UN LUNGO SGUARDO A RITROSO
SULLA SITUAZIONE POLITICA ITALIANA DAL 500 AL 1000
E SULL’ORIGINE DEL POTERE TEMPORALE

 

Teodorico, Imperatore dal 498 e padrone di tutta l’Italia, fu, a suo modo, un anticipatore o comunque un sostenitore di “compromessi storici” ante litteram.

Pur continuando a non evitare scontri col Papato, la sua politica era riguardosa e misurata nei confronti della Chiesa. I rapporti tra Ostrogoti e Romani s’erano così distesi.

Avvenne che, dopo di lui, in tempi di miseria e d’ignoranza, la parte più viva e intelligente della popolazione sdegnò la carriera pubblica (oggi diremmo statale) e andò invece ad alimentare la gerarchia ecclesiastica, rendendo la Chiesa sempre più forte in uno Stato che degenerava nell’abbandono.

I Vescovi, la cui autorità era stata fino ad allora soltanto morale, andavano diventando anche e specialmente arbitri della vita civile. Intorno a loro si stringevano le popolazioni affamate e rarefatte dalle pestilenze, dalle violenze dei barbari e dall’esosità dei funzionari corrotti. Con la forza della Fede, della persuasione e delle opere difensive nonché delle scorte alimentari, i Vescovi erano rimasti i soli in grado di proteggere la gente atterrita. Sopravvenuta la guerra Greco-Gotica che si trascinò per vent’anni tra stragi ed orrori, la sola organizzazione efficiente rimase quella clericale: la necessità di riconoscere la sua forza e i suoi innegabili meriti ne accrebbe i poteri.

 

Finita la guerra, il vincitore, Giustiniano, cominciò verso il 527 a riordinare l’Italia. Nella sua legislazione i Vescovi divennero organi ufficiali del governo, con ampie potestà municipali e provinciali.

L’Imperatore Giustiniano non aveva però inteso rinunciare alla propria supremazia sul Vescovo e sulla Chiesa, tant’è vero che le intestazioni dei beni, sia in edifici che, in terre e prebende, non erano assegnate alle persone, bensì al nome del Santo Patrono locale!

L’Imperatore intendeva tuttavia dare riconoscimenti anche ufficiali all’autorità dei Vescovi, fiducioso nella loro collaborazione a rendere più efficace il potere civile al momento tanto compromesso dalla disorganizzazione generale.

Per ribadire comunque la priorità legale dello Stato, fu reso legittimo il suo inserirsi anche nell’amministrazione dei beni ecclesiastici, così come nei giudizi su definizioni e su persone religiose.

Giustiniano convocò Concili, s’arrogò l’autorità di elevare a dignità cardinalizia quanti stimava secondo il proprio parere e giunse a stabilire che l’elezione del Pontefice non fosse valida senza la sua conferma.

Ma gl’Imperatori che gli succedettero non ebbero né il prestigio né la forza per reggere la loro autorità e solo sporadicamente riuscirono a far valere le loro prerogative, in quanto la Chiesa cercava di frapporre ostacoli al loro potere per sottrarsi ad ogni limitazione e salvaguardare la sua libertà.

 

Comincia così, dalla fine del secolo VI, una sorda lotta fra l’Impero e la Chiesa, lotta sotterranea perché ufficialmente la Chiesa continuava ad esercitare funzioni delegate dal governo imperiale, mentre ufficiosamente si organizzava in modo autonomo per rendere di sua pertinenza le ingerenze acquisite.

 

Un avvenimento di enorme importanza e con grandi conseguenze, l’invasione dei Longobardi, permise indirettamente alla Chiesa di raggiungere i propri obbiettivi e, insieme, di espletare la propria funzione-guida.

Per meglio comprendere come questo fu possibile, bisognerà ricordare chi erano questi Longobardi:

Chiamati anche Langobardi, provenivano dalle rive del filare del Nord e occuparono gran parte dell’Italia settentrionale e centrale sotto Alboino e i suoi successori. Fondarono un Regno con capitale a Pavia che prosperò per duecento anni, dal 568 al 774 fino alla conquista di Carlo Magno. Ariani, si convertirono al cristianesimo con la Regina Teodolinda. La loro legislazione, codificata con l’Editto di Rotari (643) risentì delle leggi romane. Il loro Regno era diviso in Ducati, due dei quali, Spoleto e Benevento, si eressero a Stati indipendenti.

 


Gioielli longobardi

 

Circa il modo col quale i Longobardi effettuarono la loro conquista non si possono ignorare le durezze dell’impatto mitigatesi, come s’è detto, dall’atteggiamento di Teodolinda stabilitasi a Monza e dalle disposizioni ricalcate dal Corpus juris civilis firmato da Giustiniano.

Oltre ai suddetti Ducati, quello Romano (era sempre stato Circoscrizione staccata dall’Esarcato di Ravenna) si trovò a dover provvedere alla propria difesa e, allorché constatò di non essere in grado di difendersi, e disperando di poter resistere, chiese, sotto l’illuminato Papato di Gregorio I, l’allontanamento dei Longobardi in cambio di un tributo in denaro.

Identificando peraltro nei Longobardi un possibile strumento di difesa degli ordini e dai giudizi di Ravenna, Gregorio mediò i rapporti tra loro e l’Imperatore e finì col convertire tutti gli altri barbari al Cattolicesimo, diventando così l’effettivo Governatore di Roma. Usò con tale abilità il proprio prestigio da accentrare nella sua persona tutte le richieste per ovviare ai bisogni del tempo.

