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LA COSTRUZIONE

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Testo estratto dal libro
Don Gianni Sala - Le chiese di Sondalo - Sondalo 1998

 

La data di costruzione della primitiva chiesa di s. Marta può essere fissata con certezza agli anni 1335-40. Lo si desume da alcuni documenti risalenti a quell'epoca o riportati de verbo ad verbum (parola per parola) dal notaio Giovanni Spazzadeschi in un inventario di istrumenti spettanti e relativi a quella chiesa, redatto per ordine del prete Mariolo de Sermondi che ne era divenuto beneficiale nel 1505 (1). Il primo di questi documenti parla di una donazione ed è rogato dal notaio Redulfo fu Adamino de Sondalinis in un giovedì del mese di luglio del 1340. L'atto è controfirmato dal notaio di Bormio Giovanni figlio di ser Cresino de Cantano. Il contenuto può essere riassunto così: certo Filippo Stoppa figlio di un altro Filippo Stoppa fa donazione libera ed irrevocabile nelle mani di Pietro Della Bosca decano di Sondalo che accetta a nome e a vantaggio della chiesa della beata s. Marta "da poco edificata" nella terra di Sondalo, di un appezzamento di terreno campivo situato nel territorio di Sondalo sotto la strada che passa al di qua del "sasso del torgio". Tale appezzamento di terreno deve "essere ed appartenere esclusivamente ai monaci e ai religiosi e a tutte le persone che stanno presso la medesima chiesa". Ciò di sua propria e spontanea volontà e arbitrio. A vantaggio della sua anima ed "bone dilettionis quam habet in Domino et domina sancta Marta et omnibus aliis beatis santis" (2). Alla stesura dell'atto furono presenti come testimoni Giovanni Martino e Antonio, fratelli, figli del sopraccennato ser Filippo Gaudenzio figlio di ser Zall da Ponte e Pedrazzino "Pizenpassus" da Tresivio.

Ovviamente di tutto questo documento che nel testo integrale è molto lungo, qui interessa soprattutto il fatto che nel 1340 la chiesa di s. Marta potè dirsi costruita da poco. Tutto fa credere anzi che fosse stata portata a termine pochi mesi prima e che proprio per questo si sentiva il bisogno di dotarla di beni.

La stessa affermazione (che cioè la chiesa era stata costruita da poco) si ritrova anche nell'atto che segue immediatamente. Riguarda anch'esso una donazione. Il benefattore questa volta è un certo Giacomino Bonello figlio di Menego da Sondalo. Egli da alla chiesa della beata s. Marta "da poco costruita nella terra di Sondalo" un campo che si trova in località "Umbralium" e la quarta parte di una cascina che vi è annessa. Ad accettare la donazione a nome e a vantaggio della stessa è sempre il decano del comune che è Bertolino Bugato figlio di fu Giacomo. L'atto fu steso a Sondalo il 19 dicembre 1340 (3) dal notaio Redulfo de Sondalinis e anche questa volta è controfirmato da Giovanni Cantone. Come testimoni figurano Prando de Gallis, arciprete di Mazzo, ser Nicola Lambertenghi, figlio di ser Simone da Como, ser Nicola Lambertenghi figlio di Federico ecc. Come protonotario, infine, è presente Bertramo figlio di Filippo fu Prinzivalle Stoppa.

A riprova che la chiesa fu ultimata probabilmente in quello stesso 1340 o tutt'al più negli anni immediatamente precedenti, sta il fatto che il terzo documento riportato nell'inventario, che risale a soli sette anni dopo, quando parla della chiesa, non dice più che è costruita da poco, ma specifica soltanto che si trova nel territorio di Sondalo. L'atto riferisce questa volta di una vendita.

Zanino Bellagrosso figlio di Guichino e Sondalina sua moglie vendono al decano del comune, Menego Serobino figlio di fu Lorenzo Gueffo, il quale accetta a nome e da parte della chiesa di s. Marta "situata nel territorio di Sondalo", un appezzamento di terra campiva giacente in Sondalo in località Cologna a Sameda. Il prezzo convenuto è di lire 4 imperiali. L'istrumento è steso in piazza del comune e assistono in qualità di testimoni Zanino figlio di fu Vaxino del Murario, Sondalo figlio di fu Menego Codidello e Guichino detto "Canazza" figlio di fu Raimondo Testore. Protonotario è Bertramo Stoppa figlio di fu ser Prinzivalle. Notaio è Redulfo de Sondalinis. Va detto però che lo Spazzadeschi non ha sottomano l'originale, bensì una copia trascritta da Giovanni de Cantone.

