Da “SAPERE” – Ulrico Hoepli Editore
Anno V - Volume IX - n. 98
31 gennaio 1939 - XVII

 

IL XVI SALONE AERONAUTICO
 di Armando Silvestri

 

La tradizione vuole che al Salone Aeronautico di Parigi i più interessanti prototipi della produzione europea, e qualche volta anche quelli dell'industria extraeuropea, vengano esposti in bella mostra, dando la misura del punto al quale la tecnica e la scienza aeronautiche sono riuscite a giungere.

Quest'anno, per il XVI Salone che ha tenuto aperto i suoi battenti dal 25 novembre all'11 dicembre del 1938, la più grande delusione era riservata ai ricercatori di novità. Difatti ben poche ve ne erano, anch'esse di un interesse mediocre. Il fenomeno non poteva cogliere alla sprovvista, e inquadrando la mostra nel complesso ambiente internazionale, politico, militare e tecnico, era facile comprendere che nulla più di quanto si è visto avrebbe potuto vedersi.

Al visitatore anche distratto non poteva sfuggire il carattere essenzialmente militare assunto dal Salone, e la netta prevalenza di macchine destinate a tale impiego su tutte le altre; posto questo, era più che naturale l'assenza dei prototipi. D'altra parte la mancata partecipazione di tre nazioni quali l'Italia, il Giappone e l'U.R.S.S., che in fatto di aeronautica hanno la loro parola, e non certo trascurabile, da dire, poneva la sordina a questo XVI Salone parigino, abbassando il suo consueto aspetto di "confronto diretto" fra le diverse produzioni a quello di una mostra limitata, eccessivamente limitata. Date queste premesse, che erano doverose per orientare immediatamente il lettore, è inutile avvertire che tutte le considerazioni di ordine generale che verranno fatte vanno interpretate con riserva, come il frutto di osservazioni parziali ed incomplete.

 

Tecnicamente parlando, che cosa offriva il XVI Salone di Parigi?

Iniziando l'esame dal settore militare, un grande sfoggio di apparecchi da caccia e da bombardamento, medio e pesante, era tatto da tutte le nazioni. Mentre la Francia non esponeva materiale di grande classe - il «Morane Saulnier 406» è l'apparecchio di serie delle nuove squadriglie francesi, mentre il «Bloch 151» il «C.A.O. 200», il «Caudron Cyclone» non sono ancora adottati, e l'«Arsenal 30 C.I», unico prototipo, non ha superato i collaudi - alcune altre nazioni dicevano qualcosa di interessante in proposito. La Inghilterra esponeva l'«Hawker Hurricane» ed il «Supermarine Spitfire» che hanno fatto parlare di sé in modo probabilmente troppo superlativo, e dovrebbero, al dire degli Inglesi, far parlare ancora; non v'è dubbio che, sfruttando il motore «Rolls-Roice Merlin» (1000 cavalli, raffreddamento a liquido) di forma slanciata e molto ben capottabile, hanno raggiunto brillante armonia di linea, che in aeronautica vuoi dire efficienza e velocità.

La Polonia, la nazione che brillava di più in questo XVI Salone, perché i sei apparecchi che vi presentava erano tutti nuovi di zecca ed ottimi sotto tutti i rapporti, esponeva un bimotore da caccia, mentre il bimotore tedesco «Dornier Do. 17» era un "combattimento". L'Olanda presentava l'«F.K. 58» di Koolhoven, monoposto di tipo classico, mentre il «Fokker D. 23» era un bimotore di tipo rivoluzionario, con motori in tandem e il pilota sito tra di essi, protetto da blindatura di acciaio, impennaggi portati da travi di coda e carrello triciclo. Tutte queste macchine, ad ali monoplane interamente a sbalzo, e con carrelli retrattili, rivelavano una cosa essenziale : lo sforzo verso la velocità ; ma nonostante le potenze installate spinte oltre i 1000 cavalli, la frontiera dei 500 km orari appare varcata di poco (non è il caso di prendere sul serio i 600 km orari attribuiti dagli Inglesi al loro «Hurricane»). Al contrario la potenza di armamento è progredita in tutti, ed appare notevole ; da un minimo di quattro armi installate (a due a due di calibro diverso nella maggioranza dei casi), si arrivava ad un massimo di otto mitragliatrici d'ala (caccia inglesi) ; questo da evidentemente un volume di fuoco notevolissimo (il tiro è contemporaneo), reso necessario dalla brevità del "contatto balistico" concesso dalle altissime velocità di volo.

