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LA SPOSA DEL FALEGNAME

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Anche questo affresco è di difficile lettura, sembra comunque di dovergli riconoscere una certa importanza almeno sotto l'aspetto documentativo.

Si trova sulla facciata della casa attualmente di proprietà di *** a Bolladore e potrebbe forse essere un '700.

Al centro sono ben individuabili la Madonna con il Bambino e, a lato, s. Antonio da Padova e s. Clemente; più difficile da identificare invece il personaggio in ginocchio a sinistra della Madonna, a meno che si tratti di s. Giuseppe.

Sull'anta sinistra, invece, è narrata la leggenda di s. Eligio.

Una cosa che merita di essere conosciuta.

Eligio era un maniscalco buono, onesto, retto, ma alquanto presuntuoso. Un difetto questo che rende antipatici a Dio e agli uomini.
Un vero peccato, perché, se non fosse stato per questo, Eligio sarebbe potuto essere un santo; così invece qualche anno di purgatorio, dopo morte, non glielo avrebbe levato nessuno.
E a Gesù questo spiaceva, tanto che un giorno chiese il permesso al Padreterno di poter fare una capatina sulla terra per tentare di correggerlo.
Riuscito a fatica a farsi assumere come garzone, per qualche giorno Gesù stette ad osservare il maestro, poi quando questi ritenne che fosse sufficientemente maturo per incominciare a fare da sé, si mise all'opera, e, siccome non c'era verso di far star fermo il cavallo, con un colpo netto di coltello gli tagliò la zampa.
Vedendo ciò Eligio non si mise a bestemmiare, perché non bestemmiava mai, ma poco ci mancò.
- Ma che cosa fai? Adesso siamo rovinati!
E Gesù:
- Scusatemi, maestro dei maestri: così si lavora meglio.
- Ma come faremo poi a riattaccare la zampa?
- Oh, se è per questo, risponde Gesù, è facilissimo. Si fa così.
E intanto riaccosta la zampa e la zampa è riattaccata.
Allora Eligio volle provarci anche lui. Era una vita che faceva il maniscalco e mai e poi mai voleva che si dicesse che un semplice garzone era più bravo di lui.
Ci provò dunque. Solo che fin che si trattò di tagliare la zampa, non ci fu problema, arrivato, invece, il momento di riattaccarla, non ci fu verso. Così lui, maestro dei maestri, dovette abbassarsi a chiedere aiuto al suo garzone.
La lezione però gli servì e... divenne santo.

Oggi è invocato come patrono, oltre che dei maniscalchi, anche degli orefici.

L'affresco testimonia che lì c'era la sosta dei cavalli della posta (più esattamente la stalla dei cavalli era dietro l'attuale albergo Cavallino bianco, mentre in questa casa c'era la bottega del maniscalco). La cosa è documentata oltre che da una vasca di sasso che serviva per temprare il ferro e oggi utilizzata come fioriera (datata 1710), da una colonna assai caratteristica che serviva per modellare i cerchi delle ruote delle carrozze.

Un lavoro che, con tutta probabilità, fu tramandato da padre in figlio almeno per qualche generazione. Un lavoro che quei maniscalchi amavano compiere sotto lo sguardo di s. Eligio, patrono della loro arte, di s. Giuseppe, pure lui un po' falegname e un po' fabbro, di s. Clemente che veniva anche lui quanto mai a proposito data la vicinanza dell'Adda, e soprattutto della Madonna. Della Madonna che a Nazareth doveva essere conosciuta come la sposa del falegname.

Così la lezione che ci viene da quegli umili fabbri-maniscalchi è quanto mai attuale per tutti: lavorare con amore sotto lo sguardo di Maria e dei santi, offrire il proprio lavoro al Signore. È la strada più sicura per diventare santi.

Particolare dell'affresco sulla casa a Bolladore

 

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016