Da “SAPERE” – Ulrico Hoepli Editore
Anno III – Volume VI – n. 66
30 settembre 1937 – XV

 

RUPI GRAFFITE E DIPINTE DELLA LIBIA
di Paolo Graziosi

 

Poche notizie ci hanno lasciato gli storici sulle popolazioni che abitarono le regioni interne della Libia prima del dilagare dell'Islam.

Sappiamo da Erodoto, tra l'altro, che nella Fasania, l'odierno Fezzan, viveva ai suoi tempi, vale a dire nel V sec. a. C., una popolazione, i Garamanti, che possedeva strane usanze ed era quanto mai bellicosa e fiera. Si trattava di quegli stessi Garamanti che nel 19 a C. il console Cornelio Balbo, attraversato con una colonna di 20.000 uomini  lo sconfinato deserto  rosso,  raggiunse nel cuore del loro paese sconfiggendoli e facendoli di poi alleati di Roma: un piccolo mausoleo sorge ancora nel luogo ove una volta esisteva l’antica capitale dei Garamanti, Garama (l’attuale Germa nell’Uadi el Agial) a testimoniarci l’impresa del console romano.

Prima del tempo però, in cui Erodoto raccolse le notizie sulle popolazioni interne della Libia, le più fitte tenebre regnano sulle vicende che ivi si svolsero, e sulle popolazioni che abitarono l'attuale nostra colonia. Oggi tuttavia lo studio metodico e coscienzioso di un interessante fenomeno umano che fin da tempi preistorici si produsse nel Sahara, ci permette di intravvedere qualcosa di quel misterioso passato. Si tratta di interpretare un' ingente quantità di documenti che, attraverso i millenni, le popolazioni di varie regioni del Nord-Africa hanno lasciato, sotto forma di figure incise o dipinte, sulle rupi dei luoghi da esse abitati. È da tener presente del resto che il fenomeno dell'arte rupestre si è prodotto non soltanto presso le popolazioni nord-africane ma, fin dalla più lontana preistoria, anche in Europa, ed attualmente è ancora in atto, o lo è stato sino a ieri, presso popolazioni primitive del Sud Africa, dell'Oceania, dell'Asia e dell'America.

In tutto il Nord-Africa, dal Marocco all'Egitto, s’incontrano graffite o dipinte entro caverne, su massi isolati, o su scoscese pareti rocciose, delle figure rappresentanti animali, uomini, cose, che riflettono l'esistenza, in altri tempi, in quei luoghi oggi desertici, di un mondo faunistico e culturale assai diverso dall'attuale. Si pensi che in regioni ove attualmente per un raggio di centinaia e centinaia di chilometri non è possibile trovare una goccia d'acqua, esistono incisioni di ippopotami, bufali, coccodrilli, elefanti, rinoceronti, ecc. animali per i quali necessitano abbondanti risorse idriche e rigogliosa vegetazione. Queste figure sono in tale numero, disseminate su territori sì vasti, ed eseguite con un senso del vero così notevole, da farci evidentemente ammettere che quando esse vennero tracciate i primitivi artisti avevano davanti a sé gli animali che stavano disegnando, animali che dovevano vivere più o meno numerosi ed in istato di perfetta libertà. L'esame delle figure nord-africane ci permette di renderci conto dei fenomeni naturali prodottisi nella regione attraverso un lunghissimo periodo che dalla preistoria giunge fino ai nostri giorni.