La stessa tendenza alla velocità era visibile nel campo del "bombardamento", numericamente meno bene rappresentato al Salone, per le evidenti difficoltà di esposizione. E bisogna dire, a desolazione dei "cacciatori", che i limiti di velocità dei bombardieri a pieno carico apparivano molto elevati. Le macchine più importanti erano il «Bristol Blenheim» inglese ed il «Los» polacco, entrambi bimotori; la Francia esponeva diversi bombardieri di medie dimensioni, ed il «Bloch 162 B. 5», quadrimotore non ancora omologato; ma non si trattava di macchine d'eccezione. I 400 chilometri orari per questi corridori del ciclo erano cifre normali, spesso superate, pur con capacità di carico fra 1000 e 2500 chili di bombe ed armamento difensivo completo. Architettonicamente, nel "bombardamento" si notava, oltre l'ala a completo sbalzo adottata anche qui universalmente ed i carrelli retrattili, la molteplicità dell'installazione motrice. Predominavano i bimotori, vi era qualche quadrimotore e, per il bombardamento leggero, la ricognizione e il tiro in picchiata, il monomotore, ma non esistevano affatto trimotori. Questo orientamento costruttivo, senza dubbio discutibile, viene giustificato dai vantaggi militari che l'assenza del motore in fusoliera produce automaticamente.

L'abbondanza di bimotori molto veloci, ed il generalizzarsi degli ipersostentatori che nel Salone apparivano come dominatori assoluti su ogni tipo di velivolo, ha creato una nuova serie, più lenta dei velivoli di impiego normale ma che nei riguardi del pilotaggio presenta le stesse difficoltà e può quindi abituare i piloti a padroneggiarle.

L'aviazione civile era rappresentata al Salone con suoi due estremi: i grossi aeroplani da passeggeri ed i piccoli da turismo. Nella zona intermedia si poteva classificare solo il polacco «Ioi» per 14 passeggeri e 4 uomini di equipaggio, ed il «Potez 662» per 12 passeggeri. Mentre però i "grossi" erano scarsamente rappresentati al vero (solo il francese «Centre 2234» transatlantico era presente in vera grandezza, e l'idro «S.E. 200» era ricostruito parzialmente in cartone), i "turismo" di più facile trasporto ed esibizione erano numerosissimi, ed andavano dalla realizzazione "tutto metallo" come quelli del «Concorso Duralumin», ai tipi più strani come l'«Élytroplane» e un nuovo «Pou-du-ciel» a cabina chiusa.

Abbiamo parlato sin qui di aeroplani; il lettore può giustamente chiedersi se gli idrovolanti fossero completamente assenti. Se non completamente, quasi: il Salone era quasi esclusivamente "terrestre", e perfino il "transatlantico" «Centre 2234» era terrestre. Ma gli idro, ricordati dal cartone del «S.E. 200», ed ancor meglio dal «Potez 160», dominano il futuro per ciò che concerne i massimi carichi. Del resto il «Potez 160», esamotore con sei motori Train da 40 cavalli, è buon esempio di questa tendenza, dato che riproduce, con perfetta similitudine geometrica e meccanica in scala 1:2,6, l'esamotore transatlantico «Potez 161» ancora in progetto.

Parlando dei velivoli abbiamo accennato all'universale adozione del monoplano, quasi sempre a tutto sbalzo, qualche volta parzialmente controventato, e del carrello retrattile ed ipersostentatore. Questo per l'architettura. Per i materiali ed i metodi di costruzione il XVI Salone non poteva dire nulla di definitivo, perché tutte le tecniche, tendenze e scuole erano presenti. Si poteva riscontrare, tuttavia, una prevalenza delle costruzioni interamente metalliche, ancora una certa abbondanza-di costruzioni miste, e scarsa quantità, meno scarsa però di quanto i precedenti Saloni potevano far pensare, di costruzioni interamente in legno. La saldatura ha fatto netti progressi, ma le chiodature, specie a testa rasata, hanno pure progredito mantenendo così le posizioni già raggiunte. In netto aumento, giustificato del resto, sono le strutture "a guscio", che dimostrano nei costruttori maggiore padronanza della materia usata e netto orientamento verso le più spinte economie di peso strutturale.

Solo un cenno possiamo concedere alle costruzioni motoristiche: esse confermano l'ascesa sempre più rapida verso le alte potenze, permessa dall'impiego vastissimo degli acciai speciali. Un gigantesco passo avanti, nel campo delle potenze, hanno consentito le eliche a passo comandabile, o variabile automaticamente, di cui esistono numerosissimi tipi di grande interesse.

In rapida sintesi il bilancio del XVI Salone, se può definirsi prodigioso dato l'ambiente elettrizzato nel quale è stato organizzato, non può soddisfare il tecnico e il critico. Non è l'aviazione del 1938 che in esso si è vista, ma solo quello che dell'aviazione 1938 non valeva la pena nascondere...

 

1. - Visione generale della sala centrale del Grand Palais. In primo piano il bimotore da bombardamento francese «Leo 45».

 

2. - Il "caccia" «Fokker D. 23» di tipo rivoluzionario. Il pilota sta fra i due motori ed è protetto da lastre di acciaio di blindatura.

 

3. - Il bimotore polacco «P.Z.L. - Wilk» di cui è visibile il notevole armamento in prua.

 

4 - Il bimotore «Hanriot 232» di allenamento al pilotaggio dei bimotori veloci.