Gradatamente, in tutti i territori longobardi dove i Vescovi erano stati forzati a cedere i poteri civili avuti da Giustiniano, si giunse a convergenze sempre più rispettose verso la Chiesa di Roma e i suoi rappresentanti, anche se l’autorità del Papa non si poggiava su un proprio esercito, ma su truppe composte da greci provenienti da Costantinopoli.

Nei primi decenni del sec.VII il Pontefice Romano ebbe un suo esercito italiano mentre il disordine generale dell’Impero raggiungeva il culmine.

Occupati perennemente a difendere le frontiere orientali, i governanti dovettero adottare una politica “morbida” verso i Longobardi. Pochi reggimenti greco-bizantini restarono a difendere le popolazioni interne. Si fece perciò ricorso a milizie volontarie reclutate nelle varie Regioni. Questo reclutamento finì col diventare obbligatorio e ogni Distretto fu tenuto a dare un certo numero di uomini ch’erano comandati da un Tribuno scelto tra i maggiori proprietari. A dare garanzie legali -più che altro, formali - era rimasto un Ufficiale superiore, il Duca, sempre bizantino.

Allorché un decreto del Papa Leone III Isaurico avallò il movimento iconoclasta negando valore alla superstizione delle immagini, scoppiarono ovunque le rivolte contro i Duchi, rimasti pochi e isolati a rappresentare il legame tra l’Italia e l’Oriente.

Lo stesso Pontefice capeggiò questi moti e scomunicò l’Esarca.

A Roma fu scacciato il Duca greco ed eletto al suo posto Stefano, un patrizio romano.

Nel periodo del Principato Papale che seguì, il governo di Roma fu alternativamente e disordinatamente sbilanciato tra il Patrizio e il Pontefice, finché, facendo leva sul pericolo longobardo che pur sempre incombeva, i Papi si giovarono dell’aiuto dei Franchi per assorbire il potere del Patrizio.

Avvenne così che i Franchi entrarono legalmente nel gioco.

 

Erano costoro, in origine, una tribù germanica conosciuta fin dal III secolo. Stanziatisi successivamente nel Basso Reno e più tardi divisi in Franchi Ripuari (Reno) e Franchi Salii( Valle d’Issel) effettuarono diverse incursioni in Gallia da dove furono respinti, dal 310 al 313, da Aureliano, da Probo e da Costantino.

Riuscirono comunque ad entrarvi come Federati.

Nel V secolo furono unificati da Clodoveo che li convertì al Cattolicesimo.

Fusisi poi, come altre popolazioni delle Gallie, con i Merovingi e i Carolingi, unificarono etnicamente la Francia. Un’altra pausa s’impone per chiarire chi fossero i Merovingi e i Carolingi; i primi erano appartenenti alla dinastia dei Franchi Salii discendenti da Meroveo e formarono con il citato Clodoveo il Regno Cristiano dei Franchi. Divisisi poi nei Regni di Austrasia, Neustria, Burgundia e Aquitania, cominciarono a decadere dal 630. Essendo i Re di questo periodo Roi fainéants appunto fannulloni, prevalsero i cosiddetti “maggiordomi” di Austrasia, cioè i Carolingi che esercitarono il potere effettivo.

Si estinsero nel 752 con Childerico III.

 

In precedenza, il Papa, dovendo spesso contrariare l’Imperatore e le sue eresie in campo religioso, s’era trovato a doverlo invece sostenere in campo politico, dal momento che l’intervento dei longobardi - motivato dal dover difendere la religione minacciata - rischiava di far estendere il dominio di costoro su tutta l’Italia.

Prima Gregorio II, poi Gregorio III e Zaccaria continuarono una politica di abili equilibrismi, maturando le ragioni che spinsero Stefano II a compiere un viaggio in Francia e a gettare le basi di un accordo che sarebbe stato presente per undici secoli nella storia italiana.

Si disse che nelle trattative intercorse tra Stefano e Pipino fossero stipulate donazioni; in effetti si rispettò l’impegno di far sgomberare dai Longobardi molti territori e il Re franco diede la garanzia di proteggere il Papa da qualsiasi attentato o invasione, passando inoltre al suo governo le terre che sarebbero dovute tornare all’Impero Bizantino.

 

Tuttavia il nuovo potere del Papa - che ufficialmente traeva origine e giustificazione dall’autorevolezza spirituale - non era legittimato dalla giurisdizione.

L’Imperatore Costantino aveva, con la sua Costituto, soltanto concesso un titolo al potere temporale, ma fu solo adesso, con Pipino, che la cattedra di San Pietro ottenne effettiva potestà sull’Esarcato, sulla Pentapoli e, successivamente, anche sul Ducato Romano che venne consegnato al Pontefice dopo la sconfitta finale di Astolfo.

Questo Stato ecclesiastico ebbe dunque inizio formale nel 756 e i successori di Stefano cominciarono ad effettuare opere di riorganizzazione e a progettare la sua estensione.

Si rafforzarono e si consolidarono gli accostamenti fra i due poli dell’Esercito cristiano: la Monarchia carolingia e lo Stato della Chiesa.

Gli spiriti più illuminati cominciarono a guardare al futuro con maggior ampiezza visuale sugli avvenimenti che, di fatto, sarebbero seguiti e avrebbero:

-         Sconfitti definitivamente i Longobardi

-         Troncati i legami tra Roma e l’Oriente

-         Create le premesse per il maggior avvenimento del Medio-Evo cioè la concretizzazione dell’Impero d’Occidente nel nome di Carlo Magno.

 


Carlo Magno con la spada e la croce, i due attributi regali