Da “SAPERE” – Ulrico Hoepli Editore
Anno VII – Volume XIII – Serie Seconda – n. 28/148
28 febbraio 1941 - XIX

 


Testa misteriosa di pietra trovata a La Venta.

 

 

LE MISTERIOSE FACCE DI PIETRA
Monumenti “Olmechi” della giungla messicana
di Ernesto Bertarelli

 

Negli ultimi venti anni varie spedizioni archeologiche sono state organizzate da università americane e da istituzioni culturali (in modo speciale dalla National Geographic Society in unione coll'Istituto Smithson) allo scopo di procedere a scavi archeologici sistematici in una larga zona messicana che si estende da Vera Cruz sino alla penisola dello Yucatan, la quale come è ben noto a tutti gli americanisti, costituisce il centro della civiltà maya.

Nel 1939 e nel 1940 due spedizioni dirette da Matthew W. Stirling hanno posto in evidenza tutta una serie di monumenti i quali gettano nuova luce su alcune delle civiltà messicane. Dei più recenti trovamenti lo Stirling ha illuminato il pubblico profano all'archeologia in un rapporto pubblicato dal National Geographic Magazine, accompagnando la descrizione della spedizione archeologica con fotografie molto interessanti.

 


La zona esplorata dalla spedizione americana del 1940.

 

Tutta la zona litoranea atlantica posta a Nord Ovest della penisola dello Yucatan ha dimostrato di celare una grande quantità di documenti archeologici del massimo valore  ed ha rivelato la esistenza di una civiltà « olmeca » che non ostante alcuni caratteri di comunanza colla civiltà maya, può considerarsi indipendente da questa.

Gli scavi del 1939 avevano dimostrato che non lontano da Vera Cruz (e specialmente nella regione Tres Zapotes) si incontrano monumenti di pietra, talvolta di grosse dimensioni, posti a poche decine di centimetri sotto la superficie libera del suolo.

 


Testa di pietra posta in luce a Tres Zapotes.

 

Compagni ai monumenti in pietra sono reliquati fittili di varia specie (vasi, statuette, differenti oggetti di legno lavorato, ecc.) che documentano un centro di vita intensa spenta da molti secoli.

In questa località sono tornate in luce alcune teste colossali in pietra di fattura nobile che verosimilmente risalgono ad un periodo arcaico. E' molto probabile che queste teste rappresentino divinità messicane dei primi periodi di civilizzazione (precedenti indubbiamente la civiltà azteca).

Una stele trovata in questa regione ad esempio ha rivelato segni cronologici che la fanno datare dal 260 o dal 466 dopo Cristo (la varia interpretazione cronologica dipende dal modo di stabilire la correlazione del calendario mava).

 


Stele di Cerro de Mesa con una iscrizione datata dal 206 dopo Cristo.

 

Le ricerche nel 1940 si sono estese a tutta la regione di La Venta ed alla zona in prossimità del Rio Tonala. Gli scavi diretti da Stirling hanno messo in luce una quantità grande di monumenti, di oggetti di ceramica, di stele, di altari, degni tutti del massimo rilievo.

Alcuni dei monumenti si presentano in forma di teste gigantesche (talune misurano alcuni metri di altezza) con espressione per lo più severa, decorate con segni di non facile interpretazione.

Una testa soltanto dimostra un volto sorridente: il che è in curioso contrasto colla abituale espressione di questi monumenti messicani.

 


Testa sorridente di La Venta.

 

Uno dei grandi altari di pietra rivela dei rilievi che rappresentano un quintuplo sacrificio umano di bambini, offerti dai sacerdoti alla divinità.

Non manca un altare dalla forma strana con incavi a mo' di nascondigli, che fanno pensare alla possibilità di oracoli sacerdotali, opportunamente preparati e celati perché dal mistero dell'altare potesse uscire la voce arcana dell'oracolo.

 


Il misterioso altare di La Venta che forse serviva per le risposte di un oracolo.

 

Questi monumenti permettono oramai di estendere la civiltà maya dal 291 prima di Cristo al 206 d. C. e quindi per un periodo di almeno cinque secoli.

Non meno importanti sono i risultati offerti dalle ceramiche poste in evidenza dagli scavi.

Alcuni oggetti sono di fattura squisita ed attestano di una capacità estetica molto rilevante.

Tale è il caso della testa umana dallo strano carattere di un Faust messicano trovata presso Tres Zapotes.

 


Testa di ceramica dall'aspetto di un Faust messicano.

 

In questa medesima località sono state scavate figurine in ceramica rappresentanti un giaguaro sorridente, un cane ed un tacchino: statuette zooformi che verosimilmente dovevano costituire dei balocchi per bambini, e che nei rapporti estetici mostrano simiglianze incredibili con alcuni prodotti della tecnica moderna del giocattolo.

Queste medesime figurine dimostrano curiose basi a foggia tubolare che secondo Stirling dovevano servire per porre degli assi di legno sostenitori di piccole ruote, così che i balocchi potessero essere trainati.

 


Tre figurine di ceramica rappresentanti un cane, un giaguaro ed un tacchino. Si osservi la base tubolare dalla quale derivò la supposizione di Stirling che i primitivi messicani conoscessero la ruota.

 

Se questa interpretazione (che in verità può sembrare arbitraria) fosse esatta sarebbe dimostrato che in un periodo molto lontano dal colombiano i primitivi abitatori di queste regioni messicane conoscessero la ruota, e cadrebbe l'affermazione scolastica che i maya, gli olmechi e gli aztechi ignorassero questo mezzo per render facile la locomozione. Ma è lecito osservare che se davvero la ruota fosse stata conosciuta essa non avrebbe lasciato soltanto le sue tracce nei balocchi e non in altre figurazioni o in altri strumenti di più importante impiego.

Queste scoperte archeologiche aprono la via ad una serie di supposizioni e soprattutto valgono a dimostrare la importanza della civiltà messicana precolombiana che ogni giorno più si presenta pleomorfa e complessa.

Merita di essere ricordato il fatto che i primi spagnuoli giunti al Messico con Fernando Cortez avevano avuto rapporti cogli indigeni abitanti della regione presso il Rio Tonala, ed avevano anzi riportato in Europa giade lavorate, statuette e strumenti vari.

Ma la sete dell'oro impediva agli spagnuoli di interessarsi ai segni di una civiltà che con tutta verosimiglianza doveva da tempo essere stata soffocata dalle invasioni di altre popolazioni meno evolute.

La sistematica esplorazione archeologica di questa vasta regione lascia sperare che in un avvenire prossimo tutta la storia della primitiva civiltà messicana possa essere ricomposta su nuove larghe documentazioni.