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Locarno e dintorni

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Mergoscia - La chiesa dei SS. Carpoforo e Gottardo
Mergoscia - La chiesa dei SS. Carpoforo e Gottardo
(fotografia di F. Ferrazza - 2011)

 

A Locarno nell’antica chiesa di Santa Maria in Selva, oggi adibita a cappella cimiteriale, ci sono notevoli affreschi di stile gotico internazionale del 1400, immagini di santi realizzate verso il 1480 da un maestro di Seregno (per le tipiche cornici eseguite per mezzo di sagome forate, trilobate e quadrilobate) e, sulla parete nord, entro una architettura di gusto rinascimentale, una Presentazione al Tempio, di “vivace colorazione”107, dell’ultimo decennio del ‘400 o dell’inizio del ‘500, riferibile ad Antonio da Tradate.
Il cartiglio contiene il Cantico del vecchio Simeone (“Nunc dimittis servum tuum…” Lc. II, 29-32), il Bambino è tenuto sospeso dalla Vergine e dal sacerdote sopra all’altare con allusione alla sua predestinazione al sacrificio (Lc. II,22-40): in questo modo sono raffigurati i tre temi della Presentazione, Purificazione e del Cantico di Simeone (“Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli”), che riconosce in Cristo la luce delle genti e la gloria di Israele.
Si pensa ad Antonio da Tradate, e alla sua operosa bottega di pittori vaganti, per la struttura delle figure, il loro mettersi in relazione e la loro descrizione (costumi profilati, damaschi a motivi a foglia di quercia).
Rispetto ai Seregnesi costituisce un elemento di novità il tentativo di visione prospettica dell’interno e i decori rinascimentali della struttura architettonica108.

Sempre a Locarno, nel museo civico, c’è un affresco tardo quattrocentesco di Madonna del latte della cerchia di Antonio da Tradate, proveniente da una casa d’angolo a sinistra dell’imbocco di vicolo dei Panelli109; mentre perduti sono gli affreschi, visti da studiosi dell’Ottocento, nel vecchio ospedale di S.Antonio, sulla cui facciata c’era un prospetto di finte arcate con, al centro, la Vergine in trono con Bambino ed ai lati i santi: Lorenzo (con devota), un Vescovo (con devoto), Bartolomeo e Vittore o Giorgio.
Tutte le figure erano su fondo rosso con riquadri verdi e azzurri: colori e schemi tipici della bottega di Antonio.
Nella sala superiore c’erano figure allegoriche al naturale, probabilmente la raffigurazione di mesi, sempre riferibili al nostro autore110.

A Muralto, centro di colonizzazione romana, oggi assorbito dalla città di Locarno, nella cripta della Collegiata di S.Vittore, posta sopra la stazione, verso nord-est, fondata in epoca protomedievale, documentata dal 1152 quale collegiata- cui si accede da due rampe di scale ai lati del coro, in una delle campate mediane, sulla volta della prima campatella ci sono quattro figure di santi affrescati attorno al ‘500 dal nostro artista: i manti damascati fanno pensare a lui111.

Ad Ascona nella chiesa Santa Maria della Misericordia, nella parete meridionale, divisa in tre ordini di affreschi, nella zona di mezzo, ci sono figure in finte arcate di S. Antonio abate e S. Romano e di una Madonna in trono con il Bambino leggente, del 1490, attribuibili ad Antonio da Tradate (nel listello bianco in alto si legge: ‘ A.D.[?]M cccclxxxx hoc opus antonius fil…82; ancora sua è la serie di sette figure del 1506, sempre sulla parete meridionale, disposte in finte arcate, talora abbinate, talora in singoli riquadri: un santo visto dal Rahn83, ora scomparso, i santi Antonio abate e Rocco, i santi Lucio84 e Antonio da Padova, san Rocco85, la Madonna in trono benedicente con Bambino e san Sebastiano; sono tutti dipinti devozionali, che nel listello riportano il nome del committente e nell’archivolto il nome del santo e che il Gilardoni trascrive.
Sempre ad Ascona, nella navata centrale della chiesa parrocchiale, un suo affresco databile tra il 1490 e il 1510, con la Madonna del latte in trono fra cinque santi (dovevano essere sei, tre su ogni lato) eretti ciascuno in una nicchia con sottarco decorato, in posizione frontale, san Sebastiano (frammenti) e san Rocco, a sinistra, sant’Antonio abate, tra un vescovo (S.Ambrogio ?) e un pontefice (S.Gregorio Magno?), a destra, strappati da una casa degli Abbondio86.