A questo punto viene spontaneo chiedersi: che cosa resta oggi di quella antica chiesa? La risposta non è facile. Probabilmente non resta nulla, o, forse, appartenevano a quella primitiva chiesa le colonne che oggi reggono la balconata della retrofacciata. È impossibile però affermarlo con certezza in quanto, pur essendo certamente molto antiche, potrebbero sempre essere state ricuperate altrove. Quello che è certo è che la chiesa primitiva, o perché troppo piccola o perché ridotta in cattivo stato, alla fine del '400 fu demolita ed ampliata fino ad assumere le dimensioni attuali. Un'altra domanda s'impone: come mai i sondalini pensarono di costruire una chiesa in un luogo così vicino al paese? Le chiesette sorte nelle varie frazioni si spiegano facilmente, ma questa che veniva a trovarsi a due passi dalle case quando c'era già da qualche secolo quella di s. Maria si spiega meno. È infatti impossibile dare una risposta sicura.

È possibile però qualche congettura: forse fu costruita per desiderio di qualche matrona locale desiderosa di ritirarsi lì a condurre vita di raccoglimento e di preghiera. La cosa a quei tempi era abbastanza frequente. Il movimento delle beghine, per esempio, è rimasto famoso nella storia anche se da noi non è documentato. Si trattava di donne che seguivano un tipo di vita media tra quella dei semplici laici e quella dei religiosi veri e propri. Talvolta venivano chiamate "mulieres religiosae", tal'altra "reclusae" oppure "conversae"'. Vivevano rinchiuse in cellette raggruppate intorno ad una chiesa o cappella e praticavano una vita mezzo attiva e mezzo contemplativa. Non emettevano i tre voti monastici tradizionali ma solo quelli di obbedienza e di castità e a carattere temporaneo.

È una ipotesi suggestiva. È difficile dire, però, se abbia fondamento (4).

A meno di pensare ad una specie di terz'ordine, aperto sia agli uomini che alle donne o anche ai coniugi collegato con i benedettini che prestavano il servizio liturgico nella chiesa di s. Maria. Un'istituzione analoga si riscontra, infatti, anche presso la vicina chiesa benedettina di s. Martino di Serravalle. La cosa che sembra più probabile, però, è che essa sia stata costruita come chiesa della confraternita dei Disciplini, anche se tali confraternite da noi sono sorte generalmente in epoca posteriore. Un'ipotesi del genere è formulata anche da Gabriele Antonioli per la chiesa di s. Giorgio a Grosio (5), e sembra trovare conferma nella stessa dedicazione a s. Marta e negli affreschi che raffigurano gli altri santi patroni di quella "Schola": s. Caterina d'Alessandria, s. Giorgio, s. Stefano, s. Ambrogio.

Inoltre, anche gli affreschi del presbiterio dove si vedono i disciplini che assistono alla sepoltura della santa (pur risalendo all'epoca in cui la chiesa fu ricostruita), potrebbero suffragare questa tesi.

Dal canto loro, i documenti possono essere interpretati nei modi più disparati.

Ad esempio il primo documento parla, come si è detto, di "monaci e religiosi e di tutte le persone che stanno presso la detta chiesa". Ora per monaci possono intendersi benissimo i sacrestani, per religiosi potrebbero intendersi gli eventuali cappellani; le altre persone che stanno presso la chiesa potrebbero essere invece o i "terziari" o le "recluse" o i disciplini.

Lo stesso si dica di un altro passo desunto dal testamento di un certo Alberto detto Mutallo figlio del fu Abbondio Della Bosca rogato dal notaio Bassiano Conti il 27 ottobre 1381. Il testatore lascia alla chiesa di s. Marta, situata ed edificata nel territorio di Sondalo "e per essa a quelle persone che sono e che saranno curatrici e custodi di essa chiesa" un campo in territorio di Decima Cologna dove si dice "al Fico" (6).

Qui parrebbe di vedere più una allusione a del "personale" femminile, tuttavia gli aggettivi al femminile potrebbero essere retti dal sostantivo "persona" e perciò l'indeterminatezza rimane. In questo senso è invece più chiaro un atto di donazione del 1385 giorno 13 febbraio. Meneghino "Rubeus" (Rossi?) figlio del fu maestro Andrea di Sondalo fa donazione pura mera e irrevocabile al notaio Bassiano, che parla a nome e a vantaggio "delle monache e custodi della chiesa di s. Marta di Sondalo che abitano presso la stessa chiesa e la custodiscono", di un campo situato in territorio di Mondadizza dove si dice "alla Piazza". Meneghino cede "alle stesse monache presenti e future che abiteranno presso detta chiesa" tutti i suoi diritti. A loro volta, con il canone di affitto che esse realizzeranno dal campo, saranno tenute a illuminare la chiesa.

