Da “SAPERE” - Ulrico Hoepli Editore
Anno IV - Volume VII - n. 83
15 giugno 1938 - XVI

 

LE PITTURE PREISTORICHE DELLE GROTTE FRANCO-CANTABRICHE
di Paolo Graziosi

 


Nella parete rocciosa che ci mostra la fotografia e che si eleva nei dintorni di Tarascone Sur Ariège, si apre la grotta di Niaux, una delle più celebri caverne dipinte dei Pirenei francesi. Le figure si trovano a grande profondità e per essere raggiunte richiedono una lunga e difficile marcia nelle viscere della terra. Sono dipinte in nero e rappresentano con mirabile verismo animali vissuti durante il Pleistocene. Esistono inoltre figura tracciate sull’argilla umida della grotta. A destra l’angusto ingresso della grotta di Niaux [Fot. Graziosi]

 

 

LA PRIMA SCOPERTA d'irte preistorica risale alla prima metà del secolo scorso, avanti ancora che la paletnologia fosse definitivamente accolta tra le scienze ufficiali. Si trattava del ritrovamento fatto da un notaio di Poitiers in una grotta della Vienne in Francia, la grotta di Chaffaud, di un frammento d'osso sul quale erano incise delle strane figure rappresentanti delle cerbiatte. Opera dei "celti selvaggi" suppose lo scopritore, né si arrischiò a pubblicare la propria scoperta che gli sembrava così incerta. Nel 1851 l'osso inciso passò al museo di Cluny e vari anni più tardi, riconosciutane, al lume di nuovi ritrovamenti, la vera origine, al museo preistorico di St Germain en Laye. Altre scoperte seguirono quella di Chaffaud ma tutte furono accolte con grande scetticismo. Si deve al Lartet, l'illustre scavatore delle grotte del Périgord in Francia, se finalmente fu dimostrata, in modo definitivo, l'autenticità degli oggetti d'arte preistorica che venivano via via in luce. Nella celebre grotta della Madalaine, in pieno deposito quaternario egli rinvenne nel 1864 un frammento di zanna di mammuth, il grande elefante villoso che visse nelle nostre regioni durante le più antiche età preistoriche, frammento di zanna che portava incisa la figura, egregiamente eseguita, pure di un mammuth. Quindi ogni dubbio circa la reale antichità di questa incisione e conseguentemente di quelle simili trovate in precedenza, cadde completamente. Nessuno avrebbe potuto infatti fedelmente riprodurre in tempi recenti un animale scomparso dalla faccia della terra migliaia e migliaia d’anni prima.

Da quel momento le scoperte si moltiplicarono e tutta la fauna contemporanea di quella antichissima umanità passò, mirabilmente riprodotta su frammenti d'osso, d'avorio, su armi e strumenti della stessa materia, su pezzi di pietra, davanti agli occhi degli scopritori. Sculture mirabilmente eseguite, incisioni talvolta sottilissime quasi impercettibili, talvolta vigorose e profonde. Un senso plastico ed una potenza d'espressione notevolissima emana da queste opere.

 


Questa incisione, tracciata su una zanna di mammuth, fu trovata da Lartet nel 1864 nella Grotta della Madalaine in Dordogna. Rappresenta un mammuth, il grande elefante villoso che visse nelle nostre regioni durante le più antiche età preistoriche. In seguito a questa scoperta cadde ogni dubbio circa l’autenticità delle opere d’arte che si andavano via via trovando nei giacimenti paleolitici.

 

Quando per la prima volta nella storia dell'umanità l'arte ci appare, essa è già assai sviluppata per lo meno nella sua espressione plastica e nella tecnica. Tutto all'opposto di quanto potremmo ragionevolmente credere, proprio nei suoi stadi più antichi l'arte preistorica si manifesta con le più belle produzioni; a mano a mano che procediamo nel tempo essa decade, perde di spontaneità e con l'avvento dei popoli pastori e agricoltori, che nel Neolitico giungono in Europa sommergendo le popolazioni cacciatrici ivi esistenti da diecine di migliaia di anni, l'arte naturalistica, con le sue mirabili produzioni, si dissolve e scompare senza più lasciar traccia e viene sostituita da poverissi-me e schematiche manifestazioni grafiche delle quali sovente ci sfugge il significato.

