Da “SAPERE” – Ulrico Hoepli Editore
Anno VI – Volume XII – Serie Seconda – n. 19/139
15 ottobre 1940 - XVIII

 

PRIMI PASSI E RIVENDICAZIONI DELLA PROPULSIONE NAVALE
di Arrigo Usigli

 


Le imbarcazioni a vapore di Miller e Taylor nei primi esperimenti eseguiti sui fiumi scozzesi (1768)

 

I transatlantici di 85.000 t. che attraversano l'Oceano congiungendo la vecchia Europa col nuovo Continente in meno di 4 giorni a velocità medie dell'ordine di oltre 31 miglia (circa 58 km all'ora) scatenando nelle loro viscere di acciaio potenze di 160-200 mila cavalli; le nuove costruzioni annunciate che rasenteranno le 100.000 tonnellate di stazza, con propulsori di non meno di 280.000 cavalli per marciare a 33 o 34 miglia; e tutte le altre navi delle grandi linee, che oltre a rappresentare delle città naviganti, riuniscono oggi i punti più distanti del globo con percorsi che raggiungono al massimo le tre settimane (tale è la durata per le navi italiane dell'attuale percorso Mediterraneo-Cina), non sembrano ormai più impressionare l'opinione pubblica, che abituata ai miracoli di fronte ai quali la scienza ha saputo portarla, considera ogni passo avanti realizzato come un procedimento normale e di ordinario interesse.

Diciamo subito che se nell'ultimo trentennio i miglioramenti e le innovazioni applicati rappresentano senza dubbio punti fondamentali (combustione liquida, turbine ad alta pressione, motori endotermici, sistema turboelettrico) il merito fondamentale della scoperta e delle prime vaste applicazioni della propulsione a vapore rimane al secolo XIX e se vogliamo anche al XVIII. Infatti, se è vero che il nostro secolo ha saputo annientare le distanze nel trasportare per il mondo con la velocità della luce notizie, avvenimenti, suoni ed immagini, non dimentichiamo che il treno ed il bastimento a vapore erano in rigoglioso sviluppo fin dalla fine dell'800, al quale rimane nella storia dell'umanità il vanto di aver apportato in forma concreta questi grandiosi strumenti per il ravvi-cinamento dei popoli.

A quando risalga con esattezza la scoperta della propulsione meccanica delle navi per mezzo del vapore, a chi vada con precisione storica e scientifica il merito assoluto, è difficile poter dire. Come sempre, anche qui a tentativi iniziali di geniali precursori sono seguite fasi diverse ed incerte attraverso le quali tutte le grandi nazioni civili in misura diversa hanno portato il loro contributo.

Si considera ormai come fatto acquisito che l'onore del primo effettivo tentativo spetta alla Germania, quando nel 1707 Dionigi Papin, professore all'Università di Marburgo riuscì a ottenere dalla Royal Society inglese l'incarico di eseguire un viaggio sopra un battello a vapore da Cassel a Londra per portare alla Regina Anna d'Inghilterra la reale testimonianza della sua nuova strepitosa realizzazione. La spedizione non arrivò alla mèta non per imperfezione del mezzo, bensì per il deplorevole e celebre episodio dei barcaioli del fiume Fulda, che, vedendo passare questa nuova semovente imbarcazione, scatenarono su di essa tutte le loro ire e all'altezza di Münden la distrussero completamente.

Si hanno tuttavia testimonianze precise circa questo episodio. Negli archivi della biblioteca di Hannover si possono trovare manoscritti del Leibniz, il quale nel raccontare questa dolorosa vicenda (a lui Papin s'era rivolto per ottenere il permesso di navigare sul fiume sul quale in quel tratto i barcaioli avevano un totale privilegio di navigazione), dice che si trattava di una « macchina a vapore idraulico a ruote ».

