Da “SAPERE” - Ulrico Hoepli Editore
Anno IV - Volume VII - n. 77
15 marzo 1938 - XVI

 

IN VOLO DA ROMA A BERLINO
di Vittorio Suster

 

Il comandante Vittorio Suster, milionario dell’aria, uno dei più esperti piloti dell' "Ala Littoria", descrive ai lettori di SAPERE i principali e più interessanti aspetti della professione del pilota di linea, con quella competenza e quella passione che gli vengono da oltre undici anni di voli ininterrotti sulle linee europee e africane. Il suo trillo costituisce anche un singolare documento sulla vita quotidiana della gente dell'aria.

 


Uno dei trimotori S. 73 in servizio sulle linee dell’Ala Littoria

 

ANCHE per il passeggero abituale di linee aeree, la stretta porta che separa la cabina di pilotaggio da quella dei passeggeri rappresenta una specie di barriera insuperabile, che nulla o nessuno possono permettere di varcare, e al di là della quale si compiono le pur sempre un poco misteriose "manovre ". Ma non infrango le rigide norme di bordo, se invito il lettore di SAPERE ad occupare accanto a me, nella cabina di pilotaggio, il posto del secondo pilota, per rendersi conto immediatamente delle varie operazioni che comporta un normale volo di linea. Sarà per lui un modo affatto nuovo di volare, e ciò che apprenderà varrà certamente a formargli un'idea meno vaga sulla nostra nuovissima professione, e a indurlo a... volare ancora di più.

- Ecco, accomodato? Un istante, prego, senza toccare nulla delle numerose leve e chiavette che La circondano, e senza imbarazzi, anche se La lascio solo con i motori in moto. L'apparecchio non decollerà senza il pilota, e in tutti i casi c'è alle Sue spalle il motorista che sorveglia. Torno subito

Fatto. Ho voluto assicurarmi della esatta distribuzione del carico, poiché partiamo al completo. Nel frattempo, ho anche firmato la ricevuta dei bollettini meteorologici.

La partenza è imminente. Vede quel guardialinee che agita una bandiera verde? E il segnale: sono esattamente le 8: mi assicura che tutti i passeggeri e i loro bagagli sono a bordo, e che ogni apertura è chiusa.

 


L’apparecchio I-ASTI rullando sulla pista asfaltata dell’aeroporto del Littorio, si porta alla linea di partenza

 

Abbassando queste tre leve dò ora gas ai motori, e rullo per portarmi sulla linea di partenza, controvento. Adesso apro tutto il gas, spingendo in avanti in pari tempo la leva del timone di quota, per far alzare la coda. Ha avvertito? La coda si è alzata proprio in questo momento; rulliamo ora a tutta velocità sulle sole ruote anteriori. Questo movimento leggermente ondulatorio è dato dalle ineguaglianze del terreno. Ecco, siamo in aria.

E ora non c'è che da guadagnare quota. Dopo la leggera virata che stiamo facendo per metterci in rotta ridurremo un po' anche la velocità dei motori. Ha visto in questa virata come rapidamente ci siamo allontanati dall'Aeroporto del Littorio, e come Roma sfumi nella foschia del mattino? E come invece appaiano nitidi i particolari del suolo, visti da così bassa quota e sulla verticale? È una festa partire con un tempo così bello.

 


Il Vittoriano, Via dell’Impero e il Colosseo come appaiono dall’aeroplano da 300 metri di quota. Nell’angolo in basso a sinistra la pianta dell’Aeroporto del Littorio.

 

Saliamo a una velocità di due metri al secondo, sulla rotta di 360 gradi alla bussola: proprio in direzione della prua del nostro apparecchio c'è Venezia, e se potessimo stare in aria il tempo necessario giungeremmo nei dintorni del Polo Nord. E alle nostre spalle, più o meno esattamente, abbiamo il Polo Sud. Ecco una geografia semplificata.

In questo momento, il marconista si è messo in contatto col campo di S. Nicolò del Lido, trasmettendogli questo radio:

«Venezia ILS — apparecchio I-ASTI partito da Roma ore 08 diretto Venezia — passeggeri 5 Venezia — 4 Monaco — 6 Berlino — 1 Budapest — Navighiamo quota 3000 — Tutto bene.»