I musei preistorici d'Europa, dunque, vanno fin dalla seconda metà dello scorso secolo, arricchendosi delle manifestazioni d'arte di quei primitivi popoli che, nella dura lotta con gli elementi più avversi della natura: il formidabile gelo delle glaciazioni che spingevano la loro coltre di ghiaccio a lambire a mezzogiorno la pianura padana ed a seppellire a nord tutta la regione-scandinava, e le belve di cui brulicava allora la terra, sentivano ardere in sé quel sacro fuoco che nell'ombra protettrice delle caverne li spingeva ad ornare con gusto squisito i loro lancia-freccia ed a scolpire, in mirabili statuette di pietra e d'avorio, con vigoroso realismo, le forme della donna madre.

Si trattava però soltanto di oggetti trovati nei giacimenti accanto alle armi e agli strumenti ed alle ossa degli animali uccisi dai trogloditi. Ma verso il 1880 una scoperta di grande importanza e che doveva rivelare un'altro interessante aspetto dell'arte preistorica, venne fatta nella Spagna. Lo spagnolo Marcellino de Santuola avendo visitato nel 1878 l'Esposizione Universale di Parigi rimase tanto colpito dalla sezione preistorica che, ritornato al suo paese, nella provincia di Santander, decise d'intraprendere l'esplorazione di una caverna scoperta qualche anno prima e chiamata la grotta, di Altamira. Lo scavo praticato nel deposito di quella grotta gli rivelò ben presto i resti di un abitato preistorico, e tale scoperta lo incoraggiò nel lavoro che continuò regolarmente. Un giorno la sua bambina decenne, ch'egli aveva portato con sé nella grotta, essendosi addentrata in un diverticolo della caverna, chiamò improvvisamente il padre intento nel lavoro, per mostrargli una strana figura che aveva intravvista dipinta sul soffitto dell'oscuro corridoio. Dopo un breve esame il Santuola si accorse che un po' dappertutto sul soffitto della caverna erano dipinte figure di animali rappresentanti cavalli, cinghiali, bisonti, cerbiatte, ecc. Uno studio approfondito e coscienzioso portò il Santuola alla conclusione che le pitture di Altamira erano opera degli uomini preistorici che avevano lasciato i loro resti nel deposito della grotta stessa. Si trattava, in una parola, di manifestazioni d'arte contemporanee a quelle che venivano trovate nei vari giacimenti paleolitici francesi sotto forma di incisioni e sculture su osso ed avorio, e prova di ciò erano per il ricercatore spagnolo le evidenti affinità di stile e i soggetti rappresentati.

Naturalmente le scoperte del Santuola furono fin dal primo momento considerate prive di qualsiasi importanza; le pitture di Altamira non sarebbero stata opera dei preistorici, ma di uomini moderni che forse avevano voluto giuocare un tiro birbone all'ingenuo spagnolo.

Il loro scopritore passò per un sempliciotto o un visionano. E questa del resto la sorte quasi sempre toccata ai pionieri!

Venti anni dovettero passare perché fosse compresa da tutti l'importanza delle pitture di Altamira: in questo frattempo infatti s'erano andati facendo ritrovamenti del genere in varie caverne della Francia, ritrovamenti che vennero a confermare in modo indiscutibile l'autenticità di quelli della grotta spagnuola. I più accaniti avversari dell'antichità di quelle pitture fecero completa ritrattazione; il famoso preistorico francese Cartailhac, che era stato tra i più ostili, giunse a pubblicare nel 1902, e questo torna a suo onore, una sorta di "palinodìa" intitolata: LES CAVERNES ORNÉES DE DESSINS. LA GROTTE DE ALTAMIRA. MEA CULPA D'UN SCEPTIQUE.

 


La grotta di Font-de-Gaume in Dordogna, una delle più interessanti “gallerie” d’arte paleolitica. Le celebri pitture policrome che l’adornano attraggono visitatori da tutte le parti del mondo. [Fot. Graziosi]

 

Numerose grotte ornate di pitture e d'incisioni paleolitiche sono oggi note in Francia e nella Spagna. Anche in Italia ne esiste una, la grotta Romanelli in terra d'Otranto, esplorata da Stasi e da Blanc, la sola grotta italiana fino ad ora conosciuta che contenga esemplari d'arte rupestre paleolitici; tutti gli altri graffiti noti nella penisola appartengono ad età assai più recenti, alle età dei metalli, e con essi ci troviamo quindi alle porte della storia.

