Da “SAPERE” – Ulrico Hoepli Editore
Anno V - Volume IX - n. 105
15 maggio 1939 - XVII

 

COME SI RESTAURA UN PAPIRO
di Giulio Farina

 

 


1. Papiro geroglifico (1400 av. Cr.).

 


2. Papiro ieratico  (circa  ÌSul av. v.r.>.

 

Noi che abitualmente tracciamo in modo rapido e quasi meccanico l'espressione dei nostri pensieri, non possiamo valutare le enormi difficoltà che ostacolarono l'invenzione della scrittura.

Per quel che sappiamo intorno alla storia dei più remoti tempi, in due sole parti del mondo gli uomini pervennero a rappresentare in segni la parola: nella valle del Nilo e in Mesopotamia. In entrambi i paesi a fondamento della scrittura sta l'immagine dell'oggetto e dell'azione che si vuoi rappresentare. Così ad esempio, un arco di luna indica questo pianeta; un uomo col bastone tra le mani, l'atto del bastonare.

Ben presto i Sumeri d'Asia ridussero le figure ai soli contorni fatti con qualche linea e più tardi tracciati con brutti chiodi: è la rozza scrittura cuneiforme. Invece gli Egiziani, dotati di una squisita sensibilità artistica, mantennero sui monumenti, sino al tempo di Teodosio I (394 e. v.) l'elegante loro scrittura geroglifica; fatta di minuscole immagini, dal disegno perfetto, piccole pitture delle cose rappresentate. Ma nell'uso quotidiano, usando la cannuccia per scrivere sopra un oggetto adatto, un rotolo di pelle, un frammento di vaso, una scheggia di calcare, una tavoletta di legno, la necessità di essere sbrigativi, di economizzare tempo e spazio, fece sì che gli elaborati segni si semplificarono, si abbreviarono, si legarono, si fusero tra loro e ne risultò la scrittura corsiva detta, impropriamente, ieratica la più antica; demotica, la più recente.

Agli antichi Egizi noi non dobbiamo solamente l'invenzione della scrittura. Essi seppero anche provvedersi di un materiale su cui scrivere; ben altrimenti comodo e pratico delle ingombranti tavolette di argilla che bastarono alla civiltà mesopotamica. È il foglio di papiro su cui i segni venivano tracciati agevolmente con un calamo intinto in inchiostro rosso o nero. L'aver noi moderni, sostituito al papiro la carta, alla cannuccia la penna d'oca o di acciaio o la stilografica, non diminuisce valore al magnifico dono. In tanti secoli il progresso non è strabiliante.

 

 

Come è fatto un papiro.

 

I più antichi esemplari di papiri risalgono alla V" dinastia, circa 2680 a. C., di cui numerosi frammenti vengono custoditi nei musei del Cairo e di Berlino. Gli unici però pervenutici intatti sono i dodici rotoli ch'io rinvenni, nel 1935, in uno scavo condotto presso il villaggio arabo di El-gherèra, ciascuno lungo in media m 1,50 e alto circa cm 40,

Noi ignoriamo i primi tentativi di ridurre in fogli chiari, sottili, pieghevoli, facilmente arrotolabili la corteccia dell'elegante ombrellifera che prospera nelle acque del Nilo; né ci è possibile seguire nel suo graduale perfezionamento questa ingegnosa industria; ma il modo della fabbricazione è accertato.

Dopo aver inciso il fusto della pianta, si utilizzava la tenue pellicola che è sotto la prima scorza. Sebbene gli arbusti raggiungano spesso cinque metri di altezza, si sceglieva la parte centrale, asportando striscioline assai strette, ma lunghe una quarantina di centimetri, che si disponevano orizzontalmente, coi margini ben aderenti, formando così uno strato; a cui se ne sovrapponeva un secondo, verticale, tenuto saldo al primo con una soluzione gommosa o collosa, mirabile per la indistruttibile stabilità che sfidò i secoli. La parte del foglio che veniva più di frequente usata per scrivere è quella in cui le fibre appaiono disposte in direzione orizzontale, allo scopo di non intralciare il movimento della cannuccia, o calamo; ma non di rado si utilizzava anche l'altro lato.

I fogli assumono forma rettangolare, per lo più 40 cm di lunghezza e 32 di larghezza; ma con facilità venivano sovrapposti ai margini e si raggiungeva una lunghezza di 40 metri e più. Arrotolati, non occupavano molto spazio; come dimostra la piccola cassetta che rinchiudeva i 12 rotoli di cui ho parlato. Sapevamo da un antico testo di profezie che i rotoli di papiro venivano custoditi in apposite cassette, insieme alla tavolozza dello scriba. Quella rinvenuta ad El-gherera è il solo esemplare pervenutoci. Dentro c'erano, oltre le cannuccie, 2 pietre per macinare i colori. È mirabile che un oggetto così fragile sia giunto a noi intatto, persino con le cordicine di chiusura, insieme al suo fragile contenuto.