Il primo elemento e  il più importante per stabilire la successione crononologica di tali avvenimenti risiede nell'esame delle cose che le figurazioni rupestri rappresentano. I paletnologi poi si sono basali su altri dati, quali, ad esempio, la patina che le incisioni presentano, o, nel caso di pitture, le varie sovrapposizioni di figure che eventualmente si possono notare. La patina, che si produce su determinate rocce delle regioni desertiche, è dovuta specialmente al depositarsi sulla loro superficie di sostanze minerali varie che l'acqua imbevendo la massa rocciosa, durante le rare piogge, discioglie nell'interno della roccia stessa e, richiamata dalla rapida evaporazione, trasporta con sé all'esterno. Le rocce del deserto esposte ad un'azione prolungata degli agenti naturali presentano spesso un caratteristico colore nero lucente. È chiaro quindi che la patinazione più o meno intensa delle incisioni rupestri sarà in funzione della loro maggiore o minore antichità. In base a ciò i paletnologi hanno potuto stabilire, quando molte incisioni siano ubicate sulla stessa roccia ed in identico modo, la successione cronologica delle incisioni stesse; ed è stato possibile inoltre constatare come, in linea generale, a differenze di età si accompagnino anche differenze di stile e di tecnica. Le figure più antiche infatti sono molto spesso eseguite con abilità e con profondo senso del vero, e la tecnica adoprata nella loro esecuzione consiste generalmente nell'incidere la roccia con un solco uniforme più o meno profondo. Nelle figure più recenti invece si ha una maggiore tendenza allo schematismo, l’arte naturalistica decade per lasciare il posto, a poco a poco, a manifestazioni grafiche scadentissime ed eseguite con un fitto martellamento, talvolta assai superficiale, della roccia.

In base a tutte queste osservazioni la grande massa delle figurazioni rupestri nord-africane è stata divisa in due gruppi cronologicamente distinti: figure di età precamelina, le più antiche, e figure di età camelina, le più recenti. Tale suddivisione si basa su di un dato molto importante; la rappresentazione frequentissima del dromedario tra le figure del secondo gruppo.

Sappiamo infatti che l'introduzione o per lo meno la diffusione nel Nord-Africa della "nave del deserto" avvenne nei primi secoli della nostra èra; le figure di età camelina non possono quindi farsi risalire al di là di tale epoca. Dato così un rapido cenno dei metodi impiegati nello studio dell'arte rupestre nord-africana, osserviamo come quest'arte si presenti nella Libia.

Tra le zone più ricche di figurazioni rupestri fino ad oggi individuate nella nostra colonia, sono da ricordarsi l'Uadi Abergiug nel Fezzan, studiato dalla Missione Frobenius, gli Uidian Zigza e Massauda, sempre nel Fezzan. che furono nel 1933 oggetto di studio di parte della Missione della Reale Società Geografica Italiana, ed infine le pitture del Gebel el Auenat in Cirenaica scoperte nello stesso anno dal di Caporiacco.

Le incisioni più antiche dell’Uadi Abergiug possano raggiungerei sette metri di altezza e sono pervase da un senso d'arte veramente notevole. Si tratta di opere grandiose che vennero certamente eseguite con uno scopo ben definito e probabilmente in relazione a riti magici e propiziatori. Elefanti, giraffe, bufali dalle ampie corna, struzzi, rinoceronti, leoni, ecc. Ad età più recente appartengono delle strane composizioni nelle quale compaiono uomini camuffati con teste animalesche che sembrano rivelare, sotto certi aspetti, influssi egizi.

 


Belle incisioni di stile naturalistico dell’Uadi Abergiug. Alla incisione dell’elefante, che è stata ripassata col gesso, ne sono sovrapposte altre rappresentanti delle giraffe. [da Frobenius]

 


Caccia al rinoceronte: incisione dell’Uadi Abergiug. [da Frobenius]

 

Nell'Uadi Massauda esiste un'interessante caccia all'elefante: alcuni uomini armati di arco affrontano i pachidermi, uno di essi giace a terra. Quest'opera è scadente come disegno, ma non priva di vita e di realismo.

 

 
Uadi Massauda. Per essere meglio fotografata, l’incisione della fig. 8 viene ripassata col gesso. [Fot. Graziosi]

 

 


Caccia all’elefante: incisione dell’Uadi Massauda. [Fot. Graziosi]

 