Così fino alla seconda metà del 1700, quando il genio di Giacomo Watt portò un nuovo impulso studiando e costruendo la prima razionale macchina a vapore, un vero progresso non si verificò. Con una eccezione particolarmente interessante per noi italiani:

Nel libro STEAM AND STEAM NAVIGATION edito a Edimburgo nel 1841, il capitano Scott Russel cita un fascicolo di « Elementi di fisica sperimentale » pubblicato a Firenze fin dal 1796 nel quale si riferisce testualmente: « Giacomo Watt fu l'inventore della macchina a vapore in Inghilterra verso la fine del XVIII secolo. Ma molti esperimenti erano già stati fatti in addietro. Un italiano, Serapino Serrati, fu non solo il primo che ideò un bastimento a vapore, ma anche il primo che fece con bastimento a vapore esperimenti sull'Arno ». Sfortunatamente le documentazioni su tali tentativi sono piuttosto imprecise, ma pur dovendo riferirle al gruppo degli studi preparatori e incompiuti, esse testimoniano che anche l'Italia non è rimasta assente in quella magnifica battaglia scientifica ingaggiata con tanto entusiasmo fin da oltre due secoli fa.

Certamente i radicali successivi perfezionamenti introdotti dal grande Watt nella macchina a vapore portarono un altro contributo decisivo allo sviluppo della propulsione navale; la sua double acting engine (macchina a doppio effetto) del 1761 e infine il suo brevetto del 1781 che descrive ormai la trasformazione dell'energia cinetica alternativa per effetto di successive espansioni del vapore in moto rotatorio continuo, ne sono due capisaldi fondamentali. Ma la sua mente affrontava anche altri problemi di meccanica; così il Muirhead riferisce una lettera da lui scritta al Dott. William Small nel 1770 nella quale dice: « I made some tests with a spiral car», (« ho fatto esperimenti con un remo a spirale ») accennando ai suoi studi su rudimentali tipi di eliche propulsive.

In Francia, fin dal 1774 il d'Auxiron aveva iniziato prove sulla Senna, mentre il marchese Jouffroy, dopo una quindicina di anni di tentativi con alterna fortuna ottenne nel 1783 navigando sul fiume Saône col suo « battello di fuoco » più brillanti risultati; tuttavia l'iniziativa di costituire un gruppo azionario per tentare maggiori sviluppi non ebbe seguito per le condizioni troppo ardue imposte dal Governo di Parigi nel promettere la sua adesione.

I fratelli Perrier alla loro volta portarono a compimento nel 1781 quella « pompe a feu » che doveva essere anche oggetto di benevola curiosità da parte di Beniamino Franklin, allora inviato politico degli Stati Uniti a Parigi, il quale però, contrariamente a quanto normalmente si asserisce, non si interessò gran che di questi studi o per lo meno delle loro fasi iniziali, preso come era dai suoi problemi dell'elettricità e non dimostrò eccessiva fiducia nelle nuove possibilità che essi venivano prospettando.

Nei riguardi di un bastimento costruito dal suo compatriota Fitch, il « Perseverance », così egli si esprimeva in una lettera inviata a Vienna nell'ottobre 1778 al suo amico Dott. Ingelhouse: « Noi non abbiamo ora qui (in America) nulla di nuovo in fisica, salvo che una barca spinta dal vapore sul nostro fiume che naviga contro corrente. Si spera di poter semplificare e perfezionare l'invenzione in modo che essa divenga di utilità generale ».

Così dieci anni più tardi, dopo aver navigato assieme a Washington sul fiume Delaware con un nuovo battello dello stesso Fitch, egli partecipò alla costituzione di una Società per la costruzione di un bastimento più grande, ma alle prime difficoltà non si adoperò in modo energico e lasciò che anche questa iniziativa crollasse poco più tardi.

Citerò l'americano Rumsey, che tentò con poca fortuna una propulsione a reazione sull'acqua e gli inglesi Miller e Taylor, i quali tra il 1780 e il 1790 cercarono con interessanti prove un più originale adattamento della macchina a vapore allora realizzata da Watt.