 

 


3. La sig.na Caudana mentre lavora al restauro della stoffa dipinta.

 

Una cura difficile.

 

Non si creda che svolgere quei rotoli, dopo 46 secoli, sia stata impresa facile. La nostra abilissima restauratrice signorina Erminia Caudana fu costretta ad escogitare tutte le risorse della sua intelligente esperienza; tanto più che il lavoro si compieva al Cairo, fuori del nostro gabinetto, senza l'occorrente per agevolarlo. Neppure un tavolino, ma rozze assi; perché di tavolini in quel museo non ne esistono! Ci si attenne ad un sistema diverso da quello usato da altri restauratori, che inumidiscono l'esterno del papiro con vapore acqueo o con una soluzione di acqua ed acido acetico; rischiando così di guastarne la scrittura. Con tal procedimento i nostri rotoli si sarebbero certo disfatti, perché la loro superficie esterna appariva deteriorata dall'umidità, quasi infracidita. Essi furono, per 24 ore, avvolti in ovatta imbevuta di un liquido che doveva insieme ammorbidire e consolidare il tessuto fibroso. Svolgendoli, al momento opportuno, si fece in modo che il papiro giacesse, di mano in mano, tra due veli di seta; sicché se, malgrado le precauzioni, si fosse staccato qualche minuto frammento, sarebbe rimasto al suo posto. Si comprende l'importanza di questo particolare per il lavoro di interpretazione. Oggi, ognuno di quei dodici rotoli, disteso tra due vetri (come si fa con tutti i papiri restaurati), è messo al sicuro da ogni disavventura. Però il caso di lavorare sopra materiale ben conservato è raro.

I papiri per lo più ci pervengono in uno stato poco incoraggiante: avariati dall'umidità, ridotti in pezzi, cosa che non deve sorprendere, data la loro fragilità e spesso l'inesperienza di chi li ebbe tra mano. Alle volte ripararli può sembrare una folle illusione e pure si intraprende lo stesso il penoso compito.

 


4. Parte del laboratorio.

 


5. Cassetta coi rotoli di papiro fotografata dopo lo scavo

 

Può avvenire che, pur ridotto in pezzi, il papiro sia completo: si tratta quindi di riconnetterne i frammenti. Si comincia con disporre questi in modo che le fibre siano tutte orizzontali o verticali; appartenenti cioè o alla faccia del foglio che ha il nome di diritto (retto), o all'altra, rovescio (verso). Si continua col far corrispondere le linee della scrittura. Qualche volta vi sono lettere, divise in frammenti diversi, che guidano l'operatore a trovare il punto di attacco. Si procede quindi per mezzo di una intensa luce all'esame della tessitura interna, che presenta l'aspetto di una rete, di struttura irregolare, a fili ora grossi, ora sottili. Solo quando tutte le fibre da entrambi i lati combaciano perfettamente, si ha la sicurezza di non aver sbagliato. Un piccolo spostamento manda all'aria tutto il lavoro. Quando i frammenti sono al loro posto, vengono fissati nelle parti che non hanno caratteri con microscopiche linguettine di seta gommata.

 


6. Le fibre del papiro.

 

 

Pazienza da certosino.

 

Tutto questo è facile e sbrigativo a dire: ma non è facile immaginare gli innumerevoli tentativi, l'insistenza, la tenacia, la pazienza, addirittura sovrumani, che occorrono per raggiungere un buon risultato.

Non di raro di un papiro rimangono solo scarsi frammenti. Allora bisogna trovare ad essi il posto che avevano nel papiro intero. Il lavoro diventa più che mai penoso. Anche qui la posizione delle fibre ed altri elementi, come ad esempio la grandezza delle lettere, guidano nella difficile collocazione e aiutano a precisare l'ampiezza delle lacune. Più tardi, lo studio del testo suggerirà le parole mancanti negli spazi vuoti.

Anche le linee della scrittura, in qualche caso, aiutano nella restituzione. Spesso i papiri sono scritti dai due lati. Quando un frammento si colloca fondandosi sull'allineamento della faccia diritta del foglio, se si verifica che anche sul rovescio i caratteri sono allineati, si può esser certi di aver fatto bene. In mancanza di altro la distanza fissa che corre tra linee e linea (interlinea) può servire a fissare i frammenti isolati. Così sono state ricomposte le tre colonne finali del papiro dei Re. Se noi esaminiamo la faccia opposta, pure qui le linee, tutte allo stesso livello, ci garantiscono l'esattezza del lavoro.

Da quanto ho detto si comprende che la perfezione del restauro sarebbe assicurata, se nella stessa persona si incarnassero il tecnico e lo scienziato; ma questo felice connubio non esiste sovente.

