Fagnano: i mulini sull'Olona

testo e foto di Ferruccio C. Ferrazza

(visita effettuata nel marzo 2007)

 

mulini.jpg (53764 byte)

 

Un breve viaggio; poche ore.

Più che sufficienti per entrare in un mondo che, pur non essendo sconosciuto o nascosto, nella realtà riesce però a celare i propri tesori all’occhio di chi ha acquisito l’abitudine alla loro presenza.

Talvolta addirittura a pochi passi da casa propria.

Questa esplorazione è nata sui libri, cosa peraltro e comunque vera per me, anche se è sempre più frequente che la nascita di una curiosità di ricerca mi scaturisca dallo studio di carte, mappe e foto aeree o satellitari. Addirittura, a volte, mi è capitato di scoprire qualcosa di interessante analizzando fotografie scattate da me stesso, e del cui contenuto non mi ero pienamente reso conto al momento dello scatto sul campo.

Ho la fortuna di avere come amico uno studioso dei processi legati alla conoscenza, la cui biblioteca personale è frutto di una vita intera dedicata alla documentazione delle storie locali, e parlo soprattutto di quelle contemporanee. Scavare nella sua raccolta di libri è come esplorare un territorio sconosciuto, anche a lui stesso, proprio in forza del fatto che la quantità di documenti supera la nostra capacità di memoria, da poveri umani quali siamo.

Un giorno da questo mare di informazioni è emerso un volume di interesse regionale dal titolo “I monumenti storico-industriali della Lombardia”, diciassettesimo volume di una serie di quaderni di documentazioni editi dalla Regione. Un ponderoso tomo ricchissimo di schede inventariali e bibliografiche sugli edifici che furono, e talvolta ancora lo sono, sede di attività produttive iniziate diversi secoli addietro, e che hanno caratterizzato lo sviluppo industriale del territorio portandolo agli attuali livelli.

Ho rivolto la mia attenzione a quanto poteva trovarsi nelle vicinanze ed ho effettivamente scoperto quanto l’abitudine alla visione ci allontani dalla osservazione.

Da subito mi è balzato alla mente quanto potesse risultare interessante la coppia fiume-energia, come seme primordiale di ogni insediamento umano a sviluppo tecnologico e che si completa in un termine ben preciso: mulino.

Il fiume più vicino: l’Olona

I mulini più vicini: a Fagnano

Predispongo l’esplorazione con una per me ormai facile correlazione tra le descrizioni dei luoghi trovate sul libro e le carte tecniche regionali, molto dettagliate e con chiare coordinate. Un breve lavoro al computer, che non può mancare di aiutarmi nella mia ansia di precisione, ed il fido GPS è pronto per indicarmi dove nacque l’industria locale.

Il jeeppino è appena uscito dai riposi invernali ed è ansioso pure lui di sgranchirsi in passeggiate poco impegnative.

Abbigliamento adeguato a rovi, spini e macerie.

Un colpo di telefono all’amico; partiamo in direzione di Fagnano Olona.

Come nota storica è da dire che l’Olona fu il fiume che fornì energia per le industrie della zona sin dall’anno Mille tanto che agli inizi del ‘600 i mulini in funzione erano già più di 100, e non solo per cereali, ma anche come frantoi da olio.

La strada che ci può condurre nei luoghi da esplorare passa esattamente di fronte al Municipio, ed è quindi facile da imboccare. Avendo del tempo a disposizione, la stessa visita del Castello nel quale ha sede il Comune può essere molto piacevole oltre che interessante.
Forse entreremo in questa storia in un’altra occasione: ho avuto sentore di qualcosa di ghiotto.

Ponendo il Municipio-Castello in fronte, prendiamo la strada che si trova a sinistra e scendiamo nella valle dove scorre il fiume. Facciamo attenzione, perché il percorso di nostro interesse si trova alla fine della discesa, imboccando ad angolo acuto sulla destra. Percorsi circa 200 metri, costeggiando sulla sinistra un edificio industriale abbandonato, si può parcheggiare in un grande spiazzo sterrato. Siamo sul viale Carso in frazione Balzarine ed in vista del Castello di Fagnano; se ci rivolgiamo verso la direzione dalla quale siamo venuti possiamo osservare l’edificio che fu il “Mulino del Sasso”.

