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il testo che segue è tratto da
Degnissima di riguardo per più titoli è la chiesa di S. Antonio, o, come è più comunemente chiamata, del Santo Cristo nella contrada di Combo, distinta per la sua antichità e per i pregevoli affreschi che vi esistono. La chiesa è stata restaurata nel 1872, nella quale occasione essendosi tolta con grandi cautele l'imbiancatura che era stata data alle pareti, comparve un pregevole antico affresco sufficientemente conservato, rappresentante la scena della Crocifissione. Su di uno sfondo di oltremare, risulta un Crocifisso coi piedi disgiunti (stile bizantino), ed angeli scendenti dal cielo coi calici in mano che volano a raccogliere il sangue della redenzione, che gli fluisce dal costato. Dall'un lato della croce stanno le pie donne dolenti, lacrimose, e Maria in attitudine d'immenso affanno. Dall' altro lato sonvi militi a cavallo, vessilliferi con rosse bandiere, e turba di popolo confusa che assiste al ferale spettacolo. Il dipinto fu ripulito colla maggiore diligenza, e conservato come documento per la storia dell'arte. Proseguendo le indagini si trovò, li appresso, un' iscrizione in carattere gotico, quasi del tutto corrosa, ma dalla quale si rileva l'anno, non si saprebbe ben dire se della fabbrica o della consacrazione del tempio; ed è la seguente: ANO DNI MCCCLXXVI DIC .... (dicata? ) Chi sia stato, e come c'entri quell'Agostino Ferrario non fu dato scoprire. Ma ciò che attira in ispecial modo lo sguardo è la cappella dell'altare maggiore, che originariamente era l'unica della chiesa. Giacché quella dedicata al Crocifisso è un'infelice aggiunta fatta dal 1732 al 1734, su disegno di Antonio Penni, da Giacomo Bassi di Valmaggia, per il prezzo di Lit. 1250. L'arco che divide l'abside dalla navata si scomparte in vari
specchietti, o forma come altrettanti quadri, in ciascuno dei quali è ritratto un profeta
avente una fascia svolazzante in mano, in cui è scritto il suo nome. Il Sant'Antonio abate che campeggia in mezzo all'altare riposto in una nicchia dipinta di disegno lombardo, è opera recente, eseguita nel 1873 dal pittore Eugenio Ponzio da Milano, a cui si devono tutti i restauri ornamentali della chiesa, opera - scrive il Valenti - fatta, come suol dirsi, per ripiego e senza pretesa, sinché non soccorrano i mezzi di sostituire un lavoro più eletto. Ma per bellezza e perfezione d'arte sovrastano a tutti le teste di quei
quattro Evangelisti con quegli angeli e puttini proprio discesi dal cielo sulla volta
dell'altare.
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