È facile comprendere la necessità di dividere il lavoro.

L'esperto per lo più ignora la lingua; quindi all'egittologo spetta di scegliere i pezzi appartenenti ad uno stesso papiro, quando si tratta di sceglierli tra altri a cui sono mischiati, di far qualche ritocco e finalmente di interpretare il testo.

 

 

Il lavoro al Museo di Antichità di Torino.

 

Così infatti procediamo nel nostro gabinetto di restauro - che ebbi la fortuna di poter istituire otto anni or sono, dopo esser stato chiamato alla direzione del R. Museo di Antichità di Torino che possiede in papiri un vero tesoro.

 


7.  Frammenti di un papiro ricongiunti secondo le fibre.

 

Ma le condizioni del nostro lavoro sono poco meno che tragiche. La ricca collezione di manoscritti geroglifici, ieratici, demotici, copti, sia per incuria, sia per ignoranza, è molto danneggiata. Nello svolgere i rotoli, alcuni andarono in pezzi; altri furono messi tra due fogli di carta protocollo, senz'altra precauzione, e si ridussero in confusa minutaglia, che fu gettata alla rinfusa in grandi casse e più tardi in cassette. I brani più grandi sono contrassegnati da un numero a casaccio; che non rappresenta pezzi appartenenti allo stesso documento e quindi non serve a ritrovarlo. Per riunire queste membra disperse occorre infinita pazienza e molto tempo. Sono migliaia di frammenti, che il nostro gabinetto di restauro, dopo anni ed anni di abbandono, si propone di reintegrare. È indispensabile un indefesso, alacre lavoro, senza interruzione, senza sosta e conviene preparare la via alla nostra intelligentissima e abilissima restauratrice; perché si possa progredire, se non con rapidità, di buon passo. E già numerosi papiri sono stati restituiti in questi anni: la carta topografica delle miniere d'oro e delle cave di basalto in Wadi-el-hammamàt (XX dinastia 1211-1104 a. C.); l'antica pianta della tomba del Faraone Ramessèse IV (1178-1173) scavata nella montagna della Valle dei Re a Tebe; il papiro erotico-satirico, ispirato ad un sottile umorismo, eseguito con stupefacente abilità da un allegro artista burlone. Rappresenta il mondo alla rovescia: gatti guardiani di oche, un uccello che sale sul sicomoro con una scala, mentre l'ippopotamo vi fa la raccolta; gatti assediati dall'esercito dei topi; animali musicomani che compongono un'orchestra. Sono documenti unici, esemplari preziosi che tutti gli altri musei ci invidiano. Un importantissimo, difficile lavoro, fu anche compiuto dalla signorina Caudana, per distendere e cucire una lunga tela dipinta ad arazzo, che trovai piegata sul fianco di una mummia, sepolta nella necropoli preistorica di Al-gherèra nel 1930. L'umidità aveva ridotto in frammenti il tessuto e la riconnessione è frutto di una lunga fatica, durata parecchi anni. Sulla tela sono disegnate, con fittissima arte, scene di paesaggio, barche con rematori che discendono il fiume; boschetti, file di danzatrici con mani intrecciate; una caccia all'ippopotamo. Anche questo è campione unico; documento interessantissimo che testimonia del grado elevato raggiunto nell'arte egizia già più di 7000 anni fa.

 

 

Il «Papiro dei Re».

 


8-  Ultime colonne del papiro dei Re prima del restauro.
9. Le stesse dopo il restauro.
10. Il rovescio delle ultime colonne del napiro dei Re.

 

Altro imponente restauro è quello del famoso «Papiro dei Re» rinvenuto dal Drovetti nel 1822, giunto a Torino in 400 frammenti, giudicato dallo Champollion documento importantissimo per la storia delle dinastie faraoniche, assai incerta e lacunosa. Venne restaurato una prima volta dal tedesco Seyffarth in modo incompleto, con frammenti fuori posto, con una colonna estranea al testo e altri numerosi errori; ma l'impresa non era facile e va lodato il coraggio con cui egli affrontò il dif-ficilissimo lavoro, che più tardi fu invano tentato da altri studiosi. Nel nostro laboratorio il lavoro fu compiuto in sei anni. Si tolsero le parti estranee al testo, si misero a posto frammenti spostati, se ne aggiunse uno importantissimo, che trovai mischiato alla rinfusa con altri appartenenti a papiri diversi; esso limita a soli 108 anni il regno degli Hyksòs, da alcuni storici protratto sino a 800.

Il «Papiro dei Re» è oggi restaurato, illustrato, commentato; l'ordine e la durata delle dinastie faraoniche sino alla XVII dinastia, stabilito, credo, definitivamente (I).    

(I) G. FARINA: Il Papiro dei Re restaurato. Bardi, Roma 1938.