Tra nascita e morte
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San Bernardo di Monte Carasso:
i Santi tra la nascita e la morte di Gesù

testo e foto di Ferruccio C. Ferrazza

(visita effettuata nel settembre 2007)

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Tra la nascita e la morte del Cristo.

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Anche il quadro che segue ha misure tali da suscitare rispetto per le scelte dimensionali, sicuramente nelle richieste del committente. In due quadri un’intera parete.

Il primo riquadro raffigura la scena dell’adorazione dei Re Magi. L’impianto è particolarmente dinamico e propone messaggi chiari con lo sviluppo di elementi non tanto simbolici quanto d’azione. La Madonna in trono regge sulle ginocchia il bambino, che incrocia i piedini in un atteggiamento molto naturale. Dietro il trono compare San Giuseppe che osserva uno dei doni evidentemente a lui già consegnato in custodia dal Re Mago inginocchiato in adorazione. Costui, a differenza dei due Magi in piedi, non ha la corona, che infatti l’iconografia classica vuole deposta al suolo in segno di rispetto verso il Salvatore. Interessante anche lo sperone al piede del primo Mago a sinistra, in questo volendo mostrare come il viaggio sia stato effettuato montando una cavalcatura. Un cartiglio testimonia quali siano doni e donatori; infatti vi si legge “gaspar fert mirath, melchior thus, baldesar aurum”. Su questa frase si può aprire una parentesi curiosa; si tratta infatti dell’inizio di una formula usata dai “medici” del tempo per curare il morbo caduco, cioè l’epilessia, nel nome del Signore.

La figura che segue non è di facile identificazione, soprattutto in ragione della difficoltà di riconoscere attributi iconografici che siano di sicura collocazione. Qualcuno vuole che si tratti di Sant’Anna, ma questa valutazione è stata probabilmente ingannata dal fatto che la madre di Maria frequentemente viene raffigurata alle spalle della Madonna in trono. In questo caso non può essere così. Si tratta sicuramente di una figura femminile, ma a se stante, ben divisa con una cornice dal riquadro dei Magi. Inoltre mostra un ben preciso elemento che può condurre ad una corretta identificazione; si tratta del rosario che stringe nelle mani. E fors’anche le rocce che fanno da sfondo possono aiutare. In effetti tra questi due elementi esiste un legame; vediamoli. Fu un predicatore domenicano che diffuse la devozione al Rosario; il suo nome è Alano della Rupe o, in francese, Alain de la Roche, vissuto nella centralità del ‘400. Molte le coeve raffigurazioni in statue e lapidi funerarie di “monne” con il rosario nella mani. Ma una rappresentazione in particolare deve attirare la nostra attenzione, perché è quanto di più simile alla nostra figura si possa trovare: saio e mantello monacale, la testa velata, la posizione orante, e poi, il rosario. Si tratta di Santa Margherita da Cortona. Costei era una terziaria domenicana, vissuta nel XIII secolo, che fondò la Fraternità delle Laudi, uno tra i primi esempi di diffusione della devozione al Rosario. Che la figura qui dipinta sia o meno la rappresentazione di questa santa non posso dire che sia assolutamente cosa certa, anche se l’iconografia tradizionale ne darebbe conferma, ma se si deve ricercare la verità la strada da seguire è sicuramente quella del rosario e non quella della posizione.

Al suo fianco, in un altro riquadro è riconoscibile San Michele Arcangelo, qui riprodotto in forma di combattente mentre affronta il demonio nell’ultima battaglia vittoriosa, così come vuole la descrizione fatta nel Libro dell’Apocalisse.

Proseguendo, ecco che incontriamo realmente in questo caso la figura di San Maurizio, qui correttamente riprodotto con la palma del martirio, con la spada la cui elsa si intravede tra la rovina del dipinto, inserita nella cintura alla destra del Santo, e con lo stendardo con la croce rossa in campo bianco. E’ da dire che anche San Maurizio ha un certo legame con i Savoia, collegamento che abbiamo già riscontrato in altre raffigurazioni della chiesa, perché a lui essi titolarono un ordine cavalleresco sorto nei primi anni del ‘400, e cioè quando i Savoia dominarono sul Canton Vallese dove la venerazione del Santo era particolarmente diffusa. Oggi San Maurizio è ancora patrono delle famigerate Guardie Svizzere, oltre che di altri corpi militari. E’ da aggiungere che la figura potrebbe comunque rappresentare uno qualsiasi dei soldati delle Legione Tebea, o per simbologia l’intera Legione, che la tradizione vuole composta, tra gli altri, anche da San Vittore, San Candido e San Essuperio; tutti furono uccisi nei pressi dell’odierna Martigny dopo che si rifiutarono di ubbidire all’ordine dell’imperatore romano che voleva si facessero sacrifici propiziatori a dèi pagani nei quali naturalmente loro non credevano.

L’affianca una curiosa rappresentazione di Santa Maria Egiziaca. Pur essendo normale, secondo tradizione, che venga raffigurata con i capelli biondi lunghi e sciolti, raramente lo è con questi come unico abbigliamento e tantomeno se ne coprono completamente il corpo, che peraltro in questa rappresentazione si presume nudo al vederne i piedi. Per questo motivo la figura riprodotta talvolta viene denominata della “Maddalena penitente”, confondendola con Maria Maddalena. Quest'ultima, però, ha come attributo il vaso dell'unguento, che qui effettivamente non appare.

Nella sequenza è seguita da Santa Caterina d’Alessandria, chiaramente riconoscibile; nella mano sinistra la palma del martirio, regge con la destra una ruota munita di denti affilati, simbolo dello strumento usato per il suo supplizio. In realtà la leggenda narra che la Santa resistette alla tortura e morì in seguito decapitata, perché durante il supplizio la ruota venne spezzata dagli angeli e viceversa furono gli stessi carnefici che rimasero uccisi.

Il quadro si completa a destra con la raffigurazione delle crocifissione di Cristo. Questa rappresentazione è interessante perché assolutamente particolare, e ricalca una rara iconografia diffusa nella sola Italia settentrionale nei dintorni dell’anno Mille. Due le figure chiave, oltre quella del Cristo: la madre Maria a sinistra e l’apostolo Giovanni a destra. Ma la particolarità è data soprattutto dalla forma della croce, che è priva del braccio verticale superiore, e presenta quindi una forma simile alla lettera maiuscola T. Questa struttura è tesa a simboleggiare l’inizio del momento eucaristico nel Canon Romanus, cioè il “Te igitur”.

Tutto il quadro è sottolineato, è proprio il caso di dire, da una raffigurazione allegorica dei mesi dell’anno, ciascuno di questi dipinto in toni monocromatici. Sfortunatamente le parti inferiori degli affreschi sono quelle che hanno subìto maggiormente l’effetto del tempo e, probabilmente, dell’umidità, ed è così che questo dipinto si trova in una zona che ne riduce la visibilità.

Faccio finta di non accorgermi che qui di seguito si trova un quadro dedicato ad un vescovo, e vado oltre. Cosa ci posso fare? E’ più forte di me. Mi sento come un investigatore di fronte al delitto perfetto: nessun indizio. E chiudo gli occhi per non vedere.

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016