La facciata
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LA FACCIATA

L'Abbazia di Vezzolano - Facciata della Chiesa di Santa Maria
Ingresso e facciata della chiesa abbaziale di Santa Maria

 

Osservando gli elementi che compongono i diversi livelli ci si rende conto di come l'architetto abbia voluto rappresentare una sorta di gerarchia della sacralità cristiana, da Dio Padre al vertice per scendere sino al personaggio orante nella lunetta sopra il portale.
Molte sono peraltro le particolarità che attirano una visione più attenta e dettagliata.

Nella parte più alta, quella più vicina all'Onnipotente, due figure alate sormontano una ruota.
Queste sono state erroneamente descritte come "serafini" in diversi testi. E' da dire che non è per nulla raro che serafini e cherubini siano tra loro in qualche modo non solo confusi ma intesi l'uno per l'altro. L'unico elemento distintivo, però, che in assoluto può dirimere la questione è la ruota ai loro piedi, che come tale li identifica nei "cherubini". Molte le immagini iconografiche che ci vengono in soccorso, soprattutto quando si rifanno alla rappresentazione di un passo biblico del libro di Ezechiele dove la ruota è appunto protagonista assieme agli esseri alati. I più vicini a Dio, le molteplici ali, la ruota; ecco gli elementi convergenti.

Non siamo ancora entrati nella chiesa e già ci siamo trovati di fronte ad un interessante tema di discussione; chissà cosa ci aspetta in seguito?

Per esempio la diversità nella struttura delle colonne, che si presentano non solo cilindriche, ma anche a sezione poligonale; ma è solamente nel primo ordine sopra il portale che compare una colonna ritorta, un esemplare unico. Impossibile comprendere il significato di tale scelta, che sicuramente avrà avuto un valore nel pensiero dell'architetto. Quasi mille anni ci dividono dalla trasmissione del suo messaggio, ormai irreparabilmente dissipato nel trascorrere del tempo.

Un altro interessante aspetto decorativo è proposto dagli inserti di bacili, una pratica rara nel nord, ma più diffusa nel sud, cioè in quelle zone che hanno permeato la propria cultura con quella dei conquistatori mori. Normalmente sono di materiale ceramico e policromo ed appunto di provenienza moresca; il ponente ligure ne mostra alcuni esempi in provincia di Savona, dove a Noli ebbi modo per la prima volta di ammirarne gli effetti sulla chiesa di San Paragorio, costruzione coeva con questa che stiamo visitando. Qui possiamo osservare tre di questi bacili, verde smagliante quello centrale, disposti simmetricamente in una zona rettangolare suddivisa dalla presenza di due raffigurazioni di angeli armati di spada. Probabilmente lo scopo di questi inserti era quello di creare alcuni punti di riflesso della luce del sole, che per l'orientamento dell'edificio s'illuminano con i toni più caldi nel medio e tardo pomeriggio, ed in questo modo producono effetti particolarmente suggestivi.

Prima di varcare la soglia della chiesa possiamo scoprire un altro particolare molto singolare inserito tra gli elementi scultorei che si presentano nella lunetta che sovrasta il portale d'ingresso. Qui, pur nella consunzione data dal tempo alla pietra di base, una morbida arenaria, è facilmente distinguibile l'immagine classica della Vergine assisa in trono con la colomba, rappresentazione dello Spirito Santo, che le insuffla il proprio afflato ispiratore. E' l'immagine che richiama la dedicazione dell'edificio sacro, Santa Maria di Vezzolano. Due le figure di contorno: alla sinistra vediamo un angelo che regge un libro il cui testo, definitivamente perso, ci avrebbe potuto aiutare nella sua identificazione; alla destra un personaggio tiene in mano il copricapo che si è tolto in segno di riverenza. Se volessimo inserire l'immagine sulla linea temporale della storia della Vergine, qui ci troveremmo oltre la sua morte; è la Regina incoronata che ci viene presentata dopo la sua assunzione in cielo, peraltro tema ricorrente nella maggior parte delle immagini presenti nel complesso. Questa immagine della Madonna, sola e senza il Bambino, la mano alzata, è del modello iconografico più antico, quello che addirittura fa risalire queste raffigurazioni alle proposte di San Luca che la tradizione vuole abbia ritratto la Vergine "dal vero"; tra le figurazioni mariane questa forma iconografica viene chiamata "Aghiosoritissa" proprio per il fatto che l'immagine dipinta da Luca era conservata, assieme alla cintola lasciata durante l'assunzione al cielo, in un sacro sacello che in greco si definisce appunto "aghia soros", ma ancor più interessante, nel nostro caso, è il fatto che questa impostazione è anche chiamata "dell'intercessione", atto che appunto sembra svilupparsi e richiamarsi nel complesso generale della scena. Ma ecco altri affascinanti particolari che si possono scoprire solamente con un esame dettagliato della scultura; sulla corona e sul fermaglio a chiusura del mantello si trovano due monili composti da ovali in materiale traslucido difficile da identificare a distanza, ma di significativo effetto. Due gioielli per rendere la raffigurazione la più degna possibile del soggetto ritratto. Ed a corredo, sia del trono che dell'intero ambiente, le pigne, antichissimo simbolo di origine orientale, fors'anche un po' pagana, per significare la fertilità, la resurrezione e l'immortalità.

Forte quindi in facciata il segno di un'attiva influenza della Chiesa d'Oriente e delle relative tradizioni.

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016