Da “SAPERE” – Ulrico Hoepli Editore
Anno VII – Volume XIV – Serie seconda - n. 41/161
15 settembre 1941 - XIX

 

 

CITTA’ LACUSTRI DELLA PREISTORIA
(di Prospector)

 


1. Ricostruzione di un villaggio palafitticolo eseguita in un grande parco nelle vicinanze di Aarau, Svizzera (Photoglob, Zurigo).

 

Chi percorre la riva occidentale del lago di Costanza, il Bodensee degli Svizzeri e dei Tedeschi, il Lacus Brigantinus dei Romani, vede stagliarsi nel cielo tanto spesso brumoso, e specchiarsi nelle acque grige, un gruppo di abitazioni che, di lontano, sembrano isolette: ma, avvicinandosi, non tarderà a scorgere che esse sono collegate alla riva da una passerella lunga una cinquantina di metri, munita del suo bravo parapetto.

Queste costruzioni sono rozze, ma accurate: e se il paesaggio che le incornicia non fosse tanto diverso, si potrebbe pensare di trovarsi davanti a un villaggio lacustre della Malesia, a Giava o a Borneo.

Esse sono, invece, la ricostruzione esatta dell'ambiente palafitticolo in cui l'uomo viveva, non più di seimila anni fa e forse meno, contemporaneamente agli Egiziani della storia; ricostruzione eseguita con scrupolosa cura da paletnografi tedeschi e svizzeri, per darci un singolare documento scientifico che ha il dono di guidare la fantasia, sul cammino della realtà accertata con positivo rigore, a rievocare l'atmosfera della preistoria.

Non mancano in Europa testimonianze di quello che fu uno sviluppo di civiltà e di cultura primordiale nelle epoche successive alle glaciazioni, quando la facies ecologica e geografica dei luoghi aveva assunto l'aspetto che all'incirca conserva tuttora; epoche che comprendiamo sotto il nome di preistoria perché non ci hanno lasciato tracce di scrittura per farci conoscere le loro esatte vicissitudini, ma che sono assai variabili, da luogo a luogo, nella cronologia, e che, come vedremo, non possono dirsi prive di una civiltà, meno primitiva e rozza di quanto può sembrare a prima vista.

Cosi, si annoverano esempi ben conservati e documentati di villaggi lacustri e palustri — che talvolta si potrebbero anche chiamare città, in quanto è presumibile accentrassero gli elementi e le funzioni di convivenza socialmente organizzata della scarsa popolazione umana del tempo — in Francia ed in Italia dove si sono avuti importanti ritrovamenti presso Castelletto Ticino.

Ma in Svizzera si trova la documentazione più abbondante e meglio conservata, ed era quindi naturale che colà meglio che altrove, essendo a disposizione in maggior copia il materiale di studio, sorgesse l'idea e vi fosse la possibilità di rievocare minuziosamente e fedelmente la vita dell'uomo, quale fu tra lo scorcio della età della pietra levigata (neolitico) ed il sorgere dell'età del bronzo (eneolitico); periodo che volge a ritroso nel flusso del tempo da 60 a 120 secoli all'incirca.

Le costruzioni palafitticole svizzere

Le scoperte fatte in Svizzera risalgono a meno di novant'anni fa, ed hanno una curiosa origine.

Nell'inverno fra gli anni 1853 e 1854, in seguito ad una magra eccezionale, restarono a secco le rive del lago di Zurigo; e gli agricoltori rivieraschi pensarono di trarre profitto dalla eccezionale circostanza innalzando, al limite del ritiro delle acque, muri di sostegno di terrapieni su cui impiantare orti e giardini, rubando un poco di lago.

Negli scavi di fondazione e fra la melma non si tardò a rinvenire prima dei pali, poscia una grande quantità di oggetti — recipienti e vasi fittili, utensili, armi — che suscitarono enorme interesse non soltanto fra gli scienziati, ma anche fra il grande pubblico.


2. Pali affioranti nei laghi svizzeri quando si abbassa il livello delle acque.

 

Si intensificarono gli scavi e si iniziò un vero e proprio commercio, che come al solito détte luogo alla... industria delle falsificazioni: si ricorda ancora, per tradizione orale, che perfino al mercato settimanale delle verdure e delle frutta si vendevano questi oggetti che tanto appassionavano tutte le categorie di cittadini.

Ma rapidamente venne messo ordine nella massa confusa di materiali che tornava in.luce: l'antropologo svizzero Ferdinando Keller vi compì studi, determinandone il carattere; si formarono raccolte sistematiche; si iniziarono gli studi per merito dei musei e dei paletnografi svizzeri: e molto si è così venuti ad apprendere sulla cultura di quelle età remote.

Le costruzioni palafitticole, di cui vogliamo qui accennare brevemente, comportano la infissione nel fondo lacustre di pali ricavati da tronchi d'albero greggi e appuntiti con attrezzi o col fuoco, mediante percussione, analogamente a come si opera oggi coi battipali, ma con mezzi di cui non si è potuto ritrovare traccia.