I-ASTI è il nominativo di immatricolazione nel Registro Italiano Navale e Aeronautico (SAPERE, fasc. 42) del nostro trimotore: un S. 73 costruito dalla Savoia Marchetti di Sesto Calende, la stessa da cui uscirono i famosi S. 55 delle crociere atlantiche di Balbo. L'S. 73 ha anzi ereditato la medesima ala dell'S 55. Ma, permetta... Non è necessario salire oltre: con questo bel tempo non c'è proprio bisogno di lambire la stratosfera... Non mancheranno le occasioni, in seguito.

Due giri a questa leva, per rettificare l'angolo di incidenza del piano fisso di coda, e l'apparecchio prosegue in perfetti linea di volo, senza salire o scendere neppure di dieci centimetri al secondo. Vede com'è bene equilibrato? Anche togliendo le mani e i piedi dai comandi, continua senza deviazioni sul suo cammino. E vuol sentirne la sensibilità? Provi ad agire leggermente sul volantino: così. È pronto ad obbedire al Suo comando, inclinandosi docilmente a destra o a sinistra.

Siamo in pieno volo di crociera, a 250 chilometri orari, come fa fede l’indicatore di velocità. In queste condizioni di tempo il pilotaggio non richiede grande attenzione: basta dare ogni tanto un’occhiata generale agli strumenti e alla bussola, controllando anche il terreno che si sorvola. La pratica ci fa capire dal rombo dei motori se il ciclo della combustione avviene regolarmente. C è inoltre sempre il motorista attento a regolare i parzializzatori (cioè le alette del radiatore dell'olio), i dosatori di miscela ecc.

Il volo diventa cosi anche monotono... Da queste altezze, quasi sempre una larga fascia di foschia vela l'orizzonte, e la quota appiattisce generalmente i panorami, cosi che l’occhio finisce per non trovarvi più alcun motivo di distrazione. E poi l’abitudine… Per un pilota che ha passato più della metà della sua vita in aeroplano vi sono più particolari eccitanti la sua curiosità in una via cittadina, che non fra le nuvole. Nessuna meraviglia quindi se, a turno il primo e il secondo pilota si alternano ai comandi, per permettere all'altro di scorrere il giornale del mattino, o i settimanali illustrati o finire il libro incominciato... Staccati materialmente per due terzi della giornata dalla terra, non abbiamo il diritto di staccarcene anche spiritualmente... Ma questo è divagare.

Osservi piuttosto San Marino quasi esattamente sulla nostra verticale, e là a destra Rimini con la sua spiaggia che appare tanto piccola. Chi direbbe che d'estate può ospitare tante migliaia di bagnanti?... Raramente però ho visto l'Adriatico con colori cosi vividi. Ma è ora di cominciare a planare, se vogliamo arrivare su Venezia alla quota esatta.

Un metro e mezzo di discesa al secondo, per evitare ai passeggeri le caratteristiche punture ai timpani proprie delle discesi brusche. Neppure Lei si è accorto che l'apparecchio ha mutato assetto di volo. Ma e necessario togliere un po' di gas ai motori, per non assumere velocità da primati. L'apparecchio prende cosi da solo il giusto angolo di planata.

Sorvoliamo in questo momento le foci del Po. Ecco Chioggia, Venezia, il campo di S. Nicolò del Lido nella sua forma caratteristica, stretta ed allungata, secondo la direzione SW-NE.

La manica a vento a strisce rosse e bianche e la freccia a terra ci avvertono dell'intensità del vento e della direzione d'atterraggio. È prudente prendere terra sempre controvento. Quella palla rossa appesa all'antenna delle segnalazioni significa invece che al disopra dell'aeroporto bisogna girare a sinistra, come facciamo per predisporci all'atterraggio.

