Da “SAPERE” – Ulrico Hoepli Editore
Anno II – Volume V – n. 65
15 settembre 1937 - XV

 

BREVE STORIA DELLA COLOMBAIA
di Guarniero Daniel

 

 

A CHI ABBIA la fortuna di percorrere da turista attento e non frettoloso le campagne dell’Italia, specie del centro e del mezzogiorno, accade di trovare qua e là, tra i coltivati, sorte di torri quadrate o rotonde, per lo più tozze e non molto rilevate; ad esse sì addossano spesso partì di fabbricato che portano i segni di più recente fattura; altre volte sorgono quasi isolate, fra scarsi diruti, avanzi di vecchi abitati con i quali facevano corpo e che non hanno resistito all'azione del tempo (fig. 7). Sono le colombaie, caratteristico elemento dell'architettura rurale, di cui la nascita, la vita e lo sviluppo si allacciano con un interessante capitolo della nostra storia medioevale.

L'argomento ci sembra attuale poiché il problema della casa rurale è oggi più che mai vivo in Italia, e tecnici ed economisti stanno appuntando la loro attenzione sa questo essenziale elemento della vita agricola; un documento notevole di questo vivo interesse si è avuto nell'esposizione dell'architettura rurale, allestita in occasione della VI Triennale di Milano, ad opera dell'ing. arch. Pagano e dello scrivente.

Non tornerà quindi superfluo conoscere, attraverso un esempio, quanto sia intimo il legame tra la conformazione dell’abitazione dell'agricoltore non soltanto con i fattori di suolo e di clima, ma altresì con le forme sociali ed economiche del tempo e con gli eventi storici e politici. Ogni arbitrio o capriccio in questo campo, soprattutto oggi che il problema è impostato su ampia scala, sarebbe un grave errore. La casa è un prodotto di fattori complessi e si sviluppa in tutte le sue parti secondo una sua intima logica, come si vuole qui dimostrare con l'episodio della colombaia.

Dobbiamo per questo riportarci in pieno Medioevo, nel periodo feudale. Non esiste in questo tempo una vera proprietà terriera; il signore amministra il feudo ed è questo un diritto ereditato dai padri o concessogli dall'imperatore o dal maggior feudatario; la servitù della gleba glielo lavora e gli passa la maggior parte del frutto della terra; egli poi cede a sua volta al maggior feudatario parte di questo reddito. Si è molto lontani dallo spirito della civiltà mercantile che si svilupperà fra poco e che, in fondo, è ancora la nostra: la ricchezza non consiste tanto nel denaro quanto nei diritti; diritti di imporre decime, di cacciare, di riscoter pedaggi, di possedere terre ed armenti; quando si vuol compensare un soggetto per qualche servizio reso, gli si concede un diritto: fra questi v'è il privilegio di tener colombi; risulta da documenti che nel sec. XIV i signori di Milano concedono tale diritto a loro vassalli in Lombardia e in Emilia.

È un diritto di puro prestigio; i colombi si tengono per il diletto di cacciarli, non altrimenti di quel che si fa oggi con gli allevamenti pel tiro al piccione, salvo che l'arma del tempo è l'arco e la freccia. E il diritto non è già concesso così in generale: no; la concessione è ogni volta limitata, tanti colombi e non più; e quanto più colombi, tanto maggiore lustro. Si tenevano gli uccelli in una torretta apposita, sull'alto del fabbricato; una torretta a pianta quadrata o rotonda, con tante finestrette allineate o variamente sfalsate (figg. 2, 3, 5); talvolta si aggiungevano ordini di fori più piccoli, per i passeri e le rondini allevati allo stesso scopo, oggetto essi pure di geloso diritto (fig. 1).