Le teste dei pali sopportavano una piattaforma costituita di tronchi di legno affiancati orizzontalmente su travi di sostegno: e sulla piattaforma venivano edificate le capanne, pure con tronchi d'albero greggi affiancati a formare le pareti verticali, come è ancora in uso non soltanto fra le popolazioni indigene della Malesia, ma anche nella costruzione delle isbe russe: i! che stabilisce una volta di più quella specie di determinismo delle forme costruttive che ritroviamo costante, nel tempo e nello spazio, in rapporto con le specie di materiali disponibili.

E in quelle regioni, coperte di foreste che hanno sopravvissuto fino ad oggi ed intersecate di laghi, esistevano le condizioni ambientali più favorevoli allo sviluppo di questo tipo di abitazione primitiva.

Ciascuna abitazione coperta di un tetto di ramaglie con forte pendenza e vasto aggetto, comportava un solo vano quadrangolare, raramente due, con un'apertura d'ingresso ed una piccola finestra che dava sulla specie di balconata formata dalla piattaforma e prospiciente sul lago.

In mezzo alla stanza, sul pavimento di legno, un battuto di terra serviva per il focolare, sormontato da un'apertura del tetto per l'evacuazione del fumo.

Ogni piattaforma contava un gruppo di abitazioni, ciascuna delle quali evidentemente apparteneva ad una sola famiglia; questa distribuzione ci suggerisce qualche induzione sulla struttura sociale di quelle genti, la quale aveva già superato lo stadio primitivo del «clan» per raggrupparsi in famiglie, raggruppate a loro volta in minuscole unità politiche raccolte su ciascuna piattaforma e governate da un capo eletto da rudimentali assemblee; perfino con. una certa suddivisione di lavoro, che è stato possibile ricostruire delle specie di officine primitive: e di tutto ciò abbiamo l'esatto esempio contemporaneo nei villaggi lacustri di Borneo e di Giava. Spesso questi agglomerati umani hanno raggiunto entità imponenti, di vere città: a Morges sul lago di Ginevra i pali coprono una superficie di 60.000 m. quadrati; in una zona del lago dì Costanza si sono trovati oltre 400.000 pali corrispondenti a parecchie migliaia di abitazioni.

Quale motivo avrà spinto queste genti a foggiare una sì strana esistenza acquatica che si direbbe imitata dal castoro?

Alcuni hanno cercato una spiegazione nella necessità di difesa dagli animali feroci che dovevano abbondare nelle selve; ma sembra più verosimile che la difesa fosse rivolta, invece, contro altri uomini.

Sostiene questa ipotesi non solo il ritrovamento di armi (pugnali, spade) atte meglio al combattimento che alla caccia; ma altresì il ritrovamento di oggetti di provenienza ben accertata eterogenea, i quali provano come il paese sia stato soggetto all'invasione di orde provenienti di Germania, di Francia e perfino di Spagna; orde che finirono col prevalere su questi aborigeni verso il primo millennio a. C., dopo un millennio in cui la civiltà palafitticola aveva raggiunto il suo apogeo con l'uso del bronzo, che si può collocare intorno al 2000 a. C.: intorno al 1000 a. C. le abitazioni lacustri scomparivano infatti quasi improvvisamente.

In che modo si è potuto ricostruire questa cronologia approssimativa ? Partendo dall'osservazione che in alcuni punti sono state ritrovate più stazioni palafitticole addentrate nel terreno; il che ha dimostrato che vi è stata una regressione delle acque, dovuta ad interramento delle rive. Calcolando l'entità attuale dei depositi apportati dai fiumi immissari si' è potuto così tradurre —• per quanto in via teorica e di massima — in tempo le distanze che intercorrono fra le varie stazioni.

La vita degli uomini delle palafitte

Come vivevano questi «uomini delle palafitte»? Certo in modo meno primitivo di quanto si pensi, come abbiamo già accennato.

In primo luogo, le costruzioni su palificate esigevano un grado avanzato di cognizioni e di abilità costruttiva. In secondo luogo, il palafitticolo aveva già superato lo stato nomade, dal che si deve dedurre che non vivesse più soltanto di caccia; ed infatti quest'uomo, già fissato alla terra, esercitava un'agricoltura abbastanza progredita, se nel lungolago Alpen a Zurigo sono state identificate oltre dieci specie di cereali. Possedeva di già animali domestici: cani, capre, pecore, maiali, bovini, come appare dalle figurazioni e dalle plastiche, e dagli ossami rinvenuti.

Per di più, era progredito nelle arti della tessitura e della ceramica.