 


La fase della “richiamata” che precede immediatamente la presa di contattocol suolo durante l’atterraggio

 

Siamo in direzione del campo: il marconista ha avvolto sull'apposito tamburo l'aereo filante. Il secondo pilota abbassa gradualmente i flaps, le alette che, disponendosi normalmente alla direzione del volo, frenano la velocità all'atterraggio. Non possediamo più di 120 chilometri all'ora. Sorvoliamo in questo momento il limite dei campo: spengo completamente i motori. Siamo a pochi metri dal terreno: una "richiamata" al momento giusto sulla leva di comando per abbassare la coda, quando l'apparecchio ha pressocchè smaltito la velocità di sostentamento, e tocchiamo il suolo con le tre ruote contemporaneamente, senza il minimo sobbalzo. Questione di pratica. Qualche colpo alla leva del freno ad aria compressa, per non "mangiarci" tutto il campo, e siamo fermi davanti alla palazzina della Direzione.

Eccoci così alla fine della prima tappa.

 


Il campo di S. Nicolò a Venezia e quello originalissimo di Monaco di Baviera

 

Come ha potuto osservare, le operazioni di smistamento sono state oltremodo sollecite: rieccoci nuovamente in volo, diretti a Monaco. Rotta di 350 gradi alla bussola. Ma questa volta ci attende un volo un poco più difficile del precedente: i bollettini segnalano cielo coperto su tutta la rotta, con formazioni varie di pioggia. Occorre guadagnare subito quota perché le Alpi con le loro cime di oltre 4000 metri sono imminenti. Le prime nubi: ci siamo.

 


Il cartello meteorologico della stazione meteorologica di Venezia Lido che preannuncia cattivo tempo sulle Alpi e nebbia a Monaco

 

Questo scossone e questo buio improvviso sono l'inizio: siamo entrati in uno strato di nuvole. Speriamo di forarlo in pochi minuti. Più in alto ritroveremo il sole. Balleremo, ma non ne potremo fare a meno: in prossimità e dentro le nubi l'aria è sempre agitata, piena di vortici che causano beccheggi e rollii all'apparecchio.

 


Quota: 2500 metri

 

Dove riesco a trovare tanta tranquillità nonostante questa assenza di visibilità? Osservo il cruscotto: l'orizzonte artificiale, basato sul fenomeno giroscopico, mi indica esattamente e con la massima prontezza, per mezzo di questa sagoma di aeroplano, la precisa posizione che occupo nello spazio. Il variometro (ossia l'indicatore di salita e discesa) mi assicura che salgo a tre metri al secondo, mentre l'indicatore di velocità mi garantisce che procedo coi consueti 250 chilometri orari. Tutto bene, non Le pare? Dia anche un'occhiata all'altimetro: abbiamo raggiunto i 5000 metri, attraversando tre strati di nubi: non rivedremo la terra che a Monaco. Questo panorama di nuvole è un vero paesaggio di fiaba…; e diverte cogliere gli atteggiamenti di ammirato stupore dei passeggeri. In verità è davvero meraviglioso che del semplice vapore acqueo riesca a produrre forme così varie e immense. Ho visto alle volte, specie d'estate, nuvole di parecchi chilometri di diametro, elevarsi per due, tre migliaia di metri. Vere montagne di un candore abbagliante... Ma è l'ora di farsi rilevare: senza punti di riferimento al suolo, è necessario rimanere in contatto con le stazioni radio a terra, per non perdere la strada Il compito è del marconista. Mediante il codice radiotelegrafico internazionale egli chiama in ascolto tre stazioni a terra, nel nostro caso Milano, Stoccarda e Vienna, pregandole di comunicargli la località che stiamo sorvolando. Poi, emette una serie di “o” e di “m” in linguaggio Morse, perché quelli a terra lo possano rilevare col radiogoniometro. Vede? Già fatto. Il marconista mi passa ora il "punto", a un solo minuto dalla sua richiesta. Siamo esattamente sulla verticale della Vetta d' Italia. Si rende conto di come con l'assistenza radiometeorologica il volo, anche nelle peggiori condizioni atmosferiche, sia di una sicurezza assoluta? E come sia del tutto escluso che si possano commettere errori? Non era così agli albori della navigazione aerea civile. Anche allora si partiva spesso con tempo cattivo, e magari con monomotori... Naturalmente non mancavano imprevisti, e atterraggi forzati fuori campo. Io ne ho al mio attivo ventiquattro, tutti per fortuna effettuati brillantemente. Ma anche allora i passeggeri avevano fiducia in noi piloti. Oggi tutto è perfezionato; si può volare anche senza visibilità ed atterrare su campi completamente avvolti nella nebbia.