Ormai gli eventi maturavano e se da un lato si deve riservare il diritto di priorità come pratico battello con propulsione a vapore alla « Carlotta Dundas » costruito da Symington in Inghilterra nel 1802, è a Roberto Fulton, giovane pittore americano e appassionato studioso di meccanica, che spetta il giusto vanto di aver apportato veramente la risoluzione definitiva del problema con la costruzione del primo bastimento a vapore. Dopo una felice prova eseguita a Parigi nel 1803, egli ritornò in America accingendosi tra l'incredulità e la derisione generale alla costruzione di quel « Clermont » lungo ben 44 metri, della portata di 160 tonnellate, a due ruote azionate da una macchina di 18 cavalli, col quale egli compì nell'agosto 1807 il primo vero viaggio a vapore risalendo l'Hudson da New York a Clermont, quindi fino ad Albany e ritorno.

 


Il “Clermont” di Fulton, col quale egli compì nel 1807 il primo grande viaggio a vapore
(da una stampa dell’epoca)

 

È interessante ricordare che Napoleone Bonaparte si era reso conto dell'importanza di questi nuovi programmi e già dal 1804 aveva ordinato di sottoporre a una commissione di dotti gli studi che Fulton gli aveva presentato. Così si esprime il trentacinquenne imperatore in una lettera indirizzata al suo Ministro dell'Interno de Campigny: « ... Voi mi avete informato troppo tardi del progetto di un ingegnere, il cittadino Fulton, che è in grado di cambiar la faccia al mondo ». E più avanti: «... una verità grandiosa, effettiva, palpabile mi sta davanti agli occhi; sarà affare di questi signori esaminarla e sforzarsi di comprenderla ».

Appare quindi discutibile la dichiarazione fatta da Rennie nel Congresso degli Ingegneri di Londra del 1846 nel quale egli asseriva che Napoleone non aveva per nulla appoggiato le nuove iniziative.

A Fulton si deve anche il merito di aver costruito nel 1814 il primo battello a vapore da guerra, il « Demologo », che doveva servire con i suoi 30 cannoni a difendere New York da eventuali attacchi nemici, prevedendosi che dall'imminente Congresso di Vienna avrebbero potuto scaturire delicatissime situazioni politiche.

In Europa dopo la « Cometa » dello scozzese Enrico Bell (1811), piccolo battello con una modesta macchina di soli tre cavalli, i primi piroscafi degni di questo nome furono l'« Elise » (1813) e l'« Etnea » (1814).

 


La prima razionale nave a vapore costruita in Europa, l’”Elise” (1813)
(da una stampa dell’epoca)

 

Come per la grande navigazione fluviale anche per la navigazione transatlantica a vapore gli americani possono vantare una giusta priorità, giacché spettò al « Savannah » il difficile compito di riunire per la prima volta il vecchio al nuovo Continente partendo dal porto omonimo in Georgia, e giungendo a Liverpool dopo una perigliosa navigazione di ben 26 giorni.

L'Inghilterra costruì nel 1826 un grande piroscafo, l'« Enterprise », con il quale iniziò i primi regolari servizi a vapore coll'India, e nel 1838 il « Great Western », il primo transatlantico che riuniva Bristol con New York in 16 giorni.

Successivamente tutti i paesi cominciarono ad affrontare risolutamente la costruzione di piroscafi e non si può tacere l'enorme impulso dato alla marina mercantile inglese per opera di Samuele Cunard che fin dal 1838 iniziò coraggiosamente l'organizzazione di linee marittime regolari le quali crebbero rapidamente in lunghezza, sviluppo ed importanza. Giova anzi non dimenticare che non fu facile la lotta e la concorrenza con i grandi clippers a vela che ormai da anni battevano le grandi linee tenendo con sicurezza i diversi mercati del mondo; si pensi ad esempio che ancora nel 1853 il 4 alberi « James Baines » costruito assieme al « Lightning » da Mc Kay per la linea Liverpool-Australia, attraversò l'Atlantico da Boston a Liverpool in soli 12 giorni e 6 ore stabilendo il record ancora imbattuto di traversata atlantica a vela. La stessa nave compì l'anno dopo il giro del mondo in soli 134 giorni.