Lo studio della pittura paleolitica è giunto ormai molto innanzi e per merito principalmente dell'abate Breuil che può oggi considerarsi tra i più illustri paletnologi del mondo. I lavori del Breuil sulle caverne decorate di Altamira, del Castillo, della Pasiega, della Pileta in Spagna. di Font de Gaume, delle Combarelles, dei Trois-Frères in Francia e di tante altre, formano un complesso imponente. L'autore è riuscito durante anni di paziente e geniale lavoro a stabilire una successione cronologica dei vari gruppi di pitture che si accavallano e si sovrappongono soventi in un intrico che pare inestricabile, sulle pareti delle caverne. Oggi esiste una bibliografia notevolissima sull'argomento. Il Breuil e l'Obermaier in collaborazione con altri illustri autori hanno pubblicato dei magnifici volumi riccamente illustrati, frutto di un paziente e difficile lavoro di rilevamento delle pitture e delle incisioni che si trovano quasi sempre, come vedremo, in luoghi assolutamente impervi, celate nelle viscere della terra.

Le ricerche sull'arte preistorica paleolitica sempre più intensificate hanno potuto dimostrare che non tutte le manifestazioni pittoriche e scultoree sono legate tra loro dagli stessi caratteri. Cosi si è accertato che nella Spagna Orientale, esistono, ad esempio, manifestazioni di arte assai diverse, sia come stile, sia come soggetto, da quelle della grotta di Altamira: anche la tecnica di colorazione è differente Ecco quindi una "provincia artistica” che si distingue dalle altre. I graffiti della grotta Romanelli, più sopra ricordati, non hanno nulla a che vedere né con la Spagna Orientale né con Altamira. Le pitture di Altamira formano insieme con quelle delle grotte francesi dei Pirenei e della Dordogna in Francia il così detto gruppo Franco-Cantabrico. È certamente questo il gruppo più importante e che ha dato gli esemplari più belli d'arte paleolitica, ed è appunto di essa che ci occupiamo in particolar modo in questo articolo. Diremo subito che il trionfo dell'arte preistorica coincide con quel periodo del Paleolitico superiore, detto Maddaleniano ed all'arte maddaleniana quindi rivolgeremo la nostra attenzione.

Si tratta di figure dipinte a semplice profilo oppure a colore pieno, monocrome o policrome; in quest'ultimo caso il giuoco dei chiaroscuri e le sfumature dei colori sono ottenuti in modo mirabile sì che il senso del rilievo e il movimento delle varie masse nelle figure risulta evidentissimo. Quello che più colpisce in questi prodotti d'arte dei nostri antichissimi progenitori è il profondo senso del vero che li pervade, è l'abilità e la sicurezza con cui l'opera è condotta: nessuna incertezza nel disegno né sproporzioni nelle varie parti; non si tratta, come sarebbe logico supporre per manifestazioni di popoli cosi primitivi, dei timidi tentativi di una mano infantile, ma ci troviamo in presenza, invece, di una tecnica e di una arte complesse, mature. Se qualcosa fa difetto nell'arte franco-cantabrica è il sentimento che viene ad essere soffocato dal trionfo della forma. Anche il senso della composizione, salva qualche rara eccezione, manca; dobbiamo contentarci di ammirare i vari esemplari pittorici isolatamente: non si deve cercare un collegamento armonico tra l'uno e l'altro, che più della fedele riproduzione di tale o di tal altro elemento staccato della natura quest'arte non può darci. Le figure dipinte talvolta a centinaia sulle pareti delle grotte sono disposte in modo caotico e spesso si sovrappongono senza alcun ordine prestabilito: l'artista si è preoccupato di riprodurre un soggetto ed ha rivolto tutta la sua attenzione soltanto a quell'esemplare, senza curarsi dei rapporti che esso veniva a contrarre con gli esemplari vicini: l'artista perciò dipingendo sembra perseguisse uno scopo che non consisteva, come vedremo, nel creare un'opera d'arte quale oggi noi la concepiamo.

Nell'arte parietale franco-cantabrica le pitture zoomorfe sono la regola; quelle antropomorfe sono invece rarissime. Gran parte della fauna pleistocenica, quella fauna oggi scomparsa dalle nostre regioni e in qualche caso addirittura dalla terra, è stata riprodotta dai trogloditi maddaleniani.

