Da “SAPERE” – Ulrico Hoepli Editore
Anno III – Volume VII – n. 73
15 gennaio 1938 - XVI

 

LE SCOPERTE DELLA MISSIONE ARCHEOLOGICA NELLA CITTÀ DI AFRODISIA IN ANATOLIA
di g.clz.

 

 

LE SCOPERTE DELLA MISSIONE ARCHEOLOGICA NELLA CITTÀ DI AFRODISIA IN ANATOLIA. - L'archeologia italiana è in un periodo di brillanti successi e di splendide affermazioni, in patria e all'estero; lo riconoscono anche gli stranieri di tutto il mondo. L'ultima fortunata impresa, in ordine di tempo, è quella della missione archeologica italiana che opera da alcuni mesi in Caria sotto la direzione del giovane archeologo Giulio Jacopi. Da qualche mese ha condotto le sue esplorazioni nel luogo occupato dalla città di Afrodisia, metropoli della Caria, e città favorita dagli imperatori romani per la fedeltà dimostrata nei suoi rapporti con Roma. Lo Jacopi ha trovato un grandioso portico di stile ionico che misura metri 200x70 circa e di cui più che le colonne, le basi, i capitelli caduti al suolo, forse per terremoto ma tutt'ora ben conservati, è mirabile trovamento, quasi tutta la trabeazione marmorea pressocchè intatta nell'epistilio, nel fregio nella cornice, ornata quest'ultima con teste leonine, L'epistilio contiene 25 metri dì iscrizione dedicatoria ad Afrodite, al divo Cesare Augusto, Giove Patrio, a Livia, all'imperatore Tiberio, al popolo romano ecc.

A quanto pensa lo Jacopi, potrebbe trattarsi del portico dell'Agorà di Afrodisia e del quale la parte più importante e interessante è certo il fregio che su circa 100 metri dì lunghezza ci presenta 177 teste di cui almeno un centinaio in perfetto stato di conservazione.

 


Testa di giovinetto nel grande fregio a festoni del portico dell’Agorà di Afrodisia

 


Testa di Pan o di Satiro, una delle figure mitologiche del grande fregio

 


Testa-ritratto forse di popolana di Afrodisia presa a modello per le sculture del fregio che risale a età augusteo-tiberiana

 


Legionario romano

 

Sono teste di divinità {Jupiter, Helios, Selene, Roma, forse Ercole e Attis) o di esseri mitologici come Pan, Medusa, satiri, baccanti ed altri, e infine alcune teste di esseri umani in cui lo scopritore, certo con qualche troppo affrettata identificazione, vorrebbe riconoscere alcuni componenti della famiglia Giulio Claudia; vale a dire alcuni ritratti dei famigliari di Augusto. Il monumento appartiene all'età di Tiberio e forse fu dedicato sotto il suo regno. Sarà forse possibile ricostruire una parte del portico, essendo ben conservati tutti gli elementi di esso, e il governo della Repubblica turca penserebbe di ricostruirlo nel museo di Izmir dove ne sarebbe facilitata la visione e lo studio.

 


Parte del grande fregio trovato ad Afrodisia con la successione delle teste umane e mitologiche riunite da festoni di fiori e frutti.

 

Per il momento, la scoperta si impone soprattutto a causa del fregio ornato di un così grande numero di teste. Nelle quali però, sebbene il monumento sia stato eretto nell'età augustea e in terra divenuta ormai romana, non pare possano riconoscersi i caratteri e i valori tipici dell'arte romana neppure là dove dovrebbero essere più appariscenti. Infatti anche nelle figurazioni dì esseri umani, in alcuni dei quali si inchinerebbe a ravvisare qualche ritratto, le caratteristiche della ritrattistica romana sono assentì o soggiogate ancora dalla tradizione greca o dall'arte del tardo ellenismo provinciale che domina ancora queste sculture.

Non si può fare naturalmente dì questo fregio un parallelo con i rilievi dell’Ara Pacis; ma la scoperta di un così considerevole numero di teste scolpite in cui sono anche palesi reminiscenze stilistiche delle opere dei grandi artefici della Grecia, e in cui si avverte del resto anche varia qualità e abilità dì scalpello, costituisce un notevole apporto al nostro repertorio artistico dell'antichità, anche se non sia possibile dare ancora, sulle prime fotografie pervenuteci, un giudizio esatto sul valore e sul carattere del monumento. Rallegriamoci che esso sia stato scoperto per opera di un italiano e che il sontuoso edificio sia stato elevato in onore dì Roma e della prima famiglia imperiale romana.

Non meno interessante della scoperta monumentale è una scoperta epigrafica che su due colonne ci restituisce un centinaio di righe di testo dell'editto de pretiis di Diocleziano. Si tratta del famoso "calmiere" dell'imperatore dalmata, noto in gran parte per varii elenchi sui prezzi delle derrate e sulle paghe di artefici e di operai ritrovati su iscrizioni, ma in questa di Afrodisia leggiamo in latino il prezzo di varie droghe ed erbe medicinali, dai nomi spesso oscuri ed ignoti che dovranno essere studiati e spiegati. A tale elenco, segue una specie di tariffa dei prezzi massimi per i trasporti e i noli marittimi fra varie città dell'Oriente, dell'Asia, dell'Egitto e i porti dell'Occidente e nelle quali si menzionano Aquileia, Ravenna, Salono, Nicomedia che ebbero speciale importanza in età diocleziana.

Il documento che viene ad aggiungersi agli altri frammenti dell'editto originale, costituisce una preziosa scoperta in quanto completa una delle fonti principali per lo studio dell'economia dei commerci, dell'industria dell'Impero Romano.

La. Missione Italiana dello Jacopi è stata attiva anche in tutto il territorio della Caria e ha condotto alla identificazione dell'antica città di Miletupolis sulla sponda meridionale del lago di Manyas, con la scoperta di una iscrizione a Cesare Augusto. Presso Karakasu, a 25 km da Afrodisia, si è poi scoperto un busto di Settimio Severo ad alto rilievo sopra un frontone di un edificio.

L'opera svolta dalla nostra missione archeologica costituisce quindi una nuova benemerenza della cultura fascista e della scienza italiana a vantaggio di tutto il mondo.