A Brissago sulla facciata dell’antica casa Borrani, poi Conti-Rossini, al culmine della “rampa” della via centrale, accanto alla porta di destra sono rimasti tre affreschi della fine del secolo XV attribuibili ad Antonio: due figure dell’Annunciazione (l’Arcangelo dal manto di prezioso broccato, di fiori di melograno e di foglie di quercia, e la Vergine colpita dai raggi appena leggibili della colomba dello Spirito Santo e circondata da realistiche notazioni d’ambiente- finestrella, tenda, inginocchiatoio, libro-, schizzate dal pittore come nature morte negli spazi liberi attorno al suo volto) chiuse negli archi di due edicole quattrocentesche in prospettiva che vorrebbero circoscrivere l’interno della casa di Maria e sant’Antonio abate con il campanello, con un cartiglio quasi illeggibile117.

A Losone in San Giorgio un altro ciclo di affreschi, in parte illeggibili, in parte murati, ma visti da studiosi dei secoli precedenti, sembrano segnare il punto di passaggio tra gli schemi compositivi dei maestri Seregnesi e quelli più innovativi di Antonio da Tradate, di cui si coglieranno gli sviluppi a Verscio e a Palagnedra97; notevoli, per l’eleganza e l’originalità delle forme, nelle vele della volta le figure simboliche degli Evangelisti
(fig.55 - fig.56 - fig.57 - fig.58).
Sulla parete settentrionale d’angolo della chiesa antica ci sono due frammenti di una Madonna in trono fra santi e di una Madonna del latte, simili agli affreschi di Verscio attribuiti ad Antonio da Tradate.

Affine alle immagini di Palagnedra e a quelle di Ronco, piccolo paese in posizione panoramica, sopra il lago, sopra Ascona, abitato per lo più da artisti, gia descritte, è il ciclo nell’antico coro della parrocchiale di Verscio, la chiesa di San Fedele77, al margine sud del villaggio, che nel medioevo era il centro politico ed ecclesiastico della vicinanza di Pedemonte, documentato dal 1230.
La chiesa, consacrata in quel periodo o nel secolo successivo (1356), restaurata tra il 1945 e il 1947, è una delle più importanti nei dintorni di Locarno, sia per gli affreshi tardogotici, sia per i rifacimenti di epoca barocca (1743-1748).
L’antico coro e parti della navata primitiva, oggi adibiti a cappella della confraternita, dedicata all’Immacolata, a destra dell’entrata principale vennero scoperti nel 1891 e restaurati nel 1941-1945.
Sulla volta del coro nella vela principale c’è la mandorla del Cristo Pantocratore sorretta dalle figure simboliche dei quattro evangelisti, nella vela a destra S. Agostino con Sant’Ambrogio, in quella a sinistra S. Gerolamo e S. Gregorio Magno, nell’altra Ascensione.
Sulle pareti frammenti di figure di Apostoli e rappresentazione dei mesi.
Nel sottarco trionfale ci sono medaglioni di tredici profeti con cartiglio e, nella parte inferiore, i Santi Sebastiano e Rocco e, nell’angolo di destra, S. Lucio vestito da pastore medievale, secondo la tradizione popolare.
San Sebastiano e San Rocco, con San Cristoforo protettori contro la peste78, sono tra i principali santi guaritori, molto popolari nel medioevo e in età rinascimentale; il primo (III-IV secolo) originario della Gallia e da principio rappresentato con la croce, la palma e la corona di gloria, poi come cavaliere con arco e frecce e, soprattutto in età rinascimentale, come un giovane legato e trafitto da frecce (immagine più diffusa), subì il martirio sotto Diocleziano, con il celebre e crudele supplizio; è ricordato per le guarigioni prodigiose; invocato contro la peste, perché aveva fatto cessare l’epidemia che aveva colpito la città di Pavia sotto re Gumperto; protettore degli arcieri, degli atleti, dei fucilieri, dei tappezzieri, dei vigili urbani, dei commercianti di ferro e dei fabbricanti di merletti79.
San Rocco (sec. XIV), venuto, secondo la tradizione, in pellegrinaggio da Montpellier in Italia, ove è tra i santi più venerati e oggetto di numerose leggende, prestò assistenza ai malati di peste e contrasse lui stesso il contagio, assistito da un angelo e da un cane che gli portava ogni giorno un pane.
E’ rappresentato in abiti da pellegrino, con bastone e conchiglia, accompagnato da un cane con in bocca un pezzo di pane e mostra una piaga sulla coscia; è festeggiato il 16 agosto.
E’ protettore dei pellegrini, dei viaggiatori, degli invalidi ed è invocato contro la peste, il colera, le epidemie, le malattie veneree, le malattie contagiose, le catastrofi naturali e le epizoozie80.
San Lucio di Cavargna, probabilmente vissuto tra il XII e il XIII secolo, pastore e casaro, è uno tra i ventidue santi di tale nome venerati dalla Chiesa Cattolica, presente nell’elenco dei santi della Biblioteca Sanctorum nel Catalogus Sanctorum Italiae e nel Martirologio.
Dalla Vita di san Lucio martire, pubblicata a Cremona nel 1861, apprendiamo che nacque a Cavargna, villaggio che prende nome dalla valle situata al termine del lago di Como, da una povera famiglia e che fu scacciato, perché dava ai poveri parte del prodotto del suo lavoro, non rubando il formaggio del suo padrone, ma,con il siero rimasto dalla casata, producendo della mascarpa, e poi ucciso, sul Passo che porta il suo nome, dal suo primo padrone, per invidia della sua buona sorte; incluso tra i martiri, anche se la morte non gli fu data in odio del Vangelo, né sostenuta in difesa della fede, perché, come sostiene San Tommaso, per il martirio basta soffrire in modo intrepido la morte per sostenere una delle virtù raccomandate da Cristo: ‘E’ vero che il barbaro omicida non lo uccise per odio contro la Fede, ma lo uccise per odio contro il suo santo operare, contro le sue massime, contro la sua carità […] siccome il Battista dicesi Martire dello zelo, della pudicizia Agnese, egli a ragione si può chiamare Martire della carità’.
La più antica rappresentazione di Lucio conosciuta (1280) è su un pilastro della cattedrale di S. Lorenzo a Lugano; è rappresentato anche negli affreschi (1448) di Santa Maria del Castello a Giornico attribuiti alla bottega dei Seregnesi, e ad Ascona, oltre che qui, in un dipinto murale, dell’inizio del XVI secolo, di Antonio da Tradate; è patrono dei casari, delle mandrie, dei pastori, dei poveri, delle buone condizioni meteorologiche e viene invocato per il buon tempo, contro la siccità, le alluvioni e la grandine81.