Vediamo dunque come in età certo assai antica il Fezzan fosse abitato da popolazioni cacciatrici, armate di arco e che vivevano in un mondo faunistico di tipo tropicale assai ricco di specie. Dobbiamo dunque pensare che un radicale cambiamento del clima sia avvenuto da quegli antichi tempi ad oggi? Certo un peggioramento nelle condizioni ecologiche della regione deve essersi prodotto ma non così grandioso come alcuni potrebbero pensare ; molte ragioni inducono a supporre che condizioni di non molto più favorevoli delle attuali avrebbero potuto permettere la vita nel Fezzan alle grandi faune di tipo sudanese. Dobbiamo quindi immaginarci la Libia interna come una regione nella quale anche in tempi preistorici la vita doveva concentrarsi nelle grandi vallate e negli Uidian ove poteva raccogliersi e conservarsi più a lungo il prodotto delle precipitazioni atmosferiche, mentre all'infuori di queste zone il deserto, il tremendo deserto attuale, doveva in gran parte già estendersi con le sue aride "hamade", gli sterminati tavolieri pietrosi, e le sue dune infuocate, oceani di sabbia perennemente agitati dal vento.

È interessante notare come i principali centri di figurazioni rupestri si trovino in generale in luoghi ancor oggi favoriti da particolari condizioni di vita, vale a dire in prossimità di punti d'acqua, negli Uidian, ecc. Tale regola sembrano anche seguire le stazioni preistoriche meno antiche (Paleolitico superiore e Neolitico). Ciò parrebbe convalidare il presupposto che, come è stato detto, le condizioni climatiche della Libia interna non siano dì molto cambiate dall'età preistorica ad oggi.

Continuando la "lettura" delle rupi graffite vediamo come a poco a poco le grandi faune selvagge si riducono di numero; i primi esemplari a scomparire, sembrano essere stati, nel Fezzan, l'elefante e il rinoceronte: la giraffa e lo struzzo avrebbero sopravvissuto sino a tempi piuttosto recenti. In un secondo tempo alle cacciatrici si sostituiscono popolazioni pastorali: grandi armenti di animali domestici prendono il posto delle faune selvagge; il loro numero va man mano annientando. Le rupi del Fezzan si ricoprono in età più recente di figure di buoi, di capre, di ovini, e inoltre i primitivi artisti riproducono se stessi sulle rocce del deserto. Le vediamo così, queste genti, vestite di una corta tonaca oppure provviste di una lunga coda posticcia e, caratteristica dominante, col capo ornato di strane appendici, probabilmente piume. Questi uomini, come nelle celebri pitture di El Auenat, sono armati di arco, e sono rappresentati a guardia delle loro mandrie, oppure posti in un cerchio, probabile rappresentazione assai schematica di una capanna. Ora, sugli antichi monumenti egiziani troviamo delle figure umane col capo ornato di piume: sono i Libi, i secolari nemici degli Egizi, che abitavano ad occidente della valle del Nilo. Le incisioni rupestri fezzanesi rappresentano quindi con molta verisimiglianza le stesse genti.

Procedendo nel tempo vediamo comparire sulle rupi del Fezzan e precisamente nell'Uadi Zigza un nuovo elemento culturale di grande interesse: il carro da guerra a due ruote. Si tratta di rappresentazioni assai schematiche decadenti, e nelle quali la prospettiva è ben poco rispettata. Sono, questi carri, tirati da uno, due o quattro cavalli, e montati da auriga e combattenti. L'esistenza di queste incisioni nel Fezzan, l’antica Fasania di Erodoto, sembra comprovare una asserzione del grande storico greco. Egli infatti, descrivendo la bellicosa popolazione dei Garamanti, narra come essi inseguissero gli “etiopi trogloditi” su carri a quattro cavalli. Coi carri nell’Uadi Zigza usciamo quindi dalla preistoria per entrare in parte nel dominio della storia.

 


Gruppo di giraffe. Incisioni rupestri antiche dell’Uadi Zigza. [Fot. Graziosi]

 


Uadi Zigza del Fezzan. Incisione rappresentante un carro tirato da quattro cavalli. L’equide isolato è più recente. [Fot. Graziosi]

 


Figure umana armate di lancia e di scudo. Si noti la caratteristica acconciatura del capo di una di esse. Incisioni recenti dell’Uadi Zigza. [Fot. Graziosi]

 


Rinoceronte inciso su una rupe dell’Uadi Zigza. [Fot. Graziosi]

 


Scena pastorale: Lucido di un’incisione dell’Uadi Zigza.

