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La Crocifissione (Agostino Ferrari, 1393)

 

il testo che segue è tratto da
Annotazioni del Sac. Dott. Santo Monti
Atti della Visita Pastorale di F. Feliciano Ninguarda Vescovo di Como
Società Storica Comense, 1892-1898

 

Degnissima di riguardo per più titoli è la chiesa di S. Antonio, o, come è più comunemente chiamata, del Santo Cristo nella contrada di Combo, distinta per la sua antichità e per i pregevoli affreschi che vi esistono.

La chiesa è stata restaurata nel 1872, nella quale occasione essendosi tolta con grandi cautele l'imbiancatura che era stata data alle pareti, comparve un pregevole antico affresco sufficientemente conservato, rappresentante la scena della Crocifissione. Su di uno sfondo di oltremare, risulta un Crocifisso coi piedi disgiunti (stile bizantino), ed angeli scendenti dal cielo coi calici in mano che volano a raccogliere il sangue della redenzione, che gli fluisce dal costato. Dall'un lato della croce stanno le pie donne dolenti, lacrimose, e Maria in attitudine d'immenso affanno. Dall' altro lato sonvi militi a cavallo, vessilliferi con rosse bandiere, e turba di popolo confusa che assiste al ferale spettacolo. Il dipinto fu ripulito colla maggiore diligenza, e conservato come documento per la storia dell'arte.

Proseguendo le indagini si trovò, li appresso, un' iscrizione in carattere gotico, quasi del tutto corrosa, ma dalla quale si rileva l'anno, non si saprebbe ben dire se della fabbrica o della consacrazione del tempio; ed è la seguente:

ANO DNI MCCCLXXVI DIC .... (dicata? )
ET INT ..... TA DNUS .....
AUGUSTINUS FERAR.IUS

Chi sia stato, e come c'entri quell'Agostino Ferrario non fu dato scoprire.

Ma ciò che attira in ispecial modo lo sguardo è la cappella dell'altare maggiore, che originariamente era l'unica della chiesa. Giacché quella dedicata al Crocifisso è un'infelice aggiunta fatta dal 1732 al 1734, su disegno di Antonio Penni, da Giacomo Bassi di Valmaggia, per il prezzo di Lit. 1250.

L'arco che divide l'abside dalla navata si scomparte in vari specchietti, o forma come altrettanti quadri, in ciascuno dei quali è ritratto un profeta avente una fascia svolazzante in mano, in cui è scritto il suo nome.
Assai pregevoli sono gli affreschi sulle pareti dell'altar maggiore, rappresentanti vari episodi della vita di S. Antonio, che datano probabilmente dalla prima metà del secolo XVI; e forse appartiene ad epoca un po' anteriore quella bella Annunciazione della Vergine che o ai due lati del finestrone rotondo dell'abside.

Il Sant'Antonio abate che campeggia in mezzo all'altare riposto in una nicchia dipinta di disegno lombardo, è opera recente, eseguita nel 1873 dal pittore Eugenio Ponzio da Milano, a cui si devono tutti i restauri ornamentali della chiesa, opera - scrive il Valenti - fatta, come suol dirsi, per ripiego e senza pretesa, sinché non soccorrano i mezzi di sostituire un lavoro più eletto.

Ma per bellezza e perfezione d'arte sovrastano a tutti le teste di quei quattro Evangelisti con quegli angeli e puttini proprio discesi dal cielo sulla volta dell'altare.
« Dal pennello dello stesso pittore, scrive il Bardea, esser dovette dipinta la chiesa vecchia di S. Nicolo di Furva, dalla quale furono, fra gli altri pezzi cavati nella demolizione di quella, la Madonna col Bambino in braccio, riposta coll'adornamento di stucco nella facciata orientale della abitazione parrocchiale; e nella casa attinente a ser Battista Andreola, che è la prima della contrada di Fodraglio venendo da Bormio, una testa parimenti di S. Cecilia vi fu collocata, le quali opere, se io male non indovino, sono della stessa mano, che le accennate, quantunque più sparute nel colorito; ma ciò attribuir si debbe all'intemperie delle stagioni, alle quali furono esposte da un secolo ».
Il Quadrio (Dissertazione VI, tom. III, a pag. 492, paragr. 2) e la tradizione popolare attribuiscono queste teste ad un Abondio Canclino da Bormio; ma Ignazio Bardea mette in dubbio tale credenza, non avendo trovata nessun'altra traccia del supposto pittore soprannominato. Ben abbiamo nella chiesa dell'Assunta presso Morbegno un quadro; ma questo è di un Antonio Canclino, come dalla iscrizione in quella nota riportata, e non di un Abondio, ed è del 1585 e non del 1504, in cui il Quadrio vuole fiorisse in Bormio tale pittore. La maniera poi del dipingere è affatto diversa, poiché nella tela di Morbegno sentiamo già da lontano l'aura del seicento, e quella maniera di volute, di incartocciamenti e di pieghe, che è già lontana dalla casta sobrietà ed ispirazione di quei divini Evangelisti. Parecchi, tra cui il Valenti, non dubitano di attribuir quelle teste al valentissimo pittore bresciano Gerolamo Romanini.

 

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ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016