A Brione, nella parrocchiale di S. Maria di Loreto, gli affreschi del coro, perduti, erano, per i temi e lo stile, descritti dagli antichi osservatori, probabilmente del nostro maestro119.

A Orselina, nella chiesa di S.Bernardo, descritta nel 1596 dall’arciprete Banfi.”il luogo di Orsolina farà fuochi n.26, anime 104 ha una chiesa sotto il nome di s.to Bernardo d’una sul nave, soffittata di legname, capace per il popolo. L’altar maggiore è sotto volta; per anchona ha in pittura nel muro il Crocifisso con alcune figure decenti…”.
Il Gilardoni ipotizza che tutto il coro fosse dipinto dai soliti cartoni di Antonio da Tradate, visti anche dall’Archinti, che parla di “capella fornicata depitta” con,nella parete terminale, il “misterium Christi Crucifixi” (Ticinensia IV, 410), affreschi perduti112.

A Mergoscia, anticamente uno dei villaggi più isolati del Ticino, poiché solo nel 1900 fu resa carrozzabile la strada di comunicazione con Locarno e quella con la val Verzasca, costituito da quattro frazioni, Rivapiana, Brusada, Benitti e Lissoi, poste una sopra l’altra, tra vigneti e boschi di castagni, nella chiesa dei SS.Carpoforo e Gottardo, costruita su un terrazzo artificiale, documentata dai primi decenni del ‘300 e ampliata nei secoli XVII-XVIII, c’è un affresco tardogotico con la Madonna del latte fra i ss. Antonio Abate e Gottardo benedicenti considerato “tra i più belli dell’intera valle”113, per la vivacità dei colori.
Eseguito verso la fine del Quattrocento da un pittore della cerchia di Antonio, chiamato dal Gilardoni “Pittore delle Foglie di Quercia”114, per i motivi decorativi delle vesti dei suoi personaggi, si trovava fino al 1939 sotto il portico di una casa di Lissoi, ora demolita, e venne riportato per strappo nella chiesa, appeso alla parete destra della navata, per proteggerlo da un ulteriore degrado; è stato restaurato attorno al 1990.
L’Anderes sottolinea la bidimensionalità della composizione, “estremamente piatta, quasi fosse un tappeto”115.

A Contra nella chiesa di S.Bernardo si notano affreschi anticipatori del suo stile, dalle figure “corpose”120.

 

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Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016