Da “SAPERE” - Ulrico Hoepli Editore
Anno IV - Volume VII - n. 80
30 aprile 1938 - XVI

 

L’IMMENSO E MISTERIOSO TEMPIO DI BOROBUDUR
NELL’ISOLA DI GIAVA
di Keppel Hesselink

 

 


Il tempio di Borobodur

 

L'ERUZIONE dei vulcani Merapi, Merbaboe, e Bromo (migliaia di vittime, centinaia di milioni di danni, sembra) ha richiamato qualche mese fa l'attenzione di tutto il mondo su Giava.

Di quest'isola molti sanno soltanto quello che la letteratura esotica e di viaggi dell'ultimo cinquantennio e il cinematografo hanno illustrato con grande lusso coloristico: un vero paradiso terrestre sotto il ciclo d'oriente. Ma non è giusto che le sole grazie che la natura vi ha profuso formino la fama di Giava: anche il genio umano, soffermandovisi in una delle tappe del suo cammino di secoli, vi ha lasciato impronte immortali: Borobudur è una di queste.

Si era a lungo ignorata, e in seguito, trascurata, l'esistenza nelle Indie Orientali Olandesi di antichi templi buddisti e indù, che non solo valgono ma anche superano in importanza quelli esistenti nelle altre parti dell'Asia; ma ormai, da qualche anno, ogni giramondo è praticamente informato di ciò, e tutti i grandi piroscafi per crociere turistiche fanno scalo nei porti della Sonda per permettere ai passeggeri di visitare quelle meravigliose rovine. Sebbene i templi dell'India britannica siano più vasti e quello di Angkor Vat, nel Camboge, appaia più imponente a chi lo contempli di lontano, nessuno di essi certamente è così bello come il tempio dì Borobudur presso Magelang nella provincia di Kedve. Esso sorge su una collina naturale; alto 31 metri e mezzo a pianta quadrata di 14,50 m di lato, è ornato di centinaia di statue di grandezza naturale e di chilometri di bassorilievi rappresentanti quanto di meglio abbia prodotto l'arte religiosa buddista: una completa iconografia di Budda nelle sue varie incarnazioni.

Il tempio sa del prodigioso e la sua visione è fonte di impressioni inesprimibili, tanto che i visitatori spesso si fermano sul luogo per più giorni, come affascinati dallo scenario favoloso offerto ai loro occhi.

 


Uno dei piccoli “stupa” a forma di campana traforata situato su ognuna delle tre terrazzacircolari del tempio

 

Borobudur è forse uno dei così detti stupa, cioè uno di quei monumenti che furono eretti sia per conservare parte delle ceneri di Budda o di qualcuno dei suoi primi seguaci, sia per consacrare uno dei luoghi dove si svolsero episodi importanti della vita del maestro o dei suoi discepoli. I buddisti asseriscono che le ceneri di Budda dopo la sua cremazione furono divise tra otto città e tumulate in sepolcri, dei quali sette vennero aperti in seguito per ordine del re Ashoka il Grande: le ceneri vennero allora distribuite in 84.000 urne di pietra e di metallo. Ovunque si fosse stabilita una colonia di buddisti, veniva sepolta una di tali urne, e sorgeva a custodirle un monumento commemorativo.

 


Frammento di bassorilievo, sulle pareti di una galleria. rappresentante l'entrata dell'elefante sacro

 

Ognuno di questi monumenti è adorato come una tomba di Budda. Come si diceva, è probabile che Borobudur sia uno stupa. Le sue dimensioni sono infatti tanto colossali che non si riesce ad ammettere che il tempio sia stato costruito in memoria di un principe, sia pure potentissimo; non si può pensare all'esistenza di alcuna potenza terrena tale da giustificare l'immensità dì un simile mausoleo. Oltre undici secoli sono passati su Borobudur dal giorno della sua costruzione. Piogge tropicali, tempeste, eruzioni vulcaniche e terremoti si sono accaniti su di esso: ma la enorme ossatura del tempio, meraviglioso prodotto di una grande mente del passato, sembra non aver quasi sofferto alle ingiurie del tempo e alla furia degli elementi.

 


Porzione a sud della terza galleria; a destra la scala d'ingresso con un leone scolpito

 

Il genere di costruzione proviene dall'India. Chi l'osserva dall'alto, nota che il tempio, poggiando e basandosi su una piattaforma, consta di quattro successive gallerie poligonali, sull'ultima delle quali si eleva un triplice ordine di terrazze circolari, che portano ognuna una corona di piccoli stupa a foggia di campana traforata e si adornano di nicchie di pietra traforata, ciascuna con una immagine di Budda seduto: in tutto 504 di uguale grandezza. Al centro dell'ultima terrazza sorge lo stupa maggiore a forma di campana. V’è da supporre che questo stupa sia la parte essenziale del tempio, e che tutto il resto non abbia altro scopo se non quello di servirgli da immenso e prezioso piedistallo. Ma guardando da una certa distanza il profilo del tempio, stagliato sullo sfondo delle luci del tramonto, appare che il complesso delle gallerie e delle terrazze forma un unico insieme costruttivo di cui lo stupa non è che la sommità; solo la base, alla quale si giunge superando la prima gradinata, non fa parte del tempio.

Durante gli scavi eseguiti per riportarla alla luce, furono scoperte delle serie di bassorilievi che apparivano incompleti. Probabilmente durante la costruzione della base fu constatato che essa sarebbe stata troppo debole per sostenere tutta la mole del tempio, e la si rinforzò circondandola tutta di un gigantesco anello di grossi blocchi di pietra.

 


Bassorilievi sulla parete d'una galleria.

 

Nulla di preciso si sa circa la storia di Borobudur, ma per far stabilire l'epoca della sua costruzione sovvengono i caratteri usati nelle iscrizioni rinvenute al di sopra dei bassorilievi della piattaforma : essi indicano che intorno all'850 d. C. la costruzione del tempio doveva essere già in corso.

Intorno al 925 cessò la dominazione indù nel centro di Giava, e da allora cominciò l'abbandono e il deperimento di Borobudur, certo favorita dalla susseguente invasione maomettana. Durante la breve dominazione inglese, che condusse al parziale crollo del tempio ricopertosi poi di vegetazione, il governatore Raffles provvide a istituire una certa tutela delle rovine. Ma se vennero compiuti lavori per cancellare le tracce del secolare abbandono, nulla di notevole venne fatto per arrestarne o prevenirne il deperimento. Solo da pochi anni, con le somme finalmente votate dal Governo olandese, si è provveduto a vaste opere di restauro nelle quali si persevera con costanza e felici risultati.