Gli oggetti fittili presentano un notevole grado di perfezione: né manca in essi quella cura ornamentale che testimonia dell'aspirazione dello spirito umano al di là della pura materialità della vita, e la ricerca dì un godimento estetico, fino dalle prime età. Alcuni vasi sono coloriti di rosso, di nero, ed anche grafitati; altri sono ornati di fili colorati e di striscioline di stagno. Sono stati, poi, ritrovati brandelli di stoffe di lana conservati dall'acqua, intessuti con grande perizia.

Fra le forme ornamentali dei vasi d'argilla e quelle dei tessuti si ritrova una stretta parentela di concezione e di ispirazione nella maggior parte dei casi: peraltro, alcune eterogeneità e varietà lasciano presumere che l'unità etnica sia stata, in varie epoche, infiltrata di elementi stranieri.

Nulla sappiamo di certo sulle religioni di questi uomini. Il culto dei morti era praticato: le salme erano seppellite in tombe a cumulo, oppure bruciate e le ceneri venivano deposte in urne talora magnifiche, raccolte in un luogo comune.

L'avvento del bronzo indica positivamente contatti commerciali con altri popoli, giacché mancano sul suolo svizzero i metalli necessari a comporlo (rame 90%, stagno 10 per cento): inoltre si hanno, benché rari, oggetti di oro, argento ed ambra, di evidente importazione.

L'arte della fonderia di bronzo raggiunse anch'essa grande perfezione, come dimostrano gli svariatissimi oggetti, armi, utensili, strumenti agricoli, ornamenti femminili, raccolti negli scavi, e conservati nel Museo Nazionale svizzero di Zurigo di cui riproduciamo interessantissime fotografie. Notevole, anche in questo materiale, il fine gusto ornamentale e la finezza di esecuzione.

Un caso fortunato, e lo studio accurato di specialisti, consentono oggi di rievocare in molti particolari la vita di questi nostri remoti progenitori. Possiamo constatare — a conforto o a mortificazione del nostro amor proprio — che l'intelligenza umana, balzata per afflato divino a distinguersi dal meccanicismo della vita animale, fu intera e dritta fino dalle prime epoche come oggi: il nostro attuale progresso è molto più quantitativo che qualitativo. Quali vicende agitarono queste remote stirpi, quali drammi si svolsero nel ciclo di tante spente generazioni?

Gli oggetti inanimati riemersi dalla mora dei secoli non possono dircelo: certo è che esse conobbero, come noi conosciamo, il tormento e la fatica, la gioia e il dolore, le luci e le ombre che segnano, eternamente, le fasi del nostro viaggio mortale.

 


3. Riproduzione esatta di una imbarcazione ricavata in un tronco d'albero, rinvenuta nell'isola di S. Pietro sul lago Bieler. L'originale, conservato con grande cura, si trova al Museo di Zurigo.

 


4. Scure di pietra (serpentina verde scuro) dal taglio affilatissimo.

 


5. Una macina primitiva per molire il grano a mano, con cui si ottiene farina finissima.

 


6. Resti di tessuti che dimostrano un alto grado di perizia. A sinistra un pezzo di rete; a destra, in basso un rotolo di filo per la confezione e le riparazioni delle reti, in alto un brandello di tessuto.

 


7. Grande recipiente fittile, con sommaria decorazione, per la conservazione di derrate e granaglie.

 


8. Stoviglie usate dagli abitanti delle palafitte, piccoli piatti e tazze; in generale sono nero-lucide e decorate di bianco.

 


9. Un grande piatto (porta frutta?) con fini decorazioni geometriche.

 


10. Rarissimo recipiente, che riproduce le sembianze di un animale. Si ritrovano spesso dei piccoli recipienti in forma di mucca, che forse erano giocattoli per bambini.

 


11. Scure tonda fusa nel bronzo. Il disegno schematico mostra come essa era fissata al manico di legno.

 


12. Tre coltelli di bronzo con la lama a un sol filo, probabilmente per uso domestico: sono i più antichi ritrovati in Svizzera.

 


13. Punta di lancia di bronzo con incisioni a tratto, da fissare a un'asta di legno.

 


14. Spade di bronzo, fra le migliori eseguite da palafitticoli dell'età del bronzo. Sono ben decorate. Le spirali della impugnatura ricordano le antenne delle farfalle: queste spade vengono perciò chiamate «spade ad antenna».

 


15. Falci di bronzo, assai somiglianti alle moderne: erano fissate a un manico di legno.

 


16. Una forma di fusione in arenaria, rarissima, con accanto una delle falci che vi fu gettata ed un coltello, entrambi di bronzo.

 


17. Spilli di sicurezza dell'identico tipo moderno, ritrovati nelle abitazioni su palafitte.

 


18. Spilli per abiti di varie forme, che si ritrovano in grande quantità nelle abitazioni su palafitte.

 


19. Un rasoio, oggetto non raro negli scavi: fra i palafitticoli doveva essere diffusa l'usanza di radersi.

 


20. Un'armilla di bronzo massiccio, assai pesante, dalle singolari decorazioni geometriche.