I bisonti, le renne, i rinoceronti, i mammuth, il lupo, il cinghiale, ecc., sono dipinti spesso a vivaci colori con tinte ottenute con ocre di vario tipo manganese o carbone, probabilmente impastati con grasso animale.

Ed ora sorge spontanea una domanda. Quali le ragioni che spinsero l'uomo paleolitico a compiere quelle meravigliose opere, a tappezzare di centinaia e centinaia di figure le pareti di si gran numero di caverne? Sì trattava di una aspirazione puramente estetica di una indefinibile necessiti del suo spirito di proiettare al di fuori di sè ciò che della natura che lo circondava maggiormente lo aveva colpito? Di riprodurre quanto i suoi sensi percepivano, così per quello stimolo che non ha le sue radici in una preoccupazione d'ordine pratico ma che nasce da una necessità di carattere puramente spirituale, per quello stimolo che oggi chiameremmo "amore dell'arte"? Nulla ci prova che queste siano state, per quanto a noi sembrino suggestive, le ragioni che spinsero i trogloditi a decorare le loro caverne. L'arte tal quale ci appare nel Maddaleniano sembra avere avuto uno scopo utilitario ben definito.

L'uomo paleolitico, questo primitivo nostro antenato che ignorava ancora l'uso dei metalli ma fabbricava le sue armi e i suoi utensili con la pietra e con l'osso, che non possedeva animali domestici né conosceva l'agricoltura, quest'essere selvaggio sempre in lotta con gli elementi e che eleggeva a proprio rifugio le caverne, traeva il suo sostentamento dalla caccia, ed alla caccia era rivolta tutta la sua attività, teso tutto il suo essere. Certamente attraverso i millenni la sua psiche subì un influsso potente da quel continuo stimolo, da quel pensiero dominante. Ecco quindi l'uomo perfezionare a poco a poco i suoi strumenti di caccia ed eccolo infine crearne uno, il più complicato forse della serie, la magia. Eccolo dunque a riprodurre quegli animali la cui cattura forma lo scopo della sua esistenza, rappresenta-la stessa sua vita. Sono infatti, nelle caverne franco-cantabriche, figurate quasi sempre quelle specie di animali di cui l'uomo si nutre: i grandi branchi di mammuth, le interminabili mandrie di bisonti, di renne, di cavalli. Gli animali inutili, e specialmente quelli dannosi, non sono quasi mai rappresentati. Rarissime infatti sono le figure dei rinoceronti, dei lupi, degli orsi, dei felini. Il dubbio che tutte quelle figure siano state eseguite dai trogloditi al solo scopo ornamentale, per decorare cioè le proprie dimore, cade davanti ad un accertamento di capitale importanza e cioè che le incisioni e le pitture non sono quasi mai eseguite nelle caverne o in quelle parti di caverne abitate dall'uomo. Esse si trovano di regola entro grotte profondissime nelle quali non giunge la luce del giorno e che non possono quindi esser servite come dimora, ed è proprio in virtù di questa loro particolare ubicazione che, sottratte a quelle profondità, agli agenti atmosferici, protette dall'azione distruttrice degli uomini e degli animali, le pitture paleolitiche hanno potuto, sfidando i millenni, giungere sino a noi. È necessario infatti procedere spesso per ore ed ore attraverso strettissime gallerie, corridoi impervi, strisciare letteralmente entro anguste fenditure, sorpassare dei veri baratri per giungere finalmente al luogo ove si celano le pitture; per di più esse sono nascoste talvolta entro piccoli crepacci e non possono venire individuate che dopo una paziente ricerca.

