Inverigo: il Castello

testo e foto di Ferruccio C. Ferrazza

(visita effettuata nell'aprile 2006)

 

Non fosse stato per la mia curiosità nel ricercare nuove vie di esplorazione, non avrei mai mostrato interesse per Inverigo, da me ritenuto uno dei tanti anonimi paesi della Brianza industrializzata, che da Milano ad Erba non mostra soluzione di continuità tra “fabbrichette” e villette che hanno divorato le morbide onde delle colline moreniche prealpine, una volta verdeggianti e rigogliose.
Una sorta di novello pirata vi ha nascosto uno scrigno con un piccolo tesoro, e poi ne ha informato il mondo telematico attraverso Internet, come peraltro fanno decine di migliaia di suoi “colleghi”. Si tratta del fenomeno del geocaching, di cui mi riprometto di parlare diffusamente in altra occasione.

Dovendo raggiungere un paese vicino, tramite il sito Internet dedicato agli appassionati del genere ho scoperto il nascondiglio celato in un vecchio muraglione di un castello di cui ignoravo l’esistenza, anche se la mia zona di residenza non è poi così distante da impedirmene la conoscenza ed inoltre la Brianza è meta frequente dei miei giretti a ruota libera.

L’indicazione diceva “Il viale dei cipressi” e le foto erano invitanti per le mie esplorazioni nei luoghi dove si respira aria di storie antiche.

Una volta impostato il fedele GPS sulle coordinate segnalate dal sito si può partire e godere di una piacevole passeggiata in tutta tranquillità.

Il paese di Inverigo si trova, praticamente, all’incrocio delle due direttrici stradali più importanti della Brianza: la Milano – Erba e la Como – Bergamo, molto facile da identificare e da raggiungere ovunque sia ubicato il punto di partenza. Se si proviene da Milano, passato Romanò e prima di Lurago, il luogo di nostro interesse si trova a destra, cioè verso est. E’ facilmente raggiungibile seguendo le indicazioni per il santuario di S. Maria della Noce.

In fronte al santuario transita la ferrovia ed un ampio spiazzo sterrato che la fiancheggia ci consente il parcheggio della vettura. In realtà ci sarebbe un cartello che segnala un divieto di sosta, ma è privo di indicazioni circa la specifica ordinanza comunale, e quindi mi azzardo a parcheggiare; peraltro l'area è completamente vuota.

Nel muro di sostegno del terrapieno sul quale scorre la linea ferroviaria trovo infisso un oggetto rotondo, di circa un metro di diametro; chiaramente una macina da mulino. Mi incuriosisce il materiale di composizione. Si tratta di un conglomerato di origine marina, che risulta diffuso in diverse cave della zona, a testimonianza del fatto che la Pianura Padana fosse anticamente il fondo di un mare. Talvolta vi si trovano addirittura delle conchiglie fossili. Nel percorso è possibile trovare diversi muraglioni costruiti con massi della stessa composizione.

Rivolgendo lo sguardo tenendo alle spalle la ferrovia, scopriamo il soggetto di cui parlava il “sotterratore di tesori”, cioè il “Viale dei Cipressi” che sale la collinetta sulla sinistra.

Ma sulla destra troviamo una costruzione altrettanto interessante. Attraversiamo un portico ed entriamo nella Piazza Mercato. Perfettamente tenuta e, probabilmente, ora restaurata mantiene comunque l’armonia secentesca degli arredi urbani. In quei tempi era il punto cardine per il commercio della seta, tanto che la piazza in realtà è anche conosciuta come “Mercato dei Bozzoli”.

Sul fondo della piazza è adagiata una pietra monolitica di ragguardevole lunghezza. Sulla superficie è possibile riscontrare diverse incisioni. Da un cultore di storia locale, conosciuto con la cortese collaborazione della direttrice della Biblioteca Comunale, sono venuto a sapere che si tratta della postazione all’epoca riservata agli stagnari, che usavano la pietra e le incisioni per stagnare gli oggetti in rame che poi venivano offerti in vendita sul mercato.

Il mercato era anche luogo di commercio residenziale; a dimostrazione è possibile notare alcune aperture che si affacciano sulla piazza e la cui struttura è tipica della bottega medievale, con la porta d’accesso e la piccola vetrina d’esposizione.

Sulla piazza si affaccia anche la chiesa del santuario di S. Maria della Noce, risalente al secolo XVI.

Nella “Storia di Inverigo” di Eugenio Cazzani si può leggere: “Il card. Federico Borromeo, nella Visita Pastorale ad Inverigo del 31 agosto 1606, si portò alla chiesa di S. Maria alla Noce..., che s'incominciò ad edificare il 2 giugno 1529, poiché, a quell'epoca, si asseriva che la Beata Vergine era apparsa sopra un noce; benché del fatto non esistano documenti, tuttavia, il miracolo è notorio perché ci fu sempre, per la venerazione di tutti, il culto a Maria.”
All’interno si trovano pregevoli dipinti, datati a partire dal 1400, come la “Visitazione della Vergine a Santa Elisabetta” del Crivelli, risalente appunto al secolo XV.

Usciamo dalla chiesa e dalla piazza attraverso il portico dal quale siamo entrati, ed incamminiamoci per il viale fiancheggiato dai cipressi.

Frequentemente se ne parla come del viale privato a cipressi più lungo tra quelli presenti in Italia: la parte che percorriamo sino alla cima della collinetta è lunga 400 metri. Alla fine, rivolgendoci a valle, abbiamo una completa visione sulla chiesa che abbiamo lasciato, e sulle colline circostanti. Sulle mura che contornano la zona del castello, una lapide ci informa sui motivi che hanno spinto il feudatario locale, Gian Battista II Crivelli, a costruire il viale. Costui volle agevolare la discesa verso la chiesa di S. Maria per coloro che abitavano al castello, ed essendo uomo pio ne fece una sorta di voto per propiziare il ritorno dei nipoti incolumi da una coscrizione bellica voluta dal Re di Spagna, cui il Crivelli dava onore.

La residenza dei Crivelli è attualmente in fase di restauro, e le strutture di sostegno ai lavori non lasciano intravedere nulla di interessante. Proseguiamo quindi in nostro percorso. Giunti al culmine del viale, giriamo sulla sinistra; siamo nella zona del Castello.

Affascina il palazzo che nell’ultimo ‘700 ospitò il Pretorio, in cui sono incastonate due finestre monofore di stile tardo gotico, con profilature in cotto. Di fronte, collegato con un ponticello, si trova la guardiola ottagonale dell’antico carcere. In questa zona è facile respirare aria di storia: le vie in acciottolato, il traffico inesistente, le costruzioni in pietra a vista ci riportano indietro nel tempo e ci consentono un’intima rigenerazione. Speriamo che la restaurazione in atto mantenga tutto ciò.

In fine, voglio ringraziare il personale della Biblioteca Comunale per la cortese ospitalità, per l’aiuto culturale e per il tempo che hanno voluto dedicarmi a supporto della mia ricerca di notizie che illustrassero questa mia esplorazione. Chiunque volesse approfondire la conoscenza di Inverigo, potrà trovare in Biblioteca diversi testi, dai quali io stesso ho attinto le brevi note che qui ho riportato.

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016