 

Ed ecco ci avviciniamo ai tempi attuali: anche le grandi mandrie di animali domestici vanno diminuendo di numero e finalmente alle popolazioni pastorali si sostituiscono i nomadi del deserto. Siamo ai primi secoli della nostra èra. Gli uomini percorrono il Sahara in grandi carovane e sono armati, come ci rivelano le incisioni rupestri, di lancia e di scudo. Da questo momento le rappresentazioni del dromedario si moltiplicano sulle rupi del Sahara. Questo quadrupede sembra essere divenuto la cosa più preziosa per gli uomini del deserto e spesso la sua immagine si accompagna ad iscrizioni in caratteri tifinar, la scrittura dei Tuareg, e arabi. Donde traggono la loro origine queste popolazioni nomadi che in parte popolano tuttora il Sahara? La dibattuta questione va sempre più chiarendosi dopo i lavori della Missione Archeologica e Antropologica Pace-Sergi-Caputo. Gli scavi che la missione ha compiuto nell’immensa necropoli dell’Uadi El Agial, la “necropoli dei Garamanti”, che si estende per un percorso di circa 160 km e che si calcola formata di quasi 50.000 tombe costituite da cumuli di pietre semplicemente ammucchiate o disposte in forma di piccole torri cilindriche, hanno messo in evidenza numerosissimi scheletri umani generalmente in posizione rannicchiata. Le tombe più recenti contengono individui di razza negra: sappiamo infatti come, nel X secolo, il Fezzan abbia subito l'invasione di popolazioni negre provenienti dal lago Ciad e come dal Sudan siano stati fino ad epoche recentissime importati gli schiavi. Oggi nel Fezzan notiamo infatti una grande mescolanza di razze. Il tipo cosiddetto Fezzanese risulta dell'unione di elementi negri, arabi, berberi… I Tuareg che abitano nelle regioni sud-occidentali sono invece genti berbere di colorito chiaro, di tipo quindi mediterraneo.

Dall'esame delle tombe più antiche che contengono con sicurezza le reliquie degli antichi Garamanti il prof. Sergi ha potuto stabilire che essi, lungi dall'essere popolazioni negre come un tempo si credeva, erano di razza mediterranea e sono probabilmente i diretti antenati degli attuali Tuareg, i nomadi del deserto. L'elemento negro costituirebbe quindi, nel Fezzan, una sovrapposizione relativamente recente.

 


Particolare della grande necropoli dell’Uadi El Agial: gruppo di tombe turriformi. [Fot. Graziosi]

 


Il mausoleo romano di Germa nell’Uadi El Agial. [Fot. Graziosi]

 

Lo studio delle incisioni e pitture rupestri della Libia ci permette dunque di incominciare a ricostruire nelle grandi linee gli avvenimenti che si compirono nella nostra colonia dai tempi pre-erodotei, vale a dire da età preistorica, fino ai nostri giorni. Molto ancora però resta da fare in questo campo. Tanti problemi restano tuttora insoluti. Ad esempio è ben difficile spiegare gli evidentissimi rapporti, che ormai non è più possibile attribuire al caso, tra le pitture di El Auenat, di Gat e dei Tassili Assers in Algeria (quest'ultime scoperte molto recentemente dal Reygasse) e le pitture preistoriche paleolitiche della Spagna orientale e quelle cosiddette boscimane del Sud-Africa.

 

 
Pitture rupestri di El Auenat in Cirenaica: Pastori a guardia delle proprie mandrie.

 

Si ha l’impressione che delle grandi correnti culturali originatesi in età preistorica da una regione non ancora individuata ma probabilmente africana, siansi propagate in differenti direzioni raggiungendo in epoche diverse due opposte rive del Continente Antico, la Spagna e il Sud-Africa; si comprende quindi di quale interesse possa presentarsi alla soluzione del problema lo studio delle pitture rupestri sahariane che occupano, tra le suddette province artistiche, una posizione geograficamente intermedia.