 


Quando è possibile ammirarle: le Alpi

 

Ma ecco un altro rilevamento radiogoniometrico: siamo sulla verticale di Innsbruck. Abbiamo sorvolato tutto il massiccio alpino, e possiamo incominciare a planare. Davanti a noi, sotto una coltre di nubi, si stende la pianura bavarese. Temo che il cattivo tempo non ci lascerà ancora, e che a Monaco dovremo effettuare un atterraggio nella nebbia. I bollettini lo confermano: a Monaco meno di un chilometro di visibilità orizzontale e cinquanta metri sulla verticale. Stia attento: è una manovra interessante.

Ora è il radiogoniometro a terra che mi guida in dilezione del campo, segnalandomi se l'apparecchio devia a destra o a sinistra. In questo momento il marconista mi avverte che siamo esattamente al disopra del campo. È un lavoro che richiede grande attenzione e rapidità, i rilevamenti dovendo essere dati ogni 40 secondi. Siamo a 400 metri di quota. Occorre procedere oltre il campo mantenendo rigorosamente la direzione per 6 ÷ 7 minuti circa. Al termine di questo tempo, viro esattamente di 180 gradi, e mi trovo cosi col campo proprio di fronte, sulla direzione d'atterraggio. Da terra mi avvertono che posso cominciare a spegnere i motori. Perdiamo quota a mano a mano: non siamo che a 150 metri... A 100... A 50... Mi avvertono che sono sul limite del campo. «Fuori i flaps.» Spengo completamente i motori.

Finalmente la terra! La consueta "richiamata" e siamo in porto.

Il decollo con la nebbia è assai più semplice che non l'atterraggio. Lungo la direzione di partenza è tracciata sul campo una larga striscia bianca: non c'è che da seguirla. Non appena l'apparecchio ha raggiunto la velocità sufficiente, si alza da solo, proseguendo la cabrata fino a raggiungere la quota di volo necessaria.

Non occorre salire molto: bastano 2000 metri, poiché la Selva Boema e la catena delI'Erz-Gebirge che incontreremo sulla rotta non hanno cime più alte di 1000 metri. Possiamo anche navigare senz’altro con la radiobussola, servendoci del radiofaro di Tempelhof che funziona ininterrottamente. Basterà perciò mantenere sullo zero l'indice di questo strumento. All'ora segnata sull'orario ci troveremo su Berlino.

Coi sistemi di navigazione attuali, e con le svariate applicazioni della radio all'aviazione, oggi neppure il volo notturno presenta troppe difficoltà. Naturalmente tutto dipende dal perfetto funzionamento dei complessi servizi a terra e dall'esattezza dei collegamenti radio, dato che il pilota in volo non ha altro mezzo per rimanere in contatto con gli aeroporti. Tutto ciò ha però da tempo superato la fase sperimentale, per entrare nell'impiego corrente. Tutta l'aviazione moderna poggia su larghe basi scientifiche, e questo fatto rappresenta la garanzia più sicura per una sua sempre più larga ed intensa diffusione.

Il nostro volo di oggi ne è una prova. Con la massima puntualità e nonostante le cattive condizioni atmosferiche incontrate su due terzi della rotta, arriviamo su Berlino, con tutto il nostro carico di passeggeri, bagagli e posta. Sono le due pomeridiane. Alle otto di stamani eravamo ancora a Roma. A quest'ora un direttissimo è arrivato sì e no a Bologna.

 


Berlino: il Duomo, fotografato dall’aeroplano in un passaggio a bassissima quota. Nell’angolo in alto a destra il campo di Tempelhof

 

Noi scendiamo invece a Tempelhof, quasi nel centro di Berlino, e fuori dal cancello d'ingresso trova già i tassi che La porteranno nel cuore della città. Non è stanco, si sente leggero e pieno d'appetito, pronto a dar inizio al Suo lavoro... Non neghi prima però un'occhiata magari sommaria a questo aeroporto che è uno dei più grandi e meglio attrezzati d'Europa, e che possiede un traffico medio di oltre cento apparecchi al giorno!

Mio compito è ora quello di far predisporre il rifornimento per il volo di ritorno di domani.