 

Dunque l'ipotesi dell'arte per l'arte sembra assolutamente da escludersi nel caso delle pitture Maddaleniane. Ecco allora affacciarsi quella dello scopo magico. Si pensi infatti quanto la primordiale fantasia di quei primitivi ammessi nell'antro dello stregone, doveva essere colpita dal suggestivo e tenebroso spettacolo che dopo il lungo e periglioso cammino nelle viscere della terra si presentava loro dinnanzi; quanto il senso del soprannaturale doveva agire su quegli spiriti semplici alla vista degli strani riti che al lume vacillante delle fumose lampade di pietra (di cui i giacimenti ci hanno conservato qualche esemplare) si compivano nelle cupe profondità di quei "sacrari" che gli stregoni maddeleniani circondavano a bella posta di tanto mistero. Anche oggi chi abbia percorso il lungo e periglioso cammino calandosi entro pozzi che sembrano non avere fine inerpicandosi per dirupi scoscesi, spingendosi per anguste gallerie ornate di fantastiche stallattiti, attraversando enormi sale che la luce delle lampade giunge a rischiarare soltanto per un breve tratto e la cui volta si perde nelle tenebre più fitte, chi abbia camminato per ore ed ore in quel profondissimo silenzio; immerso in una atmosfera immobile, pesante, greve di umidità, rischiando ad ogni passo di perdersi nel cupo labirinto che gli si snoda dinnanzi, viene a trovarsi a poco a poco in uno stato di suggestione tale che lo spettacolo del "Sacrario" preistorico che gli si presenta al termine del viaggio, provoca in lui una emozione impensata la quale sembra veramente trovare le sue radici in qualcosa di enormemente lontano, di ancestrale, che giace sepolto nel più profondo della coscienza di ognuno di noi.

Una prova dei riti propiziatori che si compivano in quegli antri, ci è data dalla frequente rappresentazione di animali con zagaglie ed arponi infissi in varie parti del corpo oppure portanti dei segni di ferite. Tutto ciò fa pensare a certe cerimonie che ancor oggi si compiono, prima della partenza per la caccia, presso alcuni popoli primitivi quali ad esempio i Pigmei e gli Australiani; si disegna cioè la figura dell'animale che si vuole uccidere e la si colpisce poi con l’arma nei punti vitali.

Vogliamo un'altra prova? in una grotta della Francia Meridionale nella Grotta dei Trois-Frères presso Montespan, scoperti dal conte Begouen c dai suoi figli, una delle più interessanti "gallerie" d’arte paleolitica, esiste nel suo recesso più profondo, una strana pittura in nero rappresentante un essere fantastico che sembra partecipare dell'uomo e della bestia. Esso è provvisto infatti di coda ma il suo corpo è quello di un uomo. Porta sul capo un paio di ampie corna e guarda con due stranissimi occhi grandi e rotondi che ricordano quelli degli uccelli notturni. È figurato in atteggiamento di danza. Si tratta probabilmente di uno stregone mascherato per una cerimonia. Questa pittura che spicca chiaramente in alto, sulla roccia levigata, domina centinaia e centinaia di piccole figure di animali non dipinte ma graffite, e cosi sottilmente che se non ci avviciniamo ad esse fin quasi a sfiorarle non ci è possibile scorgerle; ma una volta individuate ci accorgiamo di trovarci innanzi a vere opere d'arte, tanta è la perfezione e la maestria con cui quelle renne, quei bisonti, quei cavalli, quei mammuth sono stati riprodotti. Colpisce inoltre l'intrico inesplicabile di queste figure disposte senza ordine e spesso sovrapposte l’una sull’altra, addensate tutte al di sotto della figura dello stregone in quel determinato luogo, sì che non è facile, in certi casi, separarle l'una dall’altra. Si ha veramente l'impressione che l'artista abbia dato importanza soltanto all’atto magico che compiva tracciando la figura di quel determinato animale e non al risultato materiale di tale suo atto vale a dire all'opera d'arte che ne sarebbe risultata; l’artista maddaleniano eseguiva qualcosa che, per dare un esempio, potrebbe paragonarsi alla recitazione di una preghiera.

L’uomo paleolitico era dotato di facoltà artistiche naturali ed il risultato del suo lavoro era, indipendentemente dalla sua volontà un opera d arte.

 


Cinghiale in corsa della grotta di Altamira (Santander)

 


Bisonte, una delle pitture meglio conservate nella grotta di Altamira (1,50 m dal naso alla coda)

 


Un bisonte della grotta di Altamira (Santander) [da Breuil]

 


Lupo policromo nella grotta di Font-de-Gaume

 


Un cavallo dipinto nella grotta di Font-de-Gaume. Si noti la vivacità di questa figura e il profondo senso naturalistico che la pervade [da Breuil]

 


Bue dipinto nella grotta di Font-de-Gaume

 


Felini e cavalli graffiti nella grotta di Font-de-Gaume