A questo punto ritengo opportuno aprire una parentesi di doverosa informazione.
L’ESPLORAZIONE DI EDIFICI ABBANDONATI E’ ESTREMAMENTE PERICOLOSA.
Vi si possono trovare insidie di ogni tipo, da quelle dovute all’abbandono, come tetti che crollano e pavimenti che sprofondano, a quelli legati ai macchinari arrugginiti, come tagli, abrasioni, contusioni, per non dimenticare gli abitatori che vi hanno posto residenza, come vespe, calabroni, topi, ragni, ed altri ancora di più grandi dimensioni.
Non sono esplorazioni da praticare senza aver adottato le cautele e le misure del caso, tantomeno senza essere accompagnati da un esperto, che può essere anche un amico geometra abituato a lavori su edifici in disuso o su operazioni in cantiere. Comunque mai né da soli né con bambini.
Infine teniamo in conto che si tratta quasi sempre di movimenti su proprietà privata.

Ritorniamo all’esplorazione.

La scheda proposta dal libro citato riporta “Sul lato nord dell’edificio esistono ancora le due ruote in ferro con parte del sistema per il loro funzionamento”.
Se ci avviciniamo verso destra le possiamo infatti scoprire in quello che fu un canale, ora completamente interrato, appositamente predisposto per portare l’acqua sulle ruote.

Il tempo e la ruggine hanno consumato il loro pasto sulle pale in lamiera di ferro, ma non hanno avuto ragione della poderosa struttura di supporto delle ruote, punto di massimo lavoro dell’impianto.

Riguadagniamo il luogo dove abbiamo parcheggiato la vettura. Si tratta ora di percorrere circa 600 metri prevalentemente su una strada campestre, e quindi possiamo anche incamminarci direttamente senza l’uso del veicolo.

Proseguiamo sulla strada principale, superando il ponte sull’Olona.

Appena oltrepassato, prendiamo sulla destra per una stradina che inizia tra due mura di insediamenti industriali, poi si apre nelle campagne. E’ la via Giulio Cesare e porta, dritta dritta, a terminare sulla facciata di quello che fu il “Mulino Bosetti”, il cui anno di costruzione si può desumere da documenti inventariali che la fanno risalire a tempi antecedenti l’anno 1772, così come lo è per il “molino del Sasso” appena visitato.

Un piccolo ponte sulla destra ci consente di avere una vista generale sull’impianto, già di per sé affascinante.

Ma ancor più interessante si rivela l’esplorazione ravvicinata che si può effettuare con discreta facilità aggirando l’edificio ed entrando nel canale interrato dalla parte opposta.

Qui si scopre come le ruote fossero diverse, a servizio sia del mulino vero e proprio sia dell’edificio prospiciente che racchiudeva un oleificio.

Inoltre la potenza del sistema di presa d’energia veniva distribuita con l’ausilio di rapporti e demoltipliche, che consentivano di adeguare la rotazione degli assi motori in funzione dell’afflusso dell’acqua nelle canaline. Il flusso era inoltre controllato da apposite chiuse e grate.

Un’opera di ingegneria idraulica di pregevole livello.

Molti altri esempi si possono trovare lungo la maggior parte dei fiumi e torrenti che scorrono nel nostro paese e , se venissero valorizzati con attente ristrutturazioni, potrebbero rappresentare un vero museo attivo a viva testimonianza dell’evoluzione tecnologica nell’industria dell’uomo. Un nuovo valore aggiunto per quel turismo locale che già molto deve alle bellezze delle nostre opere d’arte.

Una visione leonardiana dell’essere umano.

Un viaggio nella storia dell'ingegnosità umana.

 

 

<HomePage>   <Il progetto>   <Colophon>   <Registrazione>   <Collaborazioni>   <La biblioteca>   <Il Sommario>

Questo sito è una iniziativa personale di
Ferruccio C. Ferrazza
Tutti i diritti sono riservati.
ViaggiNellaStoria® è un marchio registrato.
ISSN 2284-3620

Ultimo aggiornamento: 19 aprile 2016