Ma ormai i vantaggi indiscutibili della nuova propulsione dovevano travolgere ogni difficoltà e non si assiste ormai che a una serie di continui perfezionamenti per trovare l'orientamento definitivo.

Il sistema a ruote applicato inizialmente venne comunque sostituito da quello ad elica soltanto molto più tardi, quando altri elementi tecnici avevano potuto conciliarsi o perfezionarsi. Infatti sebbene fin dal 1819 Russell avesse propugnato il sistema ad elica essa trovò delle applicazioni pratiche solo dopo il 1850. Verso la stessa epoca cominciarono ad apparire anche le prime costruzioni in ferro.

 


Uno dei primi vapori transatlantici con propulsione a elica, il “Russia” di 2960 tonnellate della Società Canard (1867)
(da una stampa dell’epoca)

 

Non potrò così tralasciare di ricordare in questa breve rassegna il famoso « Great Eastern » il titano marittimo, il leviatano dei mari, costruito nei cantieri inglesi di Scott Russell per i viaggi verso l'Australia, e completato nel 1859. Aveva una stazza lorda di 19.000 tonnellate, propulsione mista a ruote e ad elica con una potenza complessiva di oltre 3.000 cavalli, 5 ciminiere, era lungo 207 metri, largo 25 e avrebbe dovuto trasportare non meno di 4.000 passeggeri. Questa « nave mammut », come era definita, rappresentò tuttavia un passo inadeguato per i suoi tempi; la irregolarità del servizio, l'efficienza non continuativa, le troppo frequenti avarie finirono a portare la Compagnia armatrice quasi all'orlo del fallimento. Il « Great Eastern » ha in ogni modo il merito di rappresentare una pietra miliare nella storia delle grandi costruzioni navali e di essere servita inoltre alla posa dei primi cavi telegrafici transatlantici tra il 1865 e il 1868.

La propulsione a ruote non tramontò completamente, e se va ormai lentamente sparendo nella navigazione lacuale, essa è tuttora applicata con successo in quella fluviale; nei grandi fiumi e porti americani fanno ancora oggi servizio dei grandi piroscafi a ruote e a « side level engine » ossia a bilanciere laterale, sistema che era stato realizzato già da Fulton.

 


Piroscafo in navigazione lungo un grande fiume americano. Si noti il bilanciere, visibile al disopra delle ruote, per la trasmissione del movimento di propulsione. Ancora oggi vi sono in servizio battelli di questo tipo.

 

L'Italia fin dal 1847 ebbe in Raffaele Rubattino il fondatore del primo grande gruppo armatoriale al quale si aggiunsero più tardi la Florio, la Veloce, la Lavarello e molte altre, stabilendo con esse le basi delle grandi comunicazioni regolari con le Americhe, con l'Africa e con le altre sponde mediterranee.

Chiuderò rilevando come un'altra Compagnia, sostanzialmente italiana anche se sorta sotto altra bandiera, abbia già celebrato il centenario della sua fondazione; essa è il Lloyd Triestino, questa gloriosa compagine che dall'Adriatico ha spinto da decenni verso l'Oriente la sua poderosa influenza marittima stabilendo una grandiosa tradizione di traffico che oggi più che mai continua ad essere mantenuta attraverso l'invidiato predominio dei suoi superbi bastimenti.

Anche in questo campo dunque occorre precisare che nel complesso fenomeno scientifico, marittimo, politico e sociale che è venuto determinandosi nel secolo scorso fra tutte le nazioni del mondo per effetto della scoperta della propulsione a vapore, l'Italia, nazione marinara per eccellenza, non è rimasta assente apportando con l'intelligenza e la serietà delle sue iniziative un contributo non trascurabile alla storia della navigazione.