, è dipinta con colori vivaci che
compongono innumerevoli figure, cornici, nicchie, ritratti, effetti. Se alziamo lo sguardo
e osserviamo allinterno dellarco troviamo una sequenza di quadretti in ognuno
dei quali è racchiuso un volto, o per meglio dire, usando un gergo televisivo, un
mezzobusto. Fortunatamente per noi, grazie alla cura del particolare che
sicuramente il committente ha voluto dare nel complesso del messaggio storico, ognuno di
quei visi ha un nome, ben descritto in uno svolazzante festone. Nel semiarco di sinistra,
dal basso verso lalto, troviamo Eliseo, Abram, Balam, Iona e Davit; il semiarco di destra
inizia invece con limmagine di un vescovo per proseguire verso
lalto con Ezechiel, Daniel, Ierimia e Isaia. Purtroppo, come i lettori
avranno già facilmente constatato, i ritratti di Abram e di Ezechiel sono disturbati da
un malaccorto posizionamento di alcune lampade di illuminazione; un vero peccato. È
palese che non ci troviamo di fronte ad alcun problema di identificazione: si tratta di
profeti (anche questo è scritto). Diversa invece si presenta la questione se cerchiamo di
comprendere quali siano le logiche che hanno condotto a questa proposta di raggruppamento.
Proviamo allora a considerare separatamente i due semiarchi. Il gruppo composto da
Ezechiele, Daniele, Geremia e Isaia ha una valenza omogenea nel fatto che si tratta di
quelli che sono chiamati profeti maggiori; e ci sono tutti seppure non nella
sequenza canonica, che li vorrebbe in ordine di rappresentazione delle età
delluomo: Daniele adolescente, Isaia nel fiore degli anni, Ezechiele maturo e
Geremia vecchio cadente. Dalla parte opposta, invece, la situazione è di gran lunga più
complicata. Iniziamo col dire che gli altri cinque personaggi, pur essendo profeti, non
fanno parte di alcun particolare raggruppamento, ad eccezione di Giona che viene
classicamente inserito tra i dodici profeti minori. Inoltre è da dire che
Balaam è un personaggio molto discusso, talvolta denominato come profeta pagano, talaltra
come mago ed indovino, comunque rarissimo da trovare nella raffigurazione in teoria con
gli altri profeti. Personalmente non sono riuscito a scoprire un nesso qualsiasi da
applicare al raggruppamento di questo settore, se non un piccolissimo barlume didea,
ma tanto vago da essere sostanzialmente insignificante; e però la completezza
dellinformazione esige che ne riporti quantomeno lessenza. Esiste un antico
manoscritto, redatto dai monaci ortodossi del Monte Athos nel XV secolo, che formalizza
sia le tecniche sia i contenuti per dipingere le sacre icone. In questo si legge come
illustrare le genealogia di Gesù attraverso la rappresentazione di un albero, denominato
per questo albero di Jesse; e qui compare Balaam. Ma eccone lestratto: Visto che abbiamo cercato di costruire una sorta di convergenza simile a quella proposta dallalbero di Jesse, tanto vale se ne cerchi ora il completamento alzando lo sguardo al cielo. Ed ecco che scopriamo come si proceda effettivamente verso la massima divinità. Dapprima il Figlio che incorona la Madre, poi, sopra di loro, a concludere il percorso, il Padre. Leffetto sembra proprio che sia voluto e particolare. La figura dellEterno è posta sul soffitto dellaula, mentre quella del Salvatore con la Vergine è dipinta sulla parte superiore dellarco rivolta allaula. Questa visione deve però essere composta nel suo insieme e la si può valorizzare solamente se ci si pone nei dintorni del centro delledificio. Ad onor del vero, anche soltanto un anno fa (luglio 2007) tutto ciò non si sarebbe rivelato in questa completa e complessa organizzazione di immagini, perché proprio questa parte degli affreschi era ancora coperta da un più recente agnus dei e da motivi floreali, assolutamente ininfluenti ai fini di una corretta lettura del contesto iconografico, ed anzi la impedivano proprio. Talvolta, come in questo caso, il ripristino di un piano daffresco originario non porta soltanto a ritrovare un singolo ed isolato quadro depoca, ma bensì a rivelare un intero e ben più complesso progetto informativo. Dallalbero di Jesse, alla stirpe di Davide, al Salvatore. Ed ecco che il canone iconografico è veramente rispettato e completato, proprio secondo quanto consigliato dai monaci ortodossi di Monte Athos nel manoscritto che ho già citato e che qui mi piace riportare in quel significativo passaggio: Può capitare che si debba decorare di pitture una chiesa la cui volta sia a tutto sesto. In alto, in mezzo alla volta, fai il Pantocratore con un cerchio intorno. Verso oriente, sempre alto nel tempio, fai la santa Vergine: verso occidente, fai il Precursore. Dalla santa Vergine fino a Cristo, e dal Cristo fino al Precursore fai il cielo e, al suo interno, una moltitudine di angeli. Ai lati del cielo, fai i profeti e i patriarchi, verso nord e a mezzogiorno. Più di così non si potrebbe pretendere, qualcuno cè, qualcuno manca, ringraziando San Gervasio e San Protasio che, tenendosi ai lati, assistono alla scena; un tributo ai protettori di Bormio.
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