Menegino ricevette inoltre dalle monache un mantello (7).

Ancora in un testamento del 25 febbraio 1387 sempre del notaio Bassiano si legge che un tale Sondalo detto "Brotecho" figlio di fu Michele di Sondalo lascia ad Agnese detta "Bretina" figlia di fu Antonio detto "Bereto", "conversa e custode della chiesa di s. Marta che accetta a nome suo e a nome delle future custodi che abiteranno presso la stessa chiesa" un campo che si trova in contrada Frassino di sotto (per la toponomastica del paese può essere interessante sapere che l'atto è stilato presso il letto del testatare nella casa di sua abitazione situata in Sondalo in contrada Saiano o Saiono) (8).

Vien quasi da pensare che la conversa Agnese detta "Bretina" sia la stessa fondatrice della chiesa cui si accennava all'inizio... .

C'è però da notare che dal 1340 al 1387 ci corrono quasi 50 anni e perciò nel 1340 era forse troppo giovane per consacrarsi al tipo di vita delle "mulieres religiosae". La cosa però non è da escludere del tutto. Aggiungasi comunque che accanto alla conversa Bretina, una pergamena dell'archivio parrocchiale (9) del 1397 ricorda, questa volta come "monica" della chiesa di s. Marta anche una certa signora Allegranza, per la quale vengono fatte celebrare delle sante messe.

I documenti posteriori però non parlano più né di monache né di converse, parlano solo di monaco o caneparo oppure di beneficiali. Intanto però la chiesa è danneggiata e profanata e l'1 novembre 1432 frate Pantaleone de Zurlis di Crema, vescovo di Sicar, compie la cerimonia di riconciliazione e concede una particolare indulgenza a coloro che daranno una mano a portare a termine i restauri o concorreranno a dotarla degli arredi necessari (10). Poi il 2 agosto 1455, il comune di Sondalo, tramite quattro suoi procuratori, affida la custodia della chiesa di s. Marta e di s. Agnese a prete Giovanni Rovolatti di Sondalo. Suo compito è quello di "aver cura dei beni mobili ed immobili annessi a quelle chiese, di curar bene le stesse, disporre delle oblazioni, celebrarvi le sante messe, tener ben mondi gli altari e i panni, suonare le campane, chiudere ed aprire le porte ecc.".

Il capitolato prevede inoltre che prete Giovanni sia tenuto:
1) a celebrare ogni giorno gli uffici ecclesiastici e specialmente la s. messa in dette chiese e a recarsi nelle chiese delle altre contrade ossia s. Abbondio, s. Giacomo, s. Giovanni, s. Lorenzo una volta al mese.
2) a non uscire dal territorio (del comune) a celebrare senza il permesso dei decani.
3) a partecipare senza compenso alle litanie e processioni delle Rogazioni.
4) ad aiutare (in parrocchia) nelle feste più importanti; ecc. ecc.
In cambio, comune e uomini di Sondalo si impegnano:
1) a dare £ 60 imperiali oltre la casa e l'orto, una pezza di prato ecc.;
2) a dare un operaio "ogni fuoco" (ogni famiglia) qualora si decida di costruire la casa (11).

A questo punto però merita di essere ricordata anche un'altra pergamena di poco posteriore (19 luglio 1483) dove si parla dell'erezione del beneficio.

In sintesi il contenuto è il seguente: "Già da lungo tempo" o, meglio ancora, "ab immemorabili" in territorio di Sondalo esistono alcune "chiese rurali senza cura d'anime" dedicate a s. Agnese e a s. Marta, che hanno dei beni immobili, situati in Sondalo e nelle zone circostanti, ma finora mai nessuna persona ne è mai stata investita in maniera giuridica, perciò volendo provvedere a dette chiese in maniera stabile e inoltre volendo far speciale favore al prete Giovanni Antonio Rovolatti, dette chiese vengono erette in beneficio semplice e di detto beneficio viene investito prete Giovanni Antonio che potrà essere immesso in possesso da qualsiasi rettore di chiesa. L'erezione del beneficio e la istituzione canonica del primo titolare sono fatte da Bartolomeo de Paravicino (=Parravicini) vicario generale del vescovo Branda Castiglioni (12).

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016