 

 

È una gioia, per il piccolo signore impaziente di grandeggiare, l'ostentare, rispetto ai vassalli di ugual grado, questo titolo di lustro. La torretta pei colombi diventa così una parte importante del fabbricato rurale; la si costruisce con particolare cura e robustezza; la si fa più grande e più alta del necessario, le si conferisce l'aspetto di una minuscola fortezza entro la casa, benché il suo scopo non sia affatto di difesa (alla difesa provvede bene sovente la cinta e il fossato, talvolta munito di ponte levatoio), ed anzi le apparenti feritoie siano il riparo di pacifici uccelli.

Vediamo un po' più da vicino queste costruzioni. Esse sono il più delle volte a pianta quadrata, con un lato variabile da quattro a sette metri, frequentissime in Toscana; talvolta a pianta circolare. Sotto ogni finestra sta una tavoletta, una tegola, a guisa di mensola, od una mensoletta vera e propria, per facilitare ai colombi lo spiccare il volo e il tornare al riparo. Ben presto, poiché le finestrette sono allineate, la mensola diviene continua e si trasforma in una specie di cornice (figg. 2, 3, 4, 5). Molto spesso troviamo pure praticata nella colombaia una finestra circolare, assai più grande delle altre, destinata ad areare l'ambiente. Sennonché è facile notare una rapida evoluzione in questi elementi costruttivi; il profilo continuo si trasforma ben presto in un vero e proprio cornicione, assume compito e dignità di motivo ornamentale a sé stante, dimentica la sua funzione utilitaria, ben tosto farà il suo ingresso in città; e la finestra circolare che si adorna già sul luogo di non ineleganti fregi (fig. 4) la troviamo, evolutasi e nobilitatasi, come rosone nelle chiese.

Noi vediamo cosi che la colombaia, avendo assunto, per ragioni di prestigio, maggiore importanza che non competesse ai suo scopo modesto, con il successivo evolversi della società, con lo sparire o il decadere delle istituzioni feudali, dimentica via via la sua prima ragione di essere, diventa un elemento della casa rurale ormai acquisito alla tradizione; le particolarità costruttive che erano proprie al suo scopo utilitario si trasformano ed acquistano una vita propria di elementi decorativi, che saranno adoperati anche altrove; e la colombaia stessa diventa la  “torretta" della casa toscana.

Col sorgere dei comuni, poi, i signoroni di campagna vengono in città; coloro che sono "re in Sardegna" si acconciano a diventare "in Pisa cittadini"; e nelle città portano il loro costume architettonico. Anche lì essi vogliono la loro torretta, la quale è ormai divenuta un simbolo della ricchezza e della potenza della famiglia; la quale torretta, in città, per essere ben visibile e competere con le rivali, diventa necessariamente una torre (fig. 6). In tal modo può essere spiegato il sorgere delle torri per opera delle famiglie nobili soprattutto nell'Italia del centro, dove appunto più diffusa fu la costruzione delle torri colombaie. E nello stesso modo si impostò nelle città il motivo del cornicione che trovò particolare sviluppo nel Rinascimento.

Fu pertanto glorioso destino della colombaia uscire dall'ambito angusto dell'architettura rurale e influire potentemente sull'architettura cittadina, importandovi elementi, divenuti poi tradizionali; come i rosoni delle chiese, le torrette, i cornicioni, e soprattutto quella tendenza a dar movimento alle masse, specie nelle costruzioni isolate, gusto protrattosi con varie forme fino ai giorni nostri. E non è senza interesse l'osservare, che, contrariamente a quanto si potrebbe credere è proprio la campagna, che, almeno in questo caso, fornisce alla città gli elementi architettonici, onde questa si adornerà superbamente. E, benché non sia buona regola trarre conclusioni generali da singoli episodi, vien fatto di pensare che soprattutto nelle campagne sorgano i motivi fondamentali del linguaggio architettonico. E questa argomentazione trova conferma nello studio analogamente condotto di altre parti della costruzione rurale.

[Le fotografie 1. 2, 3, 4, 5, 7 sono